Amnesty International. Al Maschio Angioino “La camera scura” contro la pena di morte. Intervista ad Antonio Marchesi
NAPOLI – Lunedì 30 novembre è stata inaugurata al Maschio Angioino la mostra fotografica “La camera scura” di Angelo Di Pietro, realizzata nell’ambito del progetto “Sono contro la pena di morte perché…” della Sezione Italiana di Amnesty International. La mostra resterà aperta al pubblico gratuitamente fino al 10 dicembre 2015. Al vernissage della mostra erano presenti anche il Sindaco di Napoli, Luigi De Magistris; il Presidente di Amnesty International Italia, Antonio Marchesi; e l’attore Stefano Moretti.
Si è tenuta lunedì, presso la Torre del Beverello del Maschio Angioino, l’inaugurazione della mostra fotografica a sostegno dell’abolizione della pena capitale “La camera scura”. Il progetto è stato realizzato dal fotografo Angelo Di Pietro sotto la direzione artistica di Mario Vaglio, nell’ambito dell’iniziativa “Sono contro la pena di morte perché…” di Amnesty International. Le 12 foto esposte vedono ritratti 13 personaggi tra attori e attrici, sostenitori della campagna contro la pena di morte: Luca Argentero, Giulia Bevilacqua, Carolina Crescentini, Sabrina Impacciatore, Peppino Mazzotta, Giulia Michelini, Ana Caterina Morariu, Filippo Nigro, Lara Okwe, Vittorio Emanuele Propizio, Primo Reggiani, Dino Santoro e Gianmarco Tognazzi.
La realizzazione del progetto si deve alla collaborazione dello IED, Istituto Europeo di Design di Roma, al contributo della Regione Toscana, della Regione Campania e dell’Unione Europea. L’intervento del Sindaco De Magistris ha sottolineato l’importanza “che anche le comunità locali, i sindaci, i comuni, si attivino per una diplomazia dal basso che costruisca una realtà giuridica diversa”.
Di forte impatto la drammatizzazione del giovane attore Stefano Moretti, che ha dato voce e corpo alle parole di alcuni prigionieri prossimi alla pena capitale. Al riguardo abbiamo approfittato della disponibilità del Presidente di Amnesty International Italia, Antonio Marchesi, per fare qualche domanda.
Antonio Marchesi ci spiega come lavora Amnesty International per l’abolizione della pena capitale?
«In realtà il lavoro di Amnesty International sulla pena di morte è iniziato negli anni ’70 del secolo scorso e si basa su una strategia di lungo termine che ha come obiettivo ultimo l’abolizione della pena di morte o comunque, se non in maniera definitiva, avvicinarsi almeno a quell’obiettivo per passi successivi. Questi passi successivi consistono in un’azione che ha tre livelli di realizzazione: uno è quello di lavorare sui casi singoli. Il secondo è quello di rivedere le leggi che permettono che questa pena accada. Quindi Paese per Paese, lì dove è ancora prevista la pena di morte, noi cerchiamo di convincere le autorità politiche usando gli argomenti più efficaci in ciascun contesto, al fine di limitare e poi abolire la pena di morte. E poi c’è un livello che riguarda più direttamente l’iniziativa di oggi per esempio, quindi il livello culturale. Perché nessuna scelta è definitiva finché non c’è un’opinione pubblica che è convinta che la pena di morte sia una cosa aberrante, che abbia una cultura abolizionista radicata, come parte di una cultura dei Diritti umani più ampia. E noi per cercare di creare queste condizioni, che poi sono le condizioni perché non ci siano più leggi che prevedano la pena di morte e più esecuzioni capitali, lavoriamo sia sul ragionamento, quindi spiegando che la pena di morte non serve, che sul fatto che la pena di morte è irreversibile, che viene usata in modo arbitrario. Lavoriamo anche sulla sfera emotiva però. Perché il tema è anche un tema che colpisce le emozioni: infatti anche le reazioni di chi la pena di morte la vuole spesso sono poi reazioni di pancia. Non possiamo limitarci a fare i professori, spiegando perché non serve, che è discriminatoria e quant’altro, ma dobbiamo anche raccontarlo con le immagini, con le fotografie, strumenti, diciamo, di espressione artistica. Questo è un progetto che nasce qualche anno fa, è molto bello. E’ stato riproposto a Napoli per volontà degli attivisti napoletani che volevano continuare a lavorare su questo tema. Non è escluso che poi venga portato altrove. Quando una cosa riesce e continua a essere attuale noi continuiamo a utilizzarla dove ci sono le condizioni per farlo.»
Secondo i rapporti di Amnesty International, sia nel 2013 che nel 2014 sono sempre 22 Paesi che attuano regolarmente la pena di morte. Ci sono previsioni per il 2015?
«Non sono facili le previsioni. Da qualche anno si è assestato più o meno il numero dei Paesi che prevedono la pena di morte, che sono 58. Insomma non ci sono stati negli ultimi anni grandissimi sbalzi, grandi variazioni di numeri. E sono una ventina quelli che applicano effettivamente la pena di morte. Bisogna dire che di questi solo 7 o 8 in realtà sono quelli responsabili della maggior parte delle esecuzioni capitali, anche 6, dipende un po’ dagli anni. Ma comunque sono un manipolo di Paesi quelli da cui dipende quasi la totalità delle esecuzioni capitali: Iran; Iraq; Arabia Saudita; Cina, di cui non si conosce il numero, però è sicuramente in testa alla classifica; gli Stati Uniti, i cui numeri non sono altissimi, ma pur sempre rilevanti. Il trend verso l’abolizione negli ultimi 40 anni è stato notevolissimo, il che vuol dire che la nostra è stata una strategia di successo. Negli ultimi anni questi pochi Paesi stanno da soli contribuendo a un numero di esecuzioni che è alto, che non diminuisce, che in alcuni casi aumenta leggermente. E quindi da questo punto di vista è preoccupante; ma sul lungo periodo la campagna ha dato frutti straordinari».
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