Napoli Est. Stop biocidio
NAPOLI – Venerdì 29 gennaio si è tenuta nella sede della VI Municipalità di Napoli, a San Giovanni a Teduccio, l’assemblea pubblica ”Napoli Est brucia” sulle tematiche del grave inquinamento ambientale che interessa l’ex area industriale. Promotori dell’assemblea il Comitato Civico San Giovanni a Teduccio, la Coalizione Stop al biocidio e il Forum Diritti e Salute.
L’assemblea, nata dalla creazione di una rete civica tra vari movimenti e associazioni dei territori interessati dall’inquinamento, è stata promossa dopo una serie di episodi preoccupanti accaduti nel disinteresse delle istituzioni: il 28 ottobre 2015 usciva acqua nera dai rubinetti e l’ASL l’ha dichiarata non potabile per tre giorni. Il 1° dicembre è arrivata un’inchiesta della magistratura e dell’Antimafia che accusava la Q8 di smaltimento illegale di scarti di produzione, e ancora nei mesi scorsi ci sono stati segnali d’inquinamento allarmanti provenienti dalla centrale a turbogas. Inoltre bisogna sottolineare che la zona di Napoli Est ha un passato industriale con scarti di idrocarburi che sono stati riversati sulle coste. Tutto questo ha provocato gravi danni alla salute dei cittadini, e studi scientifici rivelano un nesso tra l’inquinamento dell’ambiente e l’aumento dei tumori.
Sono intervenuti all’assemblea con i loro contributi il Professor Giuseppe Comella, presidente ISDE Medici per l’ambiente; e il professor Antonio Giordano, direttore dello Sbarro Institute Cancer Research di Philadelfia. I comitati chiederanno uno screening di tutti gli abitanti e un registro dei tumori. Al riguardo abbiamo chiesto chiarimenti a Enzo Morreale, del Comitato civico San Giovanni a Teduccio, attivista da tempo sulle problematiche dell’area est di Napoli.
Sig. Morreale, quali allarmi ambientali hanno reso necessaria la convocazione dell’assemblea?
«L’Autorità giudiziaria ha sottratto (Sequestro preventivo – ndr) alla Q8 240milioni di euro per il mancato smaltimento degli scarti industriali prodotti dalla loro attività. Ma la cifra non è quantificabile per i danni subiti. Per gli allarmi che abbiamo avuto questi scarti sono finiti spesso in mare e nel territorio: cattivi odori, incendi, gas immesso in aria, incidenti sulla linea di costa e lungo l’oleodotto. C’è stata un’assenza di monitoraggio efficiente. I territori ne escono martoriati».
E’ previsto un piano di bonifica e una riqualificazione dell’area?
«I fondali portuali lungo la linea di costa verranno bonificati. Lo Stato, per bonificare quest’area, ha dovuto costruire una colmata che è costata 150 milioni di euro e dovrà essere costantemente monitorata per conservare questo materiale. La Darsena Petroli deve essere de localizzata perché inquina e deve dare spazio alle attività commerciali. Della riqualificazione poi non ne parlano, perché quello che stanno realizzando in qualche modo mantiene inalterato fattori di rischio che sono incrementati con la realizzazione di nuove aree portuali. Siamo in presenza di un conflitto molto forte, quest’area se la contendono soggetti economici che hanno interessi forti sul porto come la Q8, la TECO, la MSC»