Libri. Presentazione “Non a caso”, in ricordo delle vittime innocenti di mafie pugliesi
BARI – La Biblioteca dei ragazzi, presso il Parco di Largo 2 giugno a Bari, lunedì 3 luglio alle ore 19:30 ha ospitato la presentazione del volume “Non a caso”, con l’autrice Daniela Marcone. Nel suo volume, contributi di tanti scrittori per ricordare 15 delle 64 vittime di mafie pugliesi. Gli altri autori del libro sono N. Lagioia, E. Savarese, B. Monroy, L. Falcone, L. Costantini, P. Pulixi, E. Liguori, M. Oliva, M. Vichi, G. Dello Iacovo, F. Minervini, A. Cobianchi, G. Genisi, R. De Marco, P. Carlomagno, M. Marcialis, U. Romaniello, A. N. Pezzuto e “Libera” Puglia. Presentatrice e moderatrice della serata è stata la giornalista Annamaria Minunno. Sono intervenuti all’incontro gli autori Gabriella Genisi, Francesco Minervini, la portavoce di “Libera Puglia” Marica Todaro e la direttrice della casa editrice “la meridiana”, Elvira Zaccagnino. Il libro, con la prefazione di don Luigi Ciotti, è rivolto ad adulti e alunni dalla II Media in su, e presenta una sezione dedicata alla storia delle mafie in Puglia, redatta dal giornalista Antonio Nicola Pezzuto. Presenti in platea diversi familiari di vittime innocenti ricordate nel testo.
Daniela Marcone è nata a Foggia nel 1968. Il 31 marzo 1995, nella sua città natale, l’omicidio del padre: Francesco Marcone, raggiunto nel portone di casa, al rientro dal lavoro, da due colpi di arma da fuoco, per aver denunciato pochi giorni prima, con un esposto alla Procura della Repubblica, l’esistenza di falsi mediatori che dietro pagamento, coprendo uomini noti della città e connivenze con la malavita organizzata, ottenevano rapidi disbrighi di pratiche presso l’Ufficio del Registro di Foggia, di cui era direttore dal 1992.
La Marcone ha ricordato che già un mese dopo la morte del padre, in occasione della messa del trigesimo, venne avvicinata da un gruppo di insegnanti, le quali, sensibilizzate dal grido della sorella della vittima, Maria Marcone, che inviò un’accorata lettera a tutti i giornali allo scopo di risvegliare le coscienze, diedero vita, insieme a Daniela, al comitato cittadino che sarebbe confluito successivamente in Libera, l’associazione presieduta da don Luigi Ciotti, di cui oggi la Marcone è Vicepresidente Nazionale e referente del Settore Memoria.
L’iniziale fiducia nell’approdo a ”verità e giustizia” come “garanzie autonome” da parte della Magistratura, che ha contraddistinto l’impegno di Daniela Marcone dopo l’omocidio del padre, si trasforma dopo dieci anni di indagini a singhiozzo, arresti, scarcerazioni, archiviazioni e dopo la dichiarazione del Magistrato Lucia Navazio riguardo la mancata collaborazione alle indagini da parte del tessuto sano della città, nella volontà di “scavare nella storia della comunità, per approdare a una spiegazione collettiva, correlare le storie per costruire una memoria di gruppo che si faccia memoria sociale e collettiva, e dalla quale può scaturire il cambiamento.”. Nel merito, l’autrice ha spiegato d’aver scelto per il libro 15 delle 64 vittime innocenti di mafia in Puglia, sulla base dell’intensità dell’impegno vissuto per la memoria, dalle relative famiglie.
Tra le vittime raccontate nel libro, nel contributo dello scrittore Francesco Minervini, la storia di un giovane albanese: Hyso Telharaj, approdato in Italia a 17 anni, un lavoro come bracciante agricolo nelle campagne di Foggia per mantenersi agli studi. Hyso si oppose al ricatto dei caporali, che pretendevano una tangente sulla già esigua paga. Per questo motivo Venne picchiato a morte.
Minervini ha sottolineato la pericolosità di considerare le mafie baresi e pugliesi una consuetudine, e l’importanza di non sentirsi “altro dalle mafie”, di ricordare sempre che la mafia è “tra noi, con noi”. Ha sottolineato inoltre che “è proprio quando le mafie sparano di meno, che detengono il maggior potere”, proprio perché consolidate in reti di “tranquilla connivenza “.
Quanto alla piaga del caporalato è invece intervenuta la portavoce di Libera Puglia, Marica Todaro, che ha ricordato l’impegno di Libera per convertire la tendenza della società a una collusione con la mafia, che si concretizza per esempio nella realtà della “filiera sporca” dei prodotti della terra: la filiera di questi prodotti infatti, più appetibili sul mercato per il prezzo concorrenziale, coinvolge colpevolmente industrie conserviere, grande distribuzione e il consumatore che li preferisce. Libera si sta battendo affinché venga apposto sulla confezione del bene di consumo il certificato di assenza di sfruttamento della manodopera.
Gabriella Genisi ha poi presentato il racconto da lei scritto per ricordare due vittime innocenti: Michele Fazio e Gaetano Marchitelli, uccisi a distanza di due anni, nel 2001 e nel 2003, entrambi a 15 anni, in agguati inizialmente progettati per eliminare degli esponenti della malavita locale. La Genisi ha immaginato i due ragazzi, amici dall’infanzia, crescere uniti da stessi sogni e stesse passioni, e venir separati all’improvviso dall’assassinio di Michele. Gaetano nel racconto rimane solo, ignorando che ad attenderlo c’è lo stesso destino dell’amico. L’autrice ha dichiarato di essersi ispirata alla raccolta di poesie “Il mondo salvato dai ragazzini” di Elsa Morante, e crede profondamente nel valore formativo di pubblicazioni come questa, che devono raggiungere i ragazzini nelle scuole e così dare senso a queste morti. Da sottolineare la campagna denigratoria di cui fu ingiustamente oggetto Gaetano Marchitelli subito dopo l’agguato, e alla quale si vuole rimediare anche con questo libro.
La titolare della casa editrice “La Meridiana”, Elvira Zaccagnino, ha voluto evidenziare infine quanto la partecipazione dei vari autori non abbia assunto la valenza di “una gara, ma piuttosto il significato di servizio, colorando ogni frammento di memoria in maniera particolare, e permettendo un’opera di ricucitura”. La Zaccagnino ha quindi riconosciuto l”estremo atto di generosità dei familiari delle vittime innocenti, i quali condividendo il sacrificio dei loro cari permettono di costruire una memoria collettiva.
Al termine dell’incontro abbiamo rivolto le nostre domande all’autrice Daniela Marcone.
Vittime innocenti di mafia, i timori delle nuove generazioni?
«Diciamo che spetta a noi dare il giusto senso a questo ricordo. Indubbiamente i nomi delle vittime innocenti delle mafie sono legati a un ricordo molto doloroso delle loro famiglie e della nostra comunità, quindi di fatto questo provoca dolore, provoca anche spavento e penso alle vittime che sono cadute perché si sono ritrovate nella traiettoria di una pallottola destinata ad altri. Immagino questo quanto possa far paura, e quando questo accade in una strada limitrofa a quella nella quale noi viviamo, quindi di fatto è un messaggio forte che noi lanciamo. Nello stesso tempo riteniamo che non si possa ignorare, proprio perché è forte, proprio perché è quello che accade, è accaduto e può accadere, potrebbe essere in agguato e quindi bisogna ricordare queste persone, tenendo presente che dobbiamo fare tanto e impegnarci perché questo non accada mai più.»
Il “mondo di mezzo” è più insidioso della mafia stessa?
«Sicuramente è un pericolo di cui bisogna tener conto, ma io penso che l’apertura, la responsabilizzazione del cittadino è molto importante e quindi ci aiuta a capire in quale direzione andare. E’ ovvio che noi raccontiamo delle vittime delle mafie proprio per questo: alcune di loro sono incappate per dovere nella morte, ma noi diciamo “non a caso”. E’ accaduto qui in Puglia in maniera non casuale, perché sappiamo che le nostre mafie per tanti anni sono state sottovalutate, non solo, ma si è sempre considerata la Sacra Corona Unita, dimenticando tutte le altre. E raccontando la storia di queste vittime raccontiamo come le mafie si sono mosse in Puglia. Alcune di queste vittime sono morte altrove: sono pugliesi che per lavoro o per motivi familiari sono andati altrove e sono morti lontano da casa. Abbiamo pensato di raccontarli comunque, perché le loro famiglie vivono qui in Puglia, e hanno vissuto qui in Puglia l’essere familiari di una persona uccisa altrove da un altro tipo di mafia. Questo è stato molto importante, perché la nostra rete di familiari di vittime innocenti è cresciuta insieme, come familiari di vittime pugliesi, ma anche di altre mafie.»
Il ruolo delle Istituzioni?
«Indubbiamente alcune storie di queste vittime sono legate anche all’assenza delle istituzioni, un silenzio, un’indifferenza o semplicemente un non rendersi conto di quello che stava accadendo nella nostra terra di Puglia, perché c’è stato un periodo in cui non ci si rendeva conto che qui c’era la mafia, e quindi penso che il messaggio che deve arrivare forte e chiaro alle istituzioni è quello che bisogna far rete per contrastare le mafie. Il primo passo spetta a noi tutti come cittadini, indipendentemente dal ruolo che abbiamo. E’ ovvio che se il nostro ruolo è all’interno delle istituzioni, possiamo fare realmente qualcosa.»
Sacerdoti come don Luigi Ciotti combattono le mafie, altri per lo stesso motivo hanno perso la vita, eppure qualcuno di loro consente pubblici inchini durante le processioni religiose. Cosa pensa al riguardo?
«La Chiesa deve assolutamente stare molto attenta a quello che accade attorno. Io ho vissuto a Foggia, la mia città, la Chiesa non si accorgeva di quello che accadeva intorno, e quando fu ucciso papà, nel 1995, mi sono ritrovata a parlare con alcuni sacerdoti chiedendo aiuto, e mi veniva detto che non era affare della Chiesa, che la Chiesa pregava per le anime e che quindi essendo buoni cristiani in questo modo si contrastavano anche le mafie. A me invece sembrava ci fosse una grande indifferenza, una grande assenza estremamente dannosa, perché infatti questo ha contribuito. Tutte le componenti di una comunità devono essere attive, non solo la Chiesa, non solo le istituzioni, ma tutti quanti noi.»
By Daniela Buttiglione