Sarajevo. Si tirano le somme a 20 anni dalla pace di Dayton
SARAJEVO – Sabato 21 novembre 2015 una capsula di metallo contenente 20.000 messaggi di auguri per il futuro è stata collocata in un museo di Sarajevo, in occasione dei 20 anni della pace realizzata in Bosnia con il trattato stipulato a Dayton, negli USA. Ma quello che emerge, a un ventennio dalla pace, è che le condizioni volute dal trattato soffocano l’integrazione e lo sviluppo, perpetuando le divisioni del tempo di guerra.
Sabato, per i 20 della pace di Dayton e la fine della guerra in Bosnia, è stata esposta al museo di Sarajevo una capsula in metallo, all’interno della quale sono stati raccolti 20.000 messaggi di un augurio positivo per i prossimi 20 anni della regione. L’iniziativa è stata promossa dall’Agenzia degli Stati Uniti per lo Sviluppo Internazionale (USAID): “Non permetterò che il passato rovini il nostro futuro”, questo uno dei messaggi inseriti nella capsula metallica, che resterà chiusa per i prossimi vent’anni.
Il 21 novembre 1995 a Dayton, in Ohio negli Stati Uniti d’America, sotto la tutela della comunità internazionale, furono stipulati gli accordi di pace tra i rappresentanti delle tre principali etnie del Paese: Slobodan Milošević, presidente della Serbia; Franjo Tudjman, presidente della Croazia e Alija Izetbegović, presidente della Bosnia-Erzegovina. Dagli accordi venne fuori uno Stato federale composto da tre popolazioni costitutive: bosniaci, serbi e croati; organizzato politicamente e amministrativamente nella Federazione di Bosnia-Erzegovina (BiH, a maggioranza di croato-musulmani – ndr) e nella Republika Srpska (Rsb, Repubblica serba di Bosnia – ndr). L’ACCORDO, PUR AVENDO REALIZZATO LA PACE DOPO 3 ANNI DI GUERRA TRA BOSNIACI, CROATI E SERBI E LA MORTE DI CIRCA 100.000 CIVILI, È ACCUSATO DA MOLTI IN BOSNIA DI AVER SOFFOCATO L’INTEGRAZIONE E LO SVILUPPO E DI AVER PERPETUATO LE DIVISIONI DEL TEMPO DI GUERRA. I bosniaci, principalmente musulmani, vorrebbero centralizzare il potere statale; molti croati invece ancora sognano la loro entità; i serbi ancora contrastano ferocemente ogni tentativo di razionalizzare lo Stato, spesso minacciando la secessione. Alcuni studiosi e rappresentanti istituzionali, come l’analista politico Gojko Beric e Paddy Ashdown, affermano CHE IL SISTEMA INTRODOTTO CON LA PACE DI DAYTON HA FAVORITO LA CORRUZIONE E RALLENTATO LE RIFORME PER AFFRONTARE LA DISOCCUPAZIONE DILAGANTE.
Insomma, a 20 anni di distanza dalla pace, le speranze e i buoni propositi di Dayton sembrano vacillare di fronte ai nuovi assetti internazionali, ai vecchi problemi e alle nuove scottanti questioni economiche dell’Europa. Il sistema, già barcollante, della ‘stabilità’ balcanica, sarà messa a dura prova anche dai flussi migratori, l’integralismo religioso e il ruolo delle potenze straniere, che hanno operato sui Balcani spesso facendo il loro gioco e i loro interessi. Tutte questioni che ne decideranno inevitabilmente il futuro.
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