Media e social network nell’Egitto contemporaneo. Intervista all’autrice Margherita Sarno
NAPOLI – Margherita Sarno nasce ad Aversa, in provincia di Caserta, nel 1987. Laureatasi presso l’Università L’Orientale di Napoli in Studi Arabo-islamici, nel 2013 si è recata in Egitto dove ha studiato e analizzato il mondo dell’informazione nel periodo successivo la deposizione di Mohammed Morsi. Di ritorno dal suo viaggio ha pubblicato il saggio ”Media e social network nell’Egitto contemporaneo”, disponibile da gennaio 2016, nel quale prende in esame il periodo che va dalla caduta di Mubarak fino al governo militare di Al Sisi. Il testo sarà presentato venerdì 4 dicembre alle ore 09:00 presso l’aula 6 di palazzo Corigliano dell’Università L’Orientale di Napoli. All’autrice del libro abbiamo rivolto qualche domanda.
Margherita Sarno cosa l’ha spinta a scrivere questo saggio?
«Nel 2013 mi sono trasferita per qualche mese al Cairo, per intensificare lo studio della lingua araba e cercare materiale per la mia tesi, una sorta di reportage sull’utilizzo dei social network in Egitto durante il regime dei Fratelli Musulmani. Avevo letto di casi di censura eclatanti, come quello del conduttore satirico Bassem Youssef, sanzionato per aver osato prendere in giro l’allora Presidente Mohammed Morsi, e ho trovato la tematica interessante, considerata la mia ambizione alla carriera giornalistica. Scrivere di social network, media e censura in un paese del Medio Oriente mi è sembrato il passo più logico e naturale da compiere per fondere insieme i miei studi e le mie ambizioni professionali.»
Quali sono le differenze che contraddistinguono l’informazione del mondo arabo da quello occidentale?
«Nell’introduzione di Media e Social Network nell’Egitto Contemporaneo ho scritto che “Le società che negano la libertà di stampa sono tutte più o meno somiglianti nei mezzi e nelle strategie per tacitare il dibattito pubblico e la discussione” e questo potrebbe, in parte, rispondere alla sua domanda. Se parliamo della diffusione mediatica e del flusso di informazione, direi che una lampante e sostanziale differenza sia nella libertà. Libertà che manca in entrambi i casi, ma mentre in Medio Oriente la mancanza di libertà è palese ed è per questo agli onori della cronaca, in Occidente crediamo di essere liberi di fare l’informazione che vogliamo, ma in realtà siamo sottoposti a un sistema di tacita censura. Non vi è una sostanziale differenza nella ricerca delle fonti o nella divulgazione: la diversità si avverte nella percezione della libertà di parola.»
Tra i tanti cambiamenti avvenuti in Egitto, presi in esame nel suo testo, quali l’hanno colpita particolarmente?
«Dei tre passaggi di governo avvenuti negli ultimi quattro anni in Egitto, devo dire che quello più rilevante, da un punto di vista sociale e culturale oltre che politico, per me è stato l’anno di governo dei Fratelli Musulmani. Forse perché la mia permanenza al Cairo si è sviluppata in quel periodo e mi ha permesso di notare le sostanziali differenze nello stile di vita dei cittadini del tempo di Mubarak e di quello di Morsi. Era tangibile una ‘fratellizzazione’ della società: file separate per uomini e donne finanche al fast food, per evitare la promiscuità; molti più hijab in giro; la shari’a (legge islamica – ndr) sempre più presente in ogni aspetto del quotidiano; un forte, fortissimo malcontento espresso dai cairoti per le nuove leggi imposte, che scoraggiavano il turismo occidentale, quello che dà più lavoro e fa entrare più soldi alla Nazione. Un paese come l’Egitto non è fatto per certe applicazioni giuridiche e quello che il popolo aveva conquistato con la rivoluzione del 2011 era destinato a perdersi.»
Da allora sono stati fatti progressi nel rapporto società-comunicazione? Se sì, quali?
«Come spiego nel saggio, il passo più importante compiuto dagli egiziani è stato quello di infrangere le barriere del timore. Un gesto che ha permesso di cacciare l’ex ra’is Mubarak e che ha fatto nascere una maggiore consapevolezza collettiva. Tutto questo è continuato con il governo dei Fratelli Musulmani, trovando però una nuova battuta d’arresto con l’ascesa del Generale Al Sisi. Il governo di quest’ultimo infatti, per quanto abbia concesso delle libertà in termini di espressione e stampa, vedi per esempio l’abolizione del Ministero dell’Informazione che dal 1952 si occupava di sovrintendere la diffusione delle notizie, non permette però una libera espressione di stampo critico nei confronti del potere. Riguardo i social media, restano lo strumento di opinione e diffusione su cui il governo può esercitare minore pressione, pertanto sono usati da molti blogger e attivisti che sono maggiormente liberi di criticare il governo e si azzardano nel dibattito riguardo le problematiche del Paese, restando in terreni laici.».