Attivismo. Anche a Napoli il Nakba day, per ricordare, resistere ed esistere
NAPOLI – Sabato 15 maggio 2021, con inizio alle ore 16:00 a Napoli in Piazza Plebiscito, si terrà un presidio per l’anniversario della Nakba (Catastrofe palestinese). L’evento è promosso dal Centro Culturale Handala Ali, un’organizzazione no profit impegnata in progetti di solidarietà sociale e promozione culturale volti a narrare e a sostenere la causa palestinese. Creando valore, amore, dialogo e cercando la fine di ogni oppressione. L’evento tenterà di sensibilizzare la popolazione su quanto sta accadendo in queste ore a Gaza, sotto intenso bombardamento israeliano, e come si è arrivati a una così crudele escalation militare, con moltissime vittime civili.
Questo il testo che anticipa l’incontro di sabato: “15 maggio 1948 – 15 maggio 2021, sono trascorsi 73 anni dalla Nakba, la catastrofe palestinese. Tradendo le aspettative dei pionieri del progetto sionista, noi non abbiamo dimenticato la Nakba e crediamo non si possa capire quel che accade oggi in Palestina senza conoscere quel che è accaduto nel 1948, quando un’intera società, composta principalmente da arabi, è stata sterminata dai colonialisti inglesi e dai sionisti israeliani e sradicata dalla propria patria. Oltre 400.000 palestinesi sono stati uccisi. Ai palestinesi scampati ai massacri e alla pulizia etnica, che ora sono circa 2 milioni e costituiscono il 20% della popolazione, non è stato riconosciuto il diritto al possesso della terra e vivono sotto un regime di apartheid. Due terzi dei palestinesi, 870.000 persone, sono stati espulsi e sono diventati profughi. Oggi, con i loro discendenti, sono circa 12 milioni, sparsi in tutto il mondo.
Più del 94% della terra occupata militarmente, il 78% dei territori della Palestina storica, controllata nel 1948 dal nuovo Stato Ebraico, era terra palestinese assegnata soprattutto a ebrei in fuga dall’Europa e dall’orrore nazista, usati senza scrupoli dai sionisti, dall’Inghilterra e poi dagli Stati Uniti d’America per i loro progetti colonialisti e neo colonialisti. Oltre 500 villaggi palestinesi sono stati distrutti e ‘ripiantati’ da coloni israeliani che vi hanno costruito i kibbutz (Forma associativa volontaria di lavoratori dello stato di Israele – ndr), nati sotto Israele sulle terre palestinesi occupate nel 1948. A 73 anni di distanza, gli israeliani non hanno mai manifestato, neppure a Oslo (1993) o a Camp David (2000), il proposito di prendere in considerazione il diritto dei palestinesi al ritorno alla terra da cui sono stati espulsi, diritto riconosciuto dalle risoluzioni dell’ONU. I palestinesi continuano a vivere dal 1948 nei miserabili campi profughi di Libano, Siria, Giordania, della stessa Palestina, nei campi profughi di Gaza.
Nella guerra del 1967, i sionisti israeliani hanno occupato il restante 22% della terra palestinese, e dando seguito alle politiche colonialiste e di espansione costruiscono e programmano nuovi insediamenti, portano avanti la pulizia etnica, consolidano il sistema di apartheid e di repressione di ogni legittima forma di lotta e resistenza del popolo palestinese. Sono oltre 5.000 le prigioniere e i prigionieri politici nelle carceri israeliane. Tra questi, 140 bambini e 440 sottoposti a detenzione amministrativa, senza accuse e senza processo, soggetti a isolamento e a torture fisiche e psicologiche. Tutto questo nel pieno disprezzo del diritto internazionale e delle risoluzioni dell’ONU, che dispongono il ritiro israeliano dai territori occupati nel 1967, e nonostante l’attuale, corrotta e arrendevole leadership palestinese gli abbia offerto il 78% della Palestina storica, in cambio della pace e di un piccolo Stato palestinese, il 22% della Palestina storica, nei territori occupati nel 1967. Tutto questo sotto gli occhi del mondo e dell’ONU, che non è stato in grado di difendere il diritto internazionale e di applicare le proprie risoluzioni, grazie al sostegno degli USA allo stato d’Israele, avamposto militare al servizio della politica colonialista nella regione mediorientale, ricca di petrolio e di primaria importanza strategica. Tutto questo nel silenzio e nella complicità dei governi occidentali e dei regimi arabi alleati con gli USA, che oggi apertamente avviano rapporti di normalizzazione con l’occupazione israeliana, malgrado l’opposizione delle popolazioni che continuano a sostenere i diritti dei palestinesi. Tutto questo con la complicità dei media occidentali che tacciono i crimini contro il popolo palestinese e le violazioni dei diritti umani compiuti ogni giorno dall’occupazione israeliana.
A 73 anni dalla Nakba, noi chiediamo a tutte le associazioni, ai sindacati, ai movimenti, ai partiti, ai cittadini che hanno a cuore libertà, diritti e democrazia, di unirsi a noi nel boicottaggio del regime d’apartheid israeliano e nella lotta contro il sionismo, contro gli accordi militari con lo stato d’Israele e le guerre colonialiste che devastano il Medioriente e molte altre regioni del mondo.
A 73 anni dalla Nakba, noi vi chiediamo di sostenere questi nostri legittimi obiettivi: ritiro dai territori occupati, smantellamento delle colonie israeliane e sospensione immediata della demolizione delle case e della pulizia etnica in atto a Gerusalemme, come ad esempio nel quartiere di Sheikh Jarah; fine dell’assedio di Gaza; libertà per i prigionieri politici palestinesi nelle carceri israeliane; rispetto del diritto internazionale e applicazione delle risoluzioni dell’ONU sulla Palestina e, tra queste, la risoluzione sul diritto al ritorno dei profughi palestinesi; diritto all’autodeterminazione e nascita di uno Stato Palestinese libero, democratico, laico e sovrano, con capitale Gerusalemme.”