Invasione dell’Artico alla ricerca di petrolio. Manifestazioni a Seattle contro la Shell
SEATTLE – Meno di un mese fa, su queste pagine, approfondivamo i documenti pubblicati dal The Guardian che rivelavano le pressioni della Shell sulle politiche ambientali internazionali. Allo scandalo non è seguito il cambio di rotta che molti auspicavano. Ad agevolare ulteriormente le mosse del colosso anglo-olandese ci ha pensato Barack Obama, il presidente degli Stati Uniti d’America, consentendo le trivellazioni nel Mare dei Chuckci, in Alaska, nonostante il grave incidente del 2012, che vide coinvolta la piattaforma Kulluk proprio in quei mari.
Sulle scelte ambientali, la distonia fra le parole e le azioni del presidente degli Stati Uniti appare evidente e risulta ancor più grave se riguarda l’area più delicata del Pianeta, che nel giro di 50 anni ha subito una riduzione dei suoi ghiacciai del 30%. A opporsi al ritorno della Polar Pioneer, la piattaforma petrolifera Shell in viaggio verso l’Artico, ci hanno pensato centinaia di ambientalisti e cittadini che hanno circondato a bordo dei loro kayak il mastodonte marino, temporaneamente ormeggiato al Terminal 5 del porto di Seattle.
L’effetto ottico, alimentato dal contrasto fra le dimensioni della flottiglia di attivisti e il colossale impianto di trivellazione, ha destato la sorpresa degli spettatori, rivelandosi come un’efficace metafora della lotta tra il bene e il male. Gli attivisti, armati di buonsenso, di un legame profondo con la propria terra e con in testa esclusivamente l’equilibrio climatico del resto del mondo, erano coalizzati sotto l’unica bandiera “sHell No!”, convinti che le trivellazioni non potranno mai essere sicure, come ritengono invece i finanzieri del petrolio. E intanto le agenzie per la protezione dell’ambiente non hanno ancora concesso le loro autorizzazioni.
A dispetto del rischio del 75% di una fuoriuscita di petrolio durante le estrazioni, la Shell quest’estate, quando il ghiaccio sarà più sottile, potrebbe inaugurare i primi due pozzi nell’unica area mai sfruttata dall’uomo, ma che conserverebbe nelle sue profondità il 20% delle riserve di gas e petrolio dell’intero Pianeta. Un potenziale disastro annunciato, e la piattaforma petrolifera d’emergenza predisposta dalla Shell non rassicura nessuno al riguardo.
Se la “Paddle in Seattle”, la pagaiata di protesta, si è conclusa dopo un paio d’ore di cori e contestazioni, il movimento ha annunciato che quello di sabato è stato solo il primo di una serie di contrattacchi pacifici di cui si renderanno protagonisti.
Più di 150 anni fa Thoreau, nel suo saggio “Disobbedienza civile”, si impegnava a infondere nei lettori, nei cittadini americani, la coscienza di poter fare la differenza, di poter recitare un ruolo attivo nel contrastare l’operato dei poteri forti o quantomeno di affrancarsene, sospendendo il supporto a un governo che allora permetteva la schiavitù ed era pronto a conquistare con le armi il Messico: quelle di questi giorni sono nuove battaglie, ma non sorprende poi tanto se il nemico sia sempre lo stesso e che la giornata di proteste prevista oggi a Seattle prenda il nome proprio da quel saggio.
By Antonio Acconcio