Napoli. Chi colpisce una donna, colpisce tutti noi
NAPOLI – Il 2 giugno in molte città italiane i cittadini si sono mobilitati per organizzare il flash mob dal titolo “Chi colpisce una donna, colpisce tutte noi”, contro la violenza sulle donne. Le statistiche parlano chiaro: secondo i dati ISTAT di giugno 2015, circa 6 milioni 788mila donne hanno subito nel corso della propria vita una violenza fisica o sessuale, e nella maggioranza dei casi, l’assassino o il carnefice è risultato essere un familiare o una persona con cui la vittima ha avuto una relazione. Per questo motivo si è sentita la necessità di organizzare una grande manifestazione nazionale per urlare a gran voce, all’unisono, un solo pensiero, seppur con parole diverse: basta violenza sulle donne.
L’evento è nato su iniziativa di Simona Sforza, una giovane donna che si occupa da anni di attivismo politico. La sua idea è stata poi presa come spunto in più parti d’Italia. La manifestazione che ha avuto luogo a Napoli ha visto la partecipazione di uomini e donne di fascia di età eterogenea, accomunati dal desiderio e dalla voglia di protestare contro un male troppo diffuso.
Il corteo è partito alle ore 11:00 nei pressi di Largo Berlinguer, vicino la metro di Toledo. Prima di iniziare, i cittadini partecipanti alla manifestazione hanno avuto la possibilità di esprimere il proprio pensiero, la propria idea, urlandola a voce alta durante il corteo. Ogni partecipante indossava qualcosa di rosso, lo stesso colore dell’indignazione e della rabbia. Al corteo siamo riusciti a raggiungere una delle organizzatrici, Rossana Ciambelli, per una breve intervista.
70 anni fa il referendum decretava la fine della monarchia. Solo 21 donne presero parte all’Assemblea Costituente, contribuendo a fondare il patrimonio di valori ancora attuali contenuti nella vigente Costituzione. Si può ancora parlare di commemorazione del 2 giugno o questo evento ha carattere anche provocatorio?
«La nostra protesta ha fondamenta politiche. I motivi per i quali ci battiamo sono inseriti in una sfera istituzionale e sociale e noi donne, così come 70 anni fa, abbiamo il diritto di portare avanti i nostri diritti, protestando nel momento in cui ci accorgiamo che c’è qualcosa che non va. Protestare e farci sentire durante il 2 Giugno è un modo per commemorare lo stesso coraggio e la stessa forza che ebbero le donne per affermare la propria emancipazione nella società, negata per secoli dalla concezione patriarcale della famiglia. Dobbiamo far rumore e dobbiamo farci sentire.»
Contro chi è rivolta questa manifestazione?
«Il nostro scopo è quello di coinvolgere soprattutto gli uomini, sensibilizzarli al problema e renderli consapevoli del male che procurano a molte donne. Ci rivolgiamo anche alle istituzioni e la nostra protesta intende anche denunciare il silenzio del governo italiano in merito alla mancata approvazione della Convenzione di Istanbul. Il Governo deve dare immediata attuazione agli impegni presi dall’Italia con la ratifica della Convenzione, le cui norme sono vincolanti e fanno parte del nostro ordinamento giuridico. È importante dunque che il Parlamento emani i provvedimenti normativi necessari alla sua attuazione e che si renda responsabile di una condotta che, se non adempie ai suoi doveri deontologici, va censurata sia sotto il profilo di una procedura di infrazione da parte della Comunità Europea, sia sotto il profilo dell’eventuale risarcimento dei danni alle vittime.»
Oltre le Istituzioni, cosa è necessario fare?
«È importante istituire nelle scuole programmi scolastici di educazione contro gli stereotipi di genere e diffondere un tipo di educazione sentimentale che non sia costantemente sottoposta ad attacchi provenienti da ogni parte. Riteniamo infine che sia vergognoso il taglio dei fondi ai centri antiviolenza, gli unici luoghi dove le donne trovano consiglio e rifugio».
Il corteo è terminato intorno alle ore 12:30, concludendosi con la protesta attuata di fronte la Prefettura di Napoli, sede cittadina del Governo, in Piazza del Plebiscito. Ciò che ha unito le donne e tutti coloro che hanno partecipato alla manifestazione è stato il senso di solidarietà, complicità e sensibilità nei confronti di una situazione che necessita soluzioni immediate. Solo attraverso lo sviluppo di una ‘coscienza’ sarà possibile far maturare quella consapevolezza che possa cambiare, migliorandola, l’attuale realtà sociale che vede le donne soccombere.
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