Economia. Elio Lannutti: ”Conseguenze TTIP? Perdita diritti e aumento disoccupazione. Da Renzi solo propaganda.”
ROMA – Le discussioni nate circa l’approvazione del TTIP, il Transatlantic Trade and Investment Partnership; e del TISA, il Trade in Services Agreement, agitano non poco a livello europeo i sindacati e le associazioni che quotidianamente lottano per la tutela dei diritti dei consumatori. In politica gli euroliberisti si sono schierati per l’approvazione di tali trattati, mentre economisti e politici antieuropeisti hanno denunciato con vigore gli effetti negativi che tali concordati avrebbero sulle economie nazionali. Per saperne di più riguardo le conseguenze economiche e sociali del TTIP e del TISA, abbiamo contattato Elio Lannutti, giornalista, saggista e presidente dell’Adusbef, l’Associazione Difesa Utenti Servizi Bancari, Finanziari, Assicurativi da lui stesso fondata, e gli abbiamo posto le nostre domande.
L’avanzata dei partiti euroscettici, stando al Rapporto semestrale sulla stabilità finanziaria della Banca Centrale Europea, minaccia le riforme strutturali e finanziarie che dovrebbero garantire la stabilità del debito pubblico dei Paesi europei. Cosa significa? Di quali riforme si parla?
«L’Europa a egemonia tedesca è morta, seppellita dall’avidità di tecnocrati e cleptocrati, ai quali i governi nazionali hanno ceduto poteri enormi e la propria sovranità senza alcuna responsabilità, deleghe in bianco per affamare i popoli del Sud, sostenere gli interessi delle banche e della finanza speculativa, in un’invisibile dittatura che invece dei tank tedeschi utilizza gli spread e gli algoritmi della BCE di Francoforte. Non ci saranno riforme strutturali in grado di contenere l’avanzata dei partiti e movimenti euroscettici. Se dovesse passare il referendum per il Brexit, l’Europa cadrebbe a pezzi sotto il peso dei debiti e della totale assenza di statisti. Se guardiamo all’Italia, sia il premier Renzi, che il ministro Padoan, avevano promesso di ridurre il debito pubblico: “Nel 2018 questo incubo di questa montagna di debito che può attivare terribili regole di taglio della ghigliottina andrà finalmente via e credo che per la prospettiva dell’Italia questo sarà un risultato importante”, aveva detto il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan a margine del Documento di economia e finanza. L’incubo a cui fa riferimento Padoan è la zavorra del debito pubblico, che nell’estate 2014 ha toccato il massimo storico in termini assoluti: 2.167,7 miliardi di euro e che quest’anno si attesterà al 132,5% del PIL. Ma dal prossimo inizierà a scendere: “Nel 2016 al 130,9% e poi al 123,4 nel 2018″. Per quanto riguarda l’indebitamento, “nel 2015 è previsto al 2,6; nel 2016 all’1,8%; nel 2017 allo 0,8%”, fino a ridursi a zero nel 2018. “Quindi nel 2018 rispetteremo la regola del debito (L’azzeramento del rapporto deficit/PIL nominale previsto dal Fiscal compact – ndr)“, aveva promesso Padoan.
Ma a marzo 2016, dopo ben 25 mesi del governo Renzi insediato nel febbraio 2014, si registra una nuova impennata del debito pubblico, aumentato di 14 miliardi di euro rispetto a febbraio, arrivato a 2.228,7 mld, polverizzando così il precedente record di 2.219 miliardi di euro del maggio 2015. Il governo Renzi ha aumentato il debito pubblico al ritmo di 4,86 miliardi di euro al mese; 160 milioni al giorno; 6,6 milioni l’ora, con aumento pro-capite di 2.025 euro e un gravame di 37.145 euro ad abitante. Quel macigno del debito pubblico italiano, per politiche economiche e monetarie sbagliate, improntate alla recessione e all’austerità, è cresciuto nei 25 mesi del governo Renzi di 121,543 miliardi di euro, il che equivale a quasi 5 miliardi di euro al mese, circa 160 milioni di euro al giorno; 6,6 milioni all’ora; 110mila euro al minuto; 1.833 euro ogni secondo. L’idea dell’Europa solidale dei popoli e dell’Unione Europea, appaltate a oligarchi, tecnocrati e cleptocrati, è stata tradita per la totale assenza di statisti e di una visione politica lungimirante. L‘euro rischia di diventare una gabbia, una moneta schiavista. Dobbiamo regolamentare la creazione di moneta che attualmente nasce dal nulla. E dobbiamo separare banche commerciali e banche d’investimento. A medio e lungo termine le banche commerciali, investendo nell’economia reale, creano benessere; la speculazione invece arricchisce solo pochi, avvelenando i mercati e mettendo a rischio i risparmi dei cittadini. Creare una moneta unica e un’unione bancaria senza anima, utile solo a una ristretta oligarchia, darà il colpo di grazia definitivo all’Europa dei cittadini.»
TTIP e MES, il Market Economy Status alla Cina, sono al centro di un dibattito che dura da tempo. Se entrambe venissero approvate quali sarebbero le ripercussioni per i consumatori e per i mercati italiani?
«Il TTIP, il Trattato transatlantico sugli investimenti tra Europa e Stati Uniti con la finalità di creare la più grande area di libero scambio del mondo, senza più dazi e confini commerciali tra i due continenti, nasconde pericoli seri, un vero attentato per la salute e la sicurezza garantita da standard legislativi conquistati in Europa anche con le battaglie legali e le pronunce dei tribunali.
Il principio fondante del nuovo trattato ‘Frankstein’ (Ttip e Tisa) è la libertà di mercato e del libero arbitrio di imprese, assicurazioni, banche, che offre loro la tutela assoluta e prevalente degli investitori e della proprietà privata, per sottrarre agli Stati sovrani la loro giurisdizione e delegando le controversie a organismi sovranazionali (Organismo di risoluzione – ndr) alle quali le multinazionali potranno appellarsi per rivalersi sui governi che, a loro giudizio, siano colpevoli di ostacolare il raggiungimento del profitto. Le pericolose limitazioni sulle leggi che i governi partecipanti potrebbero adottare per regolamentare diversi settori economici, in particolare banche, assicurazioni, commercio, telecomunicazioni e servizi postali, introdurrebbero norme in grado di consentire alle multinazionali americane di intentare cause per “perdita di profitto” contro i governi dei paesi europei, qualora questi portassero avanti legislazioni a tutela dell’ambiente, per esempio contro la diffusione degli OGM, o a favore dei diritti sociali.
Vengono abrogati il principio di precauzione; la tracciabilità sulla filiera alimentare e i requisiti igienici per non intossicare i consumatori presenti nella legislazione europea; la denominazione di origine dei prodotti; vengono consentiti l’uso di ormoni e sostanze chimiche e massicce dosi di antibiotici per consentire maggiore crescita al bestiame; gli OGM senza dichiararla in etichetta; i trattamenti di igienizzazione chimica con la clorina, finora proibiti.
Sarà ammessa la libera circolazione dei lavoratori in tutte le nazioni firmatarie, ed è stato proposta l’ammissibilità per i soggetti economici privati di muovere azioni legali contro i governi le cui legislazioni prevedano la tutela dello stato sociale e dei diritti inviolabili della persona. Ulteriore pericolo il ribasso dei salari, dal momento che per la libertà di circolazione, le imprese di un paese potranno applicare in un altro paese i salari vigenti nel proprio, generando un vantaggio solo per le imprese statunitensi, acclarato che i salari dei lavoratori europei sono più elevati di quelli americani. Anche i diritti sindacali europei non avranno valore se contrari alle norme sul libero scambio e libera circolazione contenuti nel TTIP, senza possibilità per i lavoratori vessati di rivolgersi al giudice del lavoro locale. Anche in questo caso il lavoratore europeo dovrà rivolgersi a una corte arbitrale statunitense. E qualora un’azienda americana volesse iniziare un’attività considerata pericolosa in Europa, come una centrale nucleare o l’estrazione dello shale gas, nessun tribunale locale potrebbe opporsi, con le stesse multinazionali agroalimentari americane che potrebbero fare incetta di terreni acquistati a poco prezzo dagli agricoltori locali per impiantarvi piantagioni OGM, al posto delle coltivazioni dell’agricoltura tradizionale, smantellando così il principio di precauzione sugli organismi geneticamente modificati previsto dalla legislazione italiana ed europea.
Tra i rischi concreti l’ingresso di merci e alimenti di cattiva qualità prodotti dalle multinazionali americane, come vegetali e carne OGM, o prodotti imbottiti di ormoni e fitormoni, contro le quali le leggi nazionali e le comunità locali non potranno opporsi in quanto le leggi e i regolamenti devono sottostare al Trattato. Con il MES, lo status di economia di mercato alla Cina, che non sembra rispettare i diritti minimali sociali e sindacali, il definitivo colpo di grazia, poiché con le barriere tariffarie salteranno anche altri ostacoli quali regole, controlli e standard minimi richiesti per la circolazione della merce, norme sulle sostanze chimiche tossiche, leggi sanitarie, prezzi dei farmaci, libertà di Internet e la privacy dei consumatori, l’energia, i brevetti ed i copyright.»
A proposito di occupazione, Renzi ha dichiarato recentemente di aver creato migliaia di posti di lavoro e che il job act è ”la più grande operazione di lotta al precariato mai fatta dalla sinistra”. Ci sono riscontri certi per le parole del premier o si tratta solo di propaganda in vista del Referendum costituzionale di ottobre?
«Solo propaganda le riforme del Governo Renzi, il più fedele esecutore del piano di rinascita democratica di Licio Gelli della P2, che coincide con il programma della JP Morgan, la banca di affari statunitense prescelta dal governo come consulente per l’istituzione della bad bank.
In un documento pubblicato il 28 maggio 2013, JP Morgan spiegava nel dettaglio come andrebbero idealmente riformati i paesi del Sud d’Europa: “I sistemi politici e le costituzioni di alcuni paesi del Sud presentano caratteristiche che appaiono inadatte a favorire la maggiore integrazione dell’area europea”. La nostra costituzione, costata lotte dei partigiani per liberare l’Italia dalla dittatura, è troppo socialista, perchè garantisce la protezione costituzionale dei diritti dei lavoratori e contempla il diritto della protesta contro i cambiamenti dello status quo politico. Tra gennaio e marzo 2016, i contratti a tempo indeterminato hanno registrato un saldo positivo di 51mila unità, contro i 225mila di un anno fa. Il dato è peggiore anche del 2014, quando si era rilevato un aumento di 87mila posti stabili. I rapporti precari invece sono aumentati del 22%, i voucher del 45%. Il Job Act, che in Francia produce blocchi e aspre proteste dei lavoratori, è un totale fallimento anche in Italia, che accentua la precarizzazione e i pagamenti differiti con i voucher, poiché dopo la fine dei 14 miliardi di euro di incentivi statali erogati per incentivare le assunzioni, le imprese tornano a licenziare ancora più di prima.»