Reclutamento ISIS su Facebook, tre arresti in Egitto
CAIRO – Le forze di sicurezza egiziane hanno arrestato sabato 22 agosto tre utenti di Facebook accusati di reclutare combattenti ISIS nella città di Sohag, alto Egitto. Gli arresti sono scattati in seguito all’applicazione delle nuovi leggi antiterrorismo varate dal governo egiziano nell’ultima settimana.
Secondo fonti locali, le forze di sicurezza erano impegnate da 15 giorni a condurre indagini sui profili Facebook di un medico veterinario e due studenti di Sohag. Le autorità hanno trovato un laptop appartenente a uno dei tre arrestati e contenente video rilasciati dai combattenti di Da’sh in Siria e in Iraq. I tre sono accusati di aver abbracciato l’ideologia jihadista e di averne tentato la diffusione attraverso Facebook. Secondo le nuove leggi ratificate dal Presidente egiziano Abdel Fatah Al Sisi, quanto commesso dai tre cittadini egiziani è sufficiente per essere incriminati. L’articolo 29 della nuova legislazione infatti punisce con un minimo di 5 anni di reclusione coloro che creano o usano siti internet per promuovere ideologie o credenze che possono istigare all’atto terroristico, alla disobbedienza alle autorità, a ostacolare la giustizia in un caso di crimine terroristico o lo scambio di messaggi tra chi appartiene a gruppi terroristici.
Sebbene la legge sia stata considerata un passo eccellente verso la lotta al terrorismo è evidente che limiti enormemente la libertà personale dell’individuo nonché quella di espressione e di stampa. Tra le novità introdotte dal nuovo emendamento vi sono l’ampliamento dei poteri dei militari e delle forze di polizia, i quali possono godere di maggiore protezione legale se ‘costretti’ ad usare la violenza per fronteggiare i disordini; la reclusione fino a 10 anni per chi appartiene a un gruppo terroristico, legge applicata anche agli esponenti dei Fratelli Musulmani, banditi dal Paese con il governo di Al Sisi; l’ergastolo per chi finanzia associazioni terroristiche; il pagamento di una multa compresa tra le 200mila e le 500mila lire egiziane (Circa 22mila e 56mila euro – ndr) per i giornalisti che osano contraddire le dichiarazioni ufficiali del governo. Quest’ultima introduzione prevedeva in principio una condanna a due anni di carcere, trasformata poi in una semplice sanzione, restando comunque un ostacolo per l’esercizio della professione giornalistica e mediatica.
Dunque secondo il nuovo emendamento è ampliato anche il concetto di atto terroristico, che ora in Egitto corrisponde alla definizione di “qualunque atto che disturbi l’ordine pubblico con la violenza” a cui lo Stato si riserva di rispondere con mezzi altrettanto violenti e lapidari.
By Margherita Sarno