Stati Uniti e Cuba riaprono le ambasciate
WASHINGTON – Come preannunciato, Stati Uniti e Cuba oggi hanno riallacciato ufficialmente le relazioni diplomatiche con l’apertura delle relative ambasciate nei rispettivi Paesi. Ma gruppi di attivisti sono preoccupati per gli eventuali risvolti di questo accordo.
Una vera e propria cerimonia a Washington, con la partecipazione di centinaia di ospiti, ha dato il via ai nuovi rapporti diplomatici tra il Presidente degli Stati Uniti d’America, Barack Obama; e il Presidente di Cuba, Raul Castro. Il Presidente americano aveva annunciato in precedenza che la bandiera a stelle e strisce sarebbe tornata a sventolare a L’Avana, la Capitale cubana, prima dell’estate.
Restano complicate le modalità di ripristino delle normali relazioni tra i due Paesi, dal momento che dovranno confrontarsi sui Diritti umani, le richieste di risarcimento da parte di Cuba per le proprietà confiscate dall’America a L’Avana e per i danni causati dall’embargo nei confronti di Cuba in tutti questi anni: l’embargo economico, commerciale e finanziario, adottato dagli Stati Uniti nei confronti di Cuba, è in vigore oramai da più di trent’anni. Le prime misure economiche risalgono infatti al 1960, in risposta a una riforma agraria del ’59 con cui Cuba dichiarò espropriate alcune proprietà statunitensi. Di qui l’escalation delle restrizioni imposte dagli Stati Uniti e dei rapporti tra i due Paesi. Nel 1960 gli Stati Uniti imposero un embargo totale sulle esportazioni a Cuba di prodotti e tecnologie, eccetto medicinali e prodotti alimentari; l’anno dopo interruppero le relazioni diplomatiche con Cuba dichiarando il suo regime leninista, socialista, anti-imperialista e attuando misure restrittive severe per i cittadini americani in viaggio a Cuba. Quando le cose sembrarono migliorare, l’amministrazione Reagan, nel 1981, inaugurò un nuovo rafforzamento dell’embargo e ripristinò il divieto di viaggi turistici a Cuba.
Oggi, alla vigilia della ripresa di più pacifiche relazioni diplomatiche con gli americani, Cuba intende avanzare fin da subito richieste di risarcimento danni causati dall’embargo e dai trent’anni in cui non ha potuto contare sulla fonte del turismo. D’altra parte, dal 1980, secondo il Government Accountability Office, il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti e la USAID, l’Agenzia degli Stati Uniti per lo Sviluppo Internazionale, sono stati spesi circa 1 miliardo di dollari dagli Stati Uniti per promuovere la democrazia e il libero flusso di informazioni a Cuba. Ora invece, alcuni attivisti cubani per la democrazia, si dicono abbandonati, sostenendo che l’interesse degli Stati Uniti sembra avere a che fare più col fare affari con Cuba che con il sostegno alla lotta per la democrazia: “Noi non vogliamo avere McDonald e le violazioni dei diritti umani al contempo”, ha detto Berta Soler, membro fondatore e leader del gruppo di opposizione Las Damas de Blanco, “Vogliamo che prima ci sia il rispetto dei diritti umani, dei diritti per tutti i cubani”.
Insomma, il malcontento sarebbe nato dal fatto che per gli Stati Uniti questo riavvicinamento potrebbe avere come movente solo interessi economici e commerciali, lo stesso che probabilmente aveva causato l’embargo più di trent’anni fa; e come esito il mettere da parte l’interesse della popolazione per gli aiuti che realmente servono ai cittadini cubani, quelli che hanno a che fare con i Diritti umani. D’altronde l’America al riguardo non può insegnare niente a nessuno, vivendo ancora sul suo territorio forti discriminazioni razziali e la pena di morte.
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