Napoli contro la violenza sulle donne. Appello alle responsabilità dello Stato e del sistema educativo
NAPOLI – Nel pomeriggio di martedì 26 luglio si è concretizzato il progetto della manifestazione “Suoni e voci contro le violenze sulle Donne”, con una rete di donne e associazioni ad affollare Largo Berlinguer, nel centro della città partenopea, per rivendicare a voce alta i diritti calpestati delle donne.
Lo chiamano “gentil sesso” perché fa comodo associare alle donne modi garbati, cortesia, delicatezza, la stessa che spesso si svela mancante nei loro confronti, vittime di un retaggio culturale patriarcale e maschilista. Ma nella giornata di martedì numerose donne, associazioni a loro tutela, passanti attirati dalle musiche e dalle parole forti nel volume e nel sentire, si sono radunati in Largo Berlinguer a ridosso delle fermata Toledo della metropolitana, per un’idea realizzata, tra le tante organizzazioni, dall’associazione Freedomina; l’Associazione Telefono Rosa; lo sportello associazione Le Kassandre; il Centro Aurora; l’Associazione Dream Team; lo Sportello Spazio Ascolto Donna. Una manifestazione che ha visto riempire la strada di musica e parole, quelle lette al microfono dalle donne stesse: stralci di libri; lettere di donne abusate; nomi, numerosi nomi di donne uccise tra il 2015 e 2016.
L’iniziativa è stata prevista espressamente per il giorno 26 luglio. Scelta non casuale: ricorre infatti in questa giornata la sentenza del caso più noto come “stupro della Fortezza da Basso”. Omonimo il luogo, a Firenze, dove la presunta violenza avvenne, nel 2008, ai danni di una allora 22enne e per mano di 6 giovani tra i 20 e i 25 anni. La sentenza di primo grado condannò 6 dei 7 accusati per violenza sessuale, aggravata dal fatto che la vittima fosse ubriaca, quindi in condizioni di inferiorità fisica e psichica, condizioni di cui i 6 avrebbero perciò approfittato. Con il ricorso in appello da parte dei difensori degli indiziati, la sentenza si capovolse, diventando, il 26 luglio 2015, una assoluzione di tutti i condannati in primo grado perché “il fatto non sussiste”, secondo la sentenza della Corte d’appello. Decisione che un anno fa fece tanto discutere, soprattutto per le motivazioni addotte: a mettere in dubbio la versione della giovane donna sembrarono essere soprattutto giudizi di carattere morale intorno alla sua vita privata e alle sue scelte affettive e sessuali: I giudici la dichiararono “soggetto femminile disinibito, creativo, in grado di gestire la propria (bi)sessualità, di avere rapporti fisici occasionali, di cui nel contempo non era convinta”. Insomma, il classico “se l’è cercata indossando la gonna così corta”. Un ‘reato di sistema’ dunque, quello perpetrato contro le donne, come direbbe Tiziana Giangrande, una delle organizzatrici dell’evento.
Ecco il motivo della manifestazione: chiamare lo Stato alle sue responsabilità. La richiesta di un re-insegnamento, una ri-educazione per le donne e per gli uomini stessi.
In basso la video intervista a Tiziana Giangrande.
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