Alimentazione. Olio di Palma dannoso, ma è allarmismo o verità?
CASERTA – Secondo i dati riportati nei Food Balance Sheet della Food Agricolture Agency (FAO), nel 2011, ultimo anno per cui sono disponibili dati, in Italia sono state importate 77.000 tonnellate di olio di palma per uso alimentare. In principio le radici discriminatorie erano di tipo ambientalista, ma a seguito della pubblicazione del documento dell’Efsa (European Food Safety Authority) lo scorso 3 maggio 2016, la problematica è diventata ben più ampia. Cos’è l’olio di palma? perché il suo utilizzo è così diffuso? Perché non si dovrebbero consumare cibi che lo contengono? Abbiamo rivolto le nostre domande alla Dott.ssa Anna Luisa Monaco, Biologo Nutrizionista.
«Le palme da olio (Elaeis guineensis) producono un frutto composto di tre porzioni: il seme, parte interna; il mesocarpo, la polpa; e il pericarpo, la buccia. Dopo il raccolto, i frutti vengono sterilizzati a vapore e snocciolati. Dal seme si ottiene l’olio di palmisto, utilizzato in ambito alimentare per la produzione di glasse e decorazioni di prodotti dolciari, mentre dalla lavorazione della polpa si produce l’olio di palma che risulta essere uno dei principali ingredienti dei prodotti da forno come biscotti e merendine ma non solo, è altresì impiegato nel settore cosmetico, in quello farmaceutico, e per la produzione di biodiesel.»
Che caratteristiche biologiche possiede l’olio di palma?
«L’olio di palma è costituito per il 50% di acidi grassi saturi e per il restante 50% di acidi grassi insaturi. Attraverso processi di frazionamento, dall’olio di palma si ricavano la palm-oleina, liquida a temperatura ambiente; e la palm-stearina che invece a temperatura ambiente resta solida. Entrambe sono impiegate nell’industria alimentare: la prima, avendo un punto di fumo molto elevato (230°C), è particolarmente utilizzata negli oli per fritture; e la seconda la ritroviamo invece in moltissimi prodotti da forno sugli scaffali dei supermercati, spesso sotto la dicitura di “oli vegetali”.»
È utilizzato anche per una questione economica?
«L’olio di palma risulta ‘oro’ dal basso costo e dalle enormi rese industriali, grazie al gusto neutro, alla resistenza a elevate temperature e ai processi ossidativi, nonché all’irrancidimento, a differenza di quanto avviene sostituendo l’olio di oliva o la margarina.»
Perché si parla di impatto ambientale alto circa la produzione dell’olio di palma?
«A fronte di questo largo utilizzo, la produzione dell’olio di palma ha avuto e ha sicuramente un grandissimo impatto ecologico. Solo Indonesia e Malesia producono più dell’85% della domanda mondiale di olio di palma in quanto zone ricche di carbone e di terreno torboso, l’optimum per la coltivazione delle palme da olio. Quando a un terreno torboso viene applicato il metodo del taglia/brucia e ripulisci/drena per prepararlo alla piantagione e quindi alla coltivazione di palme, viene rilasciata un’enorme quantità di ossido di carbonio e quindi di gas serra nell’atmosfera. Più del 60% delle emissioni di carbone dell’Indonesia arrivano direttamente dalla degradazione delle foreste e dei terreni torbosi. L’Indonesia risulta oggi il terzo maggior produttore di gas serra al mondo, dopo gli Stati Uniti e la Cina. A peggiorare il quadro è l’ingombrante impatto sulle specie a rischio estinzione come le tigri di Sumatra, ma non solo, anche elefanti, orango e rinoceronti, che rappresentano specie cruciali per la biodiversità nel Sud-est asiatico.»
E’ dannoso per l’uomo?
«Nonostante i processi di raffinazione provochino inevitabilmente trasformazioni di carattere chimico-fisico, l’olio di palma ad alte temperature (oltre 200° C) non solo perde il 40% del contenuto vitaminico, ma sviluppa la produzione di glicidil esteri degli acidi grassi (GE), 3-monocloropropandiolo (3-MCPD), e 2- monocloropropandiolo (2-MCPD). L’efua al riguardo ha recentemente ribadito i rischi per la salute derivanti dalle sostanze predette e ha ipotizzato una probabile trasformazione in glicidolo dopo l’ingestione. Ci sono evidenze sufficienti che il glicidolo sia genotossico e cancerogeno, pertanto è stata dettata una dose giornaliera tollerabile (DGT) per 3- MCPD e i relativi esteri degli acidi grassi di 0,8 microgrammi per chilogrammo di peso corporeo al giorno. Essendo però l’olio incriminato un ingrediente largamente impiegato nell’industria alimentare, il consumo giornaliero di acidi grassi saturi supera la dose tollerabile, comportando conseguentemente l’aumento del rischio di patologie cardiovascolari per incremento della concentrazione plasmatica di colesterolo, nonché la predisposizione all’obesità e all’insorgenza del diabete. Ma su questa tematica si erano già espressi l’Istituto Mario Negri, l’Aidepi (Associazione delle Industrie del Dolce e delle Paste Italiane) e il Ministero della Salute, ribadendo che non esistono evidenze scientifiche appuranti che l’olio di palma è nocivo, né che può provocare disastrosi e allarmanti effetti negativi sulla salute, se non quelli scaturiti dall’eccessivo consumo di grassi saturi in genere.»
Dicevamo, spesso viene mascherato in altri prodotti?
«L’accresciuta sensibilizzazione al tema nutrizione recentemente ha avuto un impatto sempre più incisivo e la condivisione sui social network, il più potente degli strumenti di diffusione di notizie del nuovo millennio, in ambito salutistico oggigiorno è sempre maggiore. Per tale ragione le industrie alimentari sono costrette a fronteggiare il calo delle vendite di prodotti contenenti olio di palma rispondendo con il ritiro di tali prodotti e producendo i medesimi con altri ingredienti, nonché indicando per legge in etichetta la tipologia di olii e grassi vegetali usati.»
Come nutrizionista che consigli si sente di dare?
«Al di la della genotossicità delle sostanze rilasciate dall’olio di palma in seguito al trattamento a elevate temperature, c’è da dire che la soluzione al problema risiede nella necessità di seguire un regime dietetico vario e bilanciato e contenere il più possibile il consumo di alimenti con elevate quantità di grassi saturi, i quali purtroppo oggi risultano ancora in eccesso nell’alimentazione della popolazione italiana, in particolar modo nei bambini e negli adolescenti. Dopotutto a che serve comprare la confezione di biscotti senza olio di palma se poi al ristorante la prima pietanza a essere ordinata sono le patatine fritte? Meno olio di palma quindi, meno disinformazione, più coerenza.».
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