Libri. “L’americano” di Massimiliano Virgilio

NAPOLI – Giovedi 30 marzo alle ore 18:00, presso la sala eventi della libreria Feltrinelli in Via S. Caterina a Chiaia, si è svolta la presentazione del romanzo “L’americano” di Massimiliano Virgilio, Rizzoli editore. Al suo fianco la scrittrice Valeria Parrella, intervenuta all’incontro; e l’attore Salvatore D’Onofrio, che ha letto e interpretato alcune parti del romanzo.

Una sala gremita, un pubblico di amici e lettori appassionati hanno assistito alla presentazione de “L’americano”: quarto romanzo dell’autore dopo “Più male che altro”, “Porno ogni giorno” e “Arredo casa e poi m’impicco”.

Due amici, uno figlio di un camorrista e l’altro figlio di un impiegato di banca: radici diverse e destini diversi, eppure un’amicizia forte e vera. Le loro strade si separano per poi rincontrarsi dopo venti anni, ed entrambi dovranno fare i conti con il passato. Sullo sfondo il racconto dell’Italia e dell’ultimo trentennio di Napoli, uno sguardo profondo e onesto sulle contraddizioni, sulle ricchezze e sulle miserie della città partenopea, lontano però dai soliti luoghi comuni.

Valeria Parrella ha spiegato i temi ai presenti, sottolineandone gli aspetti fondamentali. La discussione è stata intervallata dalla lettura di alcuni estratti de “L’americano” a cura di Salvatore D’Onofrio, molto apprezzate dal pubblico.

Per cominciare, la Parrella ha sottolineato la cura dei dettagli riguardo l’emotività dei personaggi, tale che, durante la lettura, gli scugnizzi descritti nel romanzo prendono vita e sembra quasi conoscerli, così come vicino appare il padre che tenta di proteggere la propria famiglia, e intenso, nitido, il concetto di un “matrimonio fondato sulle cose”.

Un libro, secondo Parrella, bello quanto i precedenti, ma che ha qualcosa in più, e che denota la maturità raggiunta da Virgilio: solo un grande scrittore infatti, ha spiegato, riesce a spostare gli eventi della storia di venti anni senza perdersi, e ciò è reso possibile grazie all’intelaiatura narrativa forte e alla struttura tenuta benissimo dalla sostanza e dai contenuti.

Un libro che inizia con una scena noir e che ha una componente da giallo al suo interno, che contribuisce a dare spessore alla storia.

Come detto, i grandi temi all’interno de “L’americano”, per la Parrella, sono innanzitutto l’amicizia, ma anche “il bene e il male, la vita e la morte, categorie aristoteliche che ritroviamo nella tragedia greca”; il romanzo, ha affermato la scrittrice, possiede la forza di una tragedia, perché avendo un lieto fine così sfumato e legato a sottili dinamiche umane, racconta il lato oscuro in ognuno di noi, e leggerlo permette di attraversarlo.

Massimiliano Virgilio, prendendo la parola, ha spiegato che il suo romanzo racconta l’amicizia, l’unico tipo di rapporto, l’unica forza, insieme al sostegno dei genitori, in grado di salvare tanti napoletani da una Napoli che, citando lo scomparso Avv. Gerardo Marotta, presidente e fondatore dell’Istituto Italiano di Studi Filosofici, “è una fossa di leoni”.

Proprio riguardo Napoli, lo scrittore ha affermato che attraverso il romanzo ha provato a fare della città “qualcosa di esemplare per l’Italia; costretta dal ‘tremendismo’ da un lato, anche a causa dell’isteria giornalistica, e dalla solita immagine da cartolina dall’altro: ne esce depotenziata a fronte della storia e della cultura che possiede”. La sfida è quindi raccontare ciò che sta in mezzo, soffermarsi sul solco lasciato dai due estremi, donando la giusta dimensione metropolitana che la città merita.

Al termine dell’incontro, dopo il firmacopie, abbiamo avvicinato Massimiliano Virgilio per rivolgergli alcune domande.

Che romanzo è “L’americano”?

«Un romanzo sull’amicizia, sullo smarrimento, sul perdersi e sul ritrovarsi; è la storia di due amici che appartengono a due mondi molto diversi, l’uno figlio di un camorrista, l’altro di un impiegato di banca, della borghesia napoletana. Tale racconto attraversa gli ultimi trenta, quarant’anni di storia italiana ed è questo l’esperimento che più mi è piaciuto fare; provare cioè a raccontare una narrazione con colpi di scena, con una trama articolata, che si innestasse o si facesse innestare da alcuni eventi fondamentali della storia italiana.»

I due protagonisti del libro, amici provenienti da mondi diversi, si mischiano. Qual è il messaggio?

«Credo che Napoli dia la possibilità di mettere nello stesso quartiere, a volte nella stessa strada, persone completamente diverse, che provengono da famiglie altrettanto diverse. Non solo Napoli ha questa prerogativa, ma è qualcosa legato alla mia vita: sono cresciuto in una situazione simile, dove io e gli altri eravamo tutti assieme, nella “fossa dei leoni”.»

Cosa c’è di biografico nel romanzo? 

«C’è molto, soprattutto la prima parte che risente molto dell’aspetto autobiografico. Io sono uno di quelli che crede che si scrive di se stessi, della propria esperienza. Poi da un certo punto in poi la storia prende un’altra piega ed è inventata.»

Ci svela la costruzione stilistica del romanzo?

«Ho lavorato molto sui punti di vista. Marcello è un narratore che quasi tende a scomparire, perché è un osservatore, è molto esterno, sebbene partecipi alla storia è deuteragonista (Il secondo o uno dei due personaggi principali di un romanzo – ndr). Leo, l’americano, è il protagonista, ma il suo punto di vista viene fuori attraverso un racconto terzo; poi quello di Eduardo, il padre di Marcello; e infine un punto di vista più oggettivo, scritto in corsivo, dove in terza persona viene narrato ciò che nessuno potrebbe sapere di quella storia. Mi sono divertito molto a lavorare su questi aspetti.»

Dario Quattromani

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