Società. Report dalla IV edizione de “La settimana delle Afriche”
BORDEAUX – Si è svolta a partire dalle ore 18:00 di lunedì 25 marzo la conferenza inaugurale della IV Edizione de “La settimana delle Afriche”, organizzata dall’IDAF (Istituto delle Afriche) con il sostegno della Regione Nuova-Aquitania: un ricco calendario di eventi che si propone di riflettere sulle dinamiche in atto sul continente africano attraverso gli occhi delle nuove generazioni, protagoniste indiscusse della storia continentale contemporanea. Alla conferenza, allestita al Museo di Aquitania, hanno partecipato alcuni giovani testimoni dell’epoca attuale, diversamente impegnati nelle loro vite.
Creato nel 2015, l’Istituto delle Afriche si propone di valorizzare le dinamiche africane presenti sul territorio bordelese e della Nuova-Aquitania. Al fine di creare un ponte tra culture europee e africane, l’istituto favorisce la formazione di sinergie tra diversi attori, organizzando varie attività sui territori: giornate studio, esposizioni, conferenze, manifestazioni artistiche. “Generazioni XXI” è il titolo scelto dall’ IdAf per questa IV Edizione de “La settimana delle Afriche”, calendarizzata in varie proiezioni, tavoli di discussione, esposizioni, conferenze in cui le gioventù d’Africa sono invitate a raccontare le loro esperienze, abbattendo lo stereotipo corrente di un continente statico.
Nell’Africa subsaariana c’è la più grande proporzione di giovani di meno di 30 anni in rapporto alla popolazione mondiale, che corrisponde a circa il 70% della popolazione macroregionale. Inoltre, a est e nella zona centrale della stessa regione, i giovani di meno di 25 anni rappresentano il 64% della popolazione. Le problematiche implicate sono molteplici, come riferito preliminarmente alla conferenza: criticità nell’accesso alle cure e al lavoro, contrariamente alle informazioni rese dai media; tassi di disoccupazione giovanile elevatissimi, nonostante impennate nei livelli di crescita.
Nell’ultimo decennio si sono amplificate le mobilitazioni cittadine, un po’ ovunque le gioventù africane manifestano la loro profonda insoddisfazione rispetto all’autoritarismo, al modo di conduzione delle politiche pubbliche. Tra i movimenti pionieri attuali si distinguono i “Balai citoyen” in Burkina Faso, che insieme ad altri movimenti di opposizione hanno provocato la fine del potere del presidente Blaise Compaoré dopo 27 anni; poi c’è “Y’en a marre”, gruppo di contestazione pacifica senegalese fondato nel 2011.
Dopo una riunione preliminare del dicembre 2016 sull’isola di Gorée, in Dakar, tutti i movimenti cittadini d’Africa si sono raggruppati nella piattaforma panafricana “Afrikki Mwinda”, tra cui “Iyana” in Ciad; “Lucha” e “Flimbi” nella Repubblica Democratica del Congo; “Jeunes et forts” in Camerun; e “Wake Up” in Madagascar.
Dal 23 al 28 luglio 2018, Afrikki Mwinda (Luce dell’Africa – ndr), ha tenuto la prima edizione di UPEC (Università popolare dell’impegno cittadino) sul tema “cittadinanza e diritto di decidere”, ormai prevista a cadenza annuale. Sull’argomento, durante la conferenza moderata da Christophe Dabitch, è intervenuto Alioune Sy, presidente del COSIM Nuova-Aquitania: “Sin dalle indipendenze, l’Africa è governata da regimi autoritari in carica da 30, 40 anni. Gli attuali movimenti sociali sono nati senza alcuna intermediazione politica o sindacale, ma per iniziativa di giovani, giornalisti, artisti che rifiutano di politicizzarsi e che si contraddistinguono per i forti valori di giustizia, legalità, buon governo di cui sono portatori. Se tra gli iniziatori di questi movimenti ci sono soprattutto uomini, è vero che esiste un grande protagonismo femminile in campo economico: oggi, nell’Africa francofona, la maggioranza delle startup sono guidate da donne”.
Con lo scoppio delle primavere arabe nel 2011 sono fioriti i movimenti sociali rivendicanti la giustizia sociale; “Amal”, il film del regista egiziano Mohammed Siam, proiettato nel quadro della ‘Settimana’ e vietato in Egitto, racconta la recente storia rivoluzionaria egiziana attraverso gli occhi di Amal, una ragazza appena 14enne allo scoppio della rivoluzione: “Sono nato nel periodo in cui il presidente Mubarak fu eletto per la prima volta. In tutta la mia vita, fino alla rivoluzione, non ho visto che un presidente: una cosa abbastanza folle, ma la mia generazione non aveva domande al riguardo, invece Amal e la sua generazione hanno visto il cambiamento possibile”, ha detto il regista durante l’incontro. Il film è anche una riflessione sulla ricerca interiore di Amal in una società patriarcale.
Negli ultimi anni l’attivismo giovanile si è sensibilizzato anche sulle questioni climatiche; durante la conferenza si è espressa Fadoua Brour, presidente e fondatrice nel 2012 del “Movimento dei giovani Marocchini per il clima”: “In Marocco, prima del 2013, c’era un’assenza quasi totale di comprensione delle implicazioni relative ai cambiamenti climatici, esistevano associazioni sensibili al tema ambientale, ma non di tipo climatico. Il nostro movimento ha fatto il giro delle università del Marocco, abbiamo considerato prioritario investire in educazione e campagne di sensibilizzazione popolare prima di promuovere una mobilitazione. In 6 anni abbiamo formato giovani, donne; alcuni hanno creato startup, altri sono diventati ambasciatori del Marocco relativamente alle questioni ambientali”.
La “Settimana delle Afriche” terminerà con gli ultimi due appuntamenti del 31 marzo; l’epilogo è previsto il 7 aprile al Museo di Aquitania, con il cine-dibattito sul film “Retour à Bollene” del regista Saïd Hamich.
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