Libri. Presentato “I Piccoli Principi del rione Sanità”
NAPOLI – Giovedì 8 febbraio alle ore 18:30, presso lo spazio della cooperativa sociale “‘E Pappeci” in Via Mezzocannone 103, ha avuto luogo la presentazione del libro “I Piccoli Principi del rione Sanità”, edizioni Piemme. Un testo nato grazie alla collaborazione con la Fondazione Riva Onlus, che sostiene progetti di contrasto al disagio sociale nel quartiere Sanità insieme a padre Antonio Loffredo. All’incontro hanno partecipato la giornalista, scrittrice e autrice del libro Cristina Zagaria, gli educatori e i bambini della Casa dei Cristallini.
“Cos’è la Casa dei Cristallini?”, con questa domanda, dopo i saluti iniziali, inizia la presentazione del libro. “E’ un luogo dove si fa doposcuola, si studia e ci si diverte, che sembra non avere nulla a che fare con il resto”, affermano gli educatori. “E’ un centro creativo!”, così lo definisce uno dei bambini intervenuti all’iniziativa, per leggere alcuni brani del libro. Ma La Casa dei Cristallini è di più: è un punto di riferimento per i piccoli e per le mamme del quartiere, dove tra le varie attività svolte c’è anche il laboratorio di pittura da cui nasce l’idea del romanzo. A ispirare la scrittrice infatti è stato proprio il laboratorio, vissuto accanto ai bambini della Casa dei Cristallini, del Punto Luce Diffuso e della Cooperativa “Il Grillo Parlante” Onlus; e poi i disegni e le rappresentazioni delle loro emozioni provate dopo aver letto il capolavoro di Antoine de Saint-Exupéry; e ancora le storie dei bambini, delle famiglie e degli educatori citate nel libro della Zagaria, tutte reali, che quest’ultima è riuscita a trasformare, insieme ai piccoli, in un romanzo, e così a costruire la narrazione e lo sviluppo della trama attingendo e prendendo spunto dall’opera “Piccolo Principe”, che in qualche modo entra ed esce dal racconto.
Uhuru, un profugo africano che ha come destinazione del proprio viaggio la Svizzera, si ferma nel quartiere Sanità in cerca di riparo e viene accolto dai ragazzi che lo chiamano “l’Aviatò”, proprio come l’aviatore di Antoine de Saint-Exupéry; tramite il loro sguardo, Uhuru scopre il “Pianeta Sanità”, un misto di contraddizioni, storie difficili, criminalità e bellezza, fatto di persone che lavorano duro per consegnare al quartiere un futuro migliore. Costruisce il suo nido nello stesso luogo dove fu ucciso Genny Cesarano (Colpito da un proiettile per errore durante una “stesa” il 6 settembre 2015, ndr), mentre viene rapito dai colori e dagli odori del quartiere e conosce le catacombe, il cimitero delle Fontanelle e le numerosissime chiese. Un viaggio che testimonia il valore dell’amicizia, dello sguardo puro dei bambini, dell’accettazione e dell’inclusione del diverso, come afferma l’autrice: “I bambini non hanno paura del diverso, loro si preoccupano che non sappia cosa sia il babà”.
Ancora una citazione: “L’ubriacone” del libro originale diventa nella realtà dell’opera della Zagaria “il giocatore”, simbolo di uno dei problemi che affligge il quartiere: il gioco d’azzardo. Insomma, inseguire i propri sogni e guardare in alto senza dimenticare le proprie origini, rappresentare il cambiamento e andare lontano, per poi ritornare e rendere il luogo in cui si è nati un posto migliore.
“Siamo bombardati dalla cronaca, ma ci sono tante realtà come la Casa dei cristallini che funzionano e non sono raccontante. Il libro vuole narrare la realtà e i problemi ma in modo lieve. È una forma di riscatto”, ha affermato Cristina Zagaria, “Questo è un libro che non finisce, lo porteremo in giro per l’Italia per raccontare l’esperienza e il modello Sanità. Il libro presenta due copertine: la prima ricalca quella del “Piccolo Principe” e rappresenta i sogni, la seconda ha come immagine un pallone Super Santos in strada e rappresenta invece la realtà, hanno spiegato i presenti.”
Per ogni copia venduta del libro un euro andrà alla Fondazione Riva, come sostegno affinché possa continuare le attività di contrasto al disagio sociale nel quartiere. Al termine della presentazione, dopo il firmacopie dei bambini, abbiamo avvicinato l’autrice Cristina Zagaria per rivolgere le nostre domande.
Come nasce il progetto?
«Durante il laboratorio i bambini leggono il “Piccolo Principe” e disegnano; gli operatori si sono resi conto che i bimbi raccontavano i loro sogni, le loro tristezze, proprio come il Piccolo Principe con l’aviatore. Da lì è nata l’idea di trasformare queste inconsapevoli confessioni in un libro, e lì sono intervenuta io. Mi sono confrontata con una storia vera, ma altezza un metro e venti, altezza bambino. Non sono napoletana, ma vivo a Napoli da dieci anni, e lavorando per il quotidiano “La Repubblica” mi capita spesso di raccontare la Napoli negativa e la Sanità come il rione delle stese, della paura. Portata dai bambini ho scoperto una Napoli diversa; questo quartiere è uno dei più raccontati se si pensa a Totò o Ermanno Rea, ma nessuno lo aveva mai fatto con gli occhi dei bambini.»
Cosa vedono i bambini nel quartiere?
«Loro avvertono la criminalità, la paura, ma dal loro punto di vista spesso la criminalità è il bullismo, perché il ragazzo che vuole fare strada nel “Sistema” fa il bullo con loro. Hanno sì delle paure, ma in un ordine particolare: ad esempio della tigre, non perché giri nel quartiere, ma perché rappresenta la ferocia; delle correnti d’aria, perché le mamme ripetono loro spesso di coprirsi dagli spifferi; degli ascensori, perché nel quartiere non ce ne sono; infine della camorra. Questo è l’ordine delle loro paure e il libro è un tentativo di cambiare prospettiva. Oppure ecco, nel quartiere ci sono luoghi stupendi come il cimitero delle Fontanelle, ma per i bambini il posto magico è un negozio in cui si vendono le briochine 3 x 2. Ti fanno apprezzare le piccole cose. Il libro ha questa volontà: raccontare Napoli dal loro punto di vista, con un bambino su tutti che grande non diventerà mai, Genny Cesarano. Lui è il nostro vero Piccolo Principe, il bambino per sempre.»
Qual è il significato del libro?
«Raccontare Napoli con altri sguardi, anche quello delle famiglie: non la quotidianità folkloristica quindi, come il basso, la pizza, Pulcinella. Portare a casa la giornata, la difficoltà per l’affitto, un quartiere dove sono presenti le mamme e i bambini, ma spesso non i papà, assenti per lavoro o perché in carcere. Mi sono confrontata con il progetto di padre Antonio Loffredo e dei suoi ragazzi: valorizzare le bellezze del quartiere, dalla chiesa al bambino, la persona.»
Due aggettivi per riassumere questa esperienza: uno dal suo punto di vista, l’altro da quello dei bambini.
«Per i bimbi dico bellezza. Mi hanno fatto scoprire tutta la bellezza che c’è nel quartiere. Dal mio punto di vista dico coraggio; sono bambini che restano tali, non sono adulti come spesso si pensa, ma hanno un gran coraggio quotidiano.»
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