Attivismo. Il presidio del Coordinamento Napoli Palestina
NAPOLI – Venerdì 1 giugno alle ore 16:00, in Via Toledo all’altezza del Banco di Napoli, ha avuto luogo il presidio organizzato dal Coordinamento Napoli Palestina “Boicotta Intesa SanPaolo”. Attivisti e palestinesi sono scesi in piazza per sostenere la Palestina, sensibilizzare i cittadini e manifestare il proprio dissenso per l’accordo stipulato tra Intesa SanPaolo Innovation Center e OurCrowd, piattaforma israeliana attiva nel crowdfunding e venture capital.
Il presidio organizzato da Comitato Napoli Palestina ha denunciato pubblicamente il memorandum siglato da Intesa SanPaolo Innovation Center, la controllata del gruppo che promuove i piani di sviluppo dell’innovazione, e OurCrowd, l’azienda israeliana che ha raccolto più di 700 milioni di dollari da oltre 25.000 investitori da tutto il mondo, con l’obiettivo di creare una rete internazionale e mettere in connessione startup d’eccellenza e investitori. Al riguardo abbiamo rivolto le nostre domande a Ugo Esposito, attivista del Comitato Napoli Palestina.
Perché questo presidio?
«Siamo qui in sostengo del popolo palestinese. In Palestina è nato un movimento, la Grande Marcia del Ritorno, che rivendica il diritto dei palestinesi, sia i rifugiati che si trovano fuori dalla Palestina che i rinchiusi a Gaza e in Cisgiordania, di tornare nelle proprie terre d’origine occupate dallo Stato Israeliano. Oggi, in Palestina, in piazza ci sono migliaia di persone, c’è l’esercito israeliano che opera arresti e spara contro di loro; noi siamo scesi in piazza e siamo di fronte al Banco di Napoli, che appartiene a Intesa SanPaolo, perché la settimana scorsa è stata siglata una partnership con una piattaforma di crowdfunding, OurCrowd, di proprietà di Jonathan Medved, un miliardario americano-israeliano: costui cerca investitori per finanziare imprese high-tech israeliane poiché da anni in Israele c’è la volontà di creare una Silicon Valley a Gerusalemme e allargarsi quindi nei territori della Cisgiordania, estromettendo ancora di più i palestinesi.»
Cercano solo denaro per creare impresa?
«Noi denunciamo questo accordo perché non vogliamo che in Italia, istituzioni ed enti finanzino l’occupazione della Palestina; il proprietario dell’azienda si è detto più volte appartenente al movimento sionista, un movimento coloniale di occupazione di un teritorio e sostituzione di un popolo con un altro, sostituzione vietata dalle Nazioni Unite. Ci sono tante risoluzioni dell’ONU contro la limitazione di movimento dei palestinesi, contro il diniego di Israele di far entrare aiuti umanitari a Gaza, e così via.»
Cosa pensa il Comitato Napoli Palestina riguardo l’impegno italiano nella questione palestinese?
«Fino agli anni ‘80 l’Italia ha avuto una politica filo-palestinese, ormai è schiacciata sulle posizioni USA e NATO filo-israeliane. Non nutriamo fiducia nel governo appena insediato. Noi chiediamo ai napoletani e ai cittadini di tutt’Italia di attivarsi e manifestare, dal basso, per creare pressioni sull’opinione pubblica, vista la grande indignazione del mondo verso questo genocidio costante nei confronti del popolo palestinese. Non basta indignarsi e mostrarlo via social, è necessario scendere in piazza.»
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