Ambiente. Sotto attacco la foresta amazzonica
MANAUS – La foresta amazzonica, così come la conosciamo, tra qualche anno potrebbe non esistere più, minacciata da due feroci speculazioni in Brasile e nelle Ande peruviane.
Il presidente brasiliano, Michel Temer, ha infatti decretato l’abolizione della più grande area protetta dell’Amazzonia, la Renca, per permetterne lo sfruttamento minerario: la Renca, grande più della Danimarca, si estende per 46.000 km quadrati sul confine degli stati di Amapa e Para. Fu creata nel 1984 dalla dittatura militare, unendo varie aree protette.
Il governo brasiliano sostiene che la riserva è stata abolita per attrarre investimenti stranieri, infatti già oltre venti società brasiliane e straniere hanno confermato il loro interesse per lo sfruttamento delle risorse minerarie della Renca: oro, rame, tantalio, minerali ferrosi, nickel e manganese. Dunque la decisione è stata presa per contastare la grave recessione economica in cui si trova il Paese, e sempre secondo il governo brasiliano, le aree protette e i territori indigeni non saranno comunque toccati.
Al riguardo segnaliamo due commenti critici contro la decisione del presidente Temer: quello della nota modella Gisele Bundchen, che ha twittato “Vergogna! Stiamo mettendo all’asta la nostra Amazzonia. Non possiamo distruggere le nostre aree protette per interessi privati”. E quello del direttore del WWF brasiliano, Mauricio Voivodic: ”Una corsa all’oro nella regione farà danni irreversibili alle culture locali. Oltre a sfruttamento demografico, deforestazione, perdita di biodiversità e risorse idriche, potrebbe portare all’intensificazione dei conflitti per la terra e minacce alle popolazioni indigene”.
L’altra minaccia per la foresta amazzonica proviene dalla costruzione di sei dighe, quattro in Perù e due in Bolivia, e altre infrastrutture alle sorgenti nelle Ande peruviane. Nel merito è entrata la rivista scientifica Plos One, che attraverso una ricerca è giunta alle seguenti conclusioni: “Queste costruzioni potrebbero avere conseguenze catastrofiche in tutto il bacino del Rio delle Amazzoni, minacciando la sicurezza alimentare di milioni di persone. L’effetto più drammatico che potrebbe verificarsi è il trattenimento, da parte delle dighe, di quasi 900 milioni di tonnellate di sedimenti che scendono a valle delle sei dighe. Diminuirà anche l’apporto di azoto (-23%), con conseguenze negative sulla fertilità delle terre e la produzione agricola; e del fosforo (-51), che comporterà un calo dell’abbondanza di fitoplancton e dei pesci che se ne nutrono”.
Si segnala che, secondo lo studio scientifico, le montagne delle Ande occupano solo l’11% del bacino del Rio delle Amazzoni, ma forniscono il 93% dei sedimenti e la maggior parte dei nutrienti trasportati dal fiume.