Il petrolio, madre di tutte le guerre
PECHINO – La Cina oggi, attraverso una dichiarazione del generale Luo Yuan, appartenente all’Esercito di Liberazione Popolare, afferma che “la costruzione di un’isola artificiale alle isole Spratly, con il fine di creare una base aerea operativa nell’arcipelago omonimo, è assolutamente giustificata, e Pechino è decisa a resistere alle pressioni internazionali che tendono a bloccarla”. La Cina in questo modo difenderà i suoi diritti nel mar della Cina meridionale: da lì transita più della metà del traffico mondiale delle petroliere e delle portacontainer, e lì sono situate appunto le isole Spratly, tuttavia rivendicate anche dal Vietnam, le Filippine, il Brunei, la Malaysia e Taiwan.
Le Isole Spratly sono un arcipelago nel Mar Cinese Meridionale, posizionate tra le coste del Vietnam e delle Filippine. E’ un arcipelago, un bellissimo spettacolo della natura composto da oltre 30 isolotti e 40 piccoli atolli, purtroppo ricco di giacimenti petroliferi nei suoi fondali, e per questo motivo, seppur territorio del tutto inospitale, suscita l’interesse di tutti i Paesi del Sud-est asiatico. Attualmente infatti sono numerose le concessioni rilasciate dal Vietnam, per la porzione di territorio sotto il suo controllo, alle compagnie petrolifere occidentali e statunitensi per l’estrazione del greggio, e così ha fatto anche la Cina rilasciando le concessioni alla statunitense Crestone Energy di Denver, che esplora la zona in cerca di giacimenti petroliferi già dal 1992.
A ‘causa’ di queste isole le tensioni nel Mare cinese sono forti da anni, già nel 2012 si rischiò lo scontro militare quando la Cina inviò una grossa flotta di pescherecci nei pressi delle isole Spratly, una trentina di navi protette da una guardia costiera militare, dopo che il Giappone tentò di ‘acquisire’ le isole Senkaku, anch’esse ricche di petrolio e reclamate dalla Repubblica Popolare Cinese in base a criteri storici e geografici.