Napoli. Report dall’incontro con Gianni Minà allo Scugnizzo Liberato
NAPOLI – Mercoledì 31 maggio alle ore 18:00 presso lo Scugnizzo Liberato, l’ex carcere minorile Filangieri, ha avuto luogo la presentazione del libro “Così va il mondo” del giornalista Gianni Minà. L’evento, a cui hanno partecipato anche la Nuova Compagnia di Canto Popolare e la Bandarotta di Bagnoli, è stato organizzato da Massa Critica e presentato dallo scrittore Angelo Petrella.
Correva l’anno 1984 quando, all’interno dell’allora carcere minorile Filangieri, andava in onda una puntata speciale di “Blitz”, lo storico programma Rai di approfondimento condotto da Gianni Minà. In quell’occasione, il conduttore presentò la Nuova Compagnia di Canto Popolare e ospitò in diretta telefonica Eduardo de Filippo, molto legato, come si evince dall’intervento tenuto al Senato nel marzo 1982, alle sorti dei ragazzi detenuti che “spesso, a causa di carenze sociali, hanno dovuto deviare dalla retta via”. Durante quel discorso, Eduardo proponeva l’assegnazione al carcere di “uno spazio in una località ridente, su cui costruire un villaggio con abitazioni e botteghe dove i giovani, già avviati a mestieri e all’artigianato antico, potessero abitare e lavorare ognuno per conto proprio”.
Ben 33 anni dopo quella puntata, la stessa struttura ha ospitato nuovamente Minà. Grazie agli attivisti e agli abitanti del quartiere, che hanno riaperto i portoni di un edificio abbandonato, trasformandolo in qualcosa di diverso e nuovo, lo Scugnizzo Liberato, un laboratorio di mutuo soccorso e uno spazio in cui si tengono attività sociali e laboratori di formazione, arte e sport. All’incontro sono intervenuti Dario Oropallo, giornalista freelance; Antonio Manzi del comitato “Te Diegum”, il gruppo di intellettuali nato in onore di Diego Armando Maradona; Alessandra Riccio, giornalista e docente; Bruno Martirani, attivista di Massa Critica; e Laura Abbruzzese, dottoranda in studi sull’America Latina.
Dopo i saluti iniziali, è stato presentato il libro “Così va il mondo. Conversazioni sul giornalismo, potere e libertà”, edito dall’edizioni Gruppo Abele, in cui Gianni Minà, conversando con Giuseppe De Marzio, ripercorre alcune tappe fondamentali della propria brillante carriera di giornalista, svolta con una particolare attenzione ai diritti dei deboli e a chi si è ribellato alle sopraffazioni, arricchita dagli incontri con i personaggi che hanno segnato un’epoca: Fidel Castro, Muhammad Ali o il subcomandante Marcos, per citarne alcuni.
Al contempo Gianni Minà compie delle riflessioni sui temi attuali politici e sociali, soffermandosi sulla crisi moderna degli Stati Uniti e sul modello capitalistico e neoliberista, sulle condizioni dei Paesi del Sud America e in generale del sud del mondo, di quelle nazioni cioè che hanno avuto simili problematicità democratiche e di rappresentatività e la cui realtà viene raccontata in modo parziale quando non totalmente travisata.
La comunicazione è quindi parte centrale del libro, così come lo è il giornalismo e il ruolo della stampa in una democrazia. Attraversando oltre 50 anni di carriera, non mancano le considerazioni su specifiche questioni italiane come la strategia della tensione o l’assassinio di Ilaria Alpi. La discussione è stata impostata seguendo i temi del libro, con l’autore che ha risposto alle domande degli intervenuti sulla situazione politica dei Paesi del Sud America come il Cile, il Brasile, il Venezuela e altri ancora: queste nazioni avevano conosciuto, nell’ultimo periodo, la libertà e le rivoluzioni a trazione progressista, secondo il giornalista, con il modello Cuba che mostrava la possibilità di un mondo diverso. Stava prendendo corpo insomma una cooperazione latinoamericana che veniva puntualmente seguita dalla rivista “Latinoamerica”, rilevata e gestita da Minà per oltre vent’anni, che ha permesso agli italiani di avere accesso a informazioni e analisi sui sud del mondo, avvalendosi della collaborazione di grandi scrittori e studiosi.
Ancora, secondo il giornalista, la delicata situazione in quei Paesi dipende dal potere esercitato dagli Stati Uniti, che “non riconosco la loro indipendenza”. Al proposito degli States come esportatori di democrazia nel mondo, ha affermato che “la democrazia non la porta nessuno, cresce e si sviluppa da sola”.
Non sono mancate riflessioni sulla carriera di giornalista, da lui stesso definito un “mestiere sociale”. Ha raccontato di aver impiegato a volte anche 7 giorni per verificare le fonti prima di dar luce a un articolo, e ha denunciato la mancanza di scrupolo e la leggerezza di molti giornali importanti. Inoltre, ha aggiunto, “i colleghi, per etica, devono raccontare il mondo” e “non inseguire i politici che non diranno nulla perché nulla possono dire”.
Tra la folla era presente anche il cantautore Edoardo Bennato, che è stato invitato a unirsi alla discussione. A una domanda sulla situazione attuale di Bagnoli, al centro dell’attenzione mediatica cittadina e nazionale, con ipotesi di bonifica e possibilità di investimenti, si sono registrati momenti di leggera tensione in seguito alle sue argomentazioni: “Non prendiamocela con quello che noi identifichiamo con il potere, prendiamocela con noi stessi”.
La conversazione con Gianni Minà è comunque continuata come da programma, con molti altri temi trattati più o meno presenti nel libro: dalle condizioni della televisione in Italia, con quella pubblica soggetta alla competizione e alle regole del commercio, ritenuta un’anomalia per Minà rispetto ad altri Paesi europei come l’Inghilterra, la Germania e la Francia; fino al futuro di Cuba, che per il giornalista non è in discussione poiché “i cubani sono allenati e non metteranno in discussione le loro conquiste sociali”.
Al termine dell’incontro, il pubblico ha potuto apprezzare il concerto della NCCP e della Bandarotta di Bagnoli.
Arrivato il momento del confronto con la stampa, Gianni Minà ha risposto a una nostra domanda.
“La metà di quel che succede in Italia non viene raccontato, l’altra metà è costruita mentendo”. Lo afferma nel suo libro a proposito dello stato dell’informazione in Italia. Cosa consiglia quindi ai giovani giornalisti?
«Consiglio di non credere a ciò che ai vostri occhi appare carente di prove. Io sono un maniaco del controllo di quello che scrivo e metto insieme, infatti spesso questa ricerca occupa giorni interi, ma al contempo mi ha reso credibile e mi ha permesso di fare dopo cinquant’anni la stessa professione. Certo, in questo momento bisogna avere la forza di verificare ogni notizia che viene data, è troppo plateale che quello che ci trasmettono non può essere vero. Se non vogliamo recitare la parte dei comici dobbiamo verificare cosa sta succedendo.»
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