Campi rifugiati in Francia. Le storie dei migranti non fanno più notizia
COLUMBIA – Il Journalism Review, quotidiano della città del Sud Carolina, negli Stati Uniti d’America, è insorto, nel suo numero di ieri, contro la stampa internazionale che da qualche mese ha smesso di focalizzare la propria attenzione sull’aspetto umano legato all’emergenza rifugiati in Francia, concentrandosi solo sugli episodi di violenza a essa collegati.
Marc Herman, redattore per il Columbia Journalism Review, ha firmato un pezzo di critica nei confronti di giornalisti e reporter che hanno smesso di occuparsi dei campi per rifugiati, citando l’esempio di Calais, a Nord della Francia, che ospita il cosiddetto Jungle, un campo per migranti che nello scorso anno ha registrato dalle 4000 alle 6000 presenze. Qualche settimana fa le autorità portuali dell’English Channel avevano annunciato la demolizione del campo. Quando pochi giorni fa sono arrivati i bulldozer per radere al suolo l’area non hanno trovato che 5 giornalisti e una manciata di volontari locali, mentre buona parte degli abitanti della Jungle si era spostata, bonariamente, dalla zona invasa a un’altra area. Dunque nessuna storia eclatante da riportare.
Per Herman invece la storia c’è, eccome. E c’è ogni giorno. Calais si trova nei pressi della costa francese che dà sull’English Channel e accoglie migranti provenienti da Siria, Afghanistan, Eritrea, Sudan, Pakistan, Iraq e Iran che, dopo aver attraversato il Mediterraneo con mezzi di fortuna, cercano di arrivare in Inghilterra dove hanno parenti o dove semplicemente sperano di trovare accoglienza. Per raggiungere il Regno Unito spesso si infilano nel retro di qualche camion fermo nel traffico che si crea per imboccare il tunnel sott’acqua. Il campo non è altro che un luogo di passaggio, in attesa di cogliere la buona occasione per riuscire a entrare in Inghilterra. I migranti nei campi sono spesso descritti come un elemento di pericolo; in altri casi questi luoghi vengono dipinti come emblema della capacità dei rifugiati di vivere in totale autosufficienza e autonomia.
Ma come stiano realmente le cose lo possono testimoniare solo quei reporter che non hanno abbandonato il campo e che documentano giorno dopo giorno la vita dei migranti: “Le condizioni di vita nel campo – ha dichiarato la fotografa del Time, Shannon Jensen – hanno messo in secondo piano le storie dei migranti”. La fotoreporter, che lavora a Calais anche per il Washington Post, ha raccontato delle sensazioni riportate dai migranti che tentano di attraversare il Canale ogni notte, e ha poi dichiarato: “Sono impressionata dal fatto che pochissimi giornalisti hanno fatto il percorso dei migranti sulla costa e quasi nessuno ha provato l’esperienza dei rifugiati. E penso che sia da pazzi perché per il nostro lavoro sarebbe l’unica cosa da fare!”. La Jensen aveva vissuto quell’esperienza in ottobre, con lei era partita una donna siriana, investita poi da un’auto durante il percorso.
Ancora Herman, conclude: “Se queste storie non vengono riportate, non è per mancanza di accesso. Anzi gli abitanti della Jungle vogliono parlare con la stampa, nonostante covino i loro sospetti nei confronti dei media occidentali”. Cos’è che scoraggia quindi la stampa internazionale dal porre l’attenzione sulle storie dei migranti del campo francese? Il campo sarà probabilmente chiuso a marzo, allora forse i media internazionali torneranno a guardare la situazione con maggiore attenzione.
By Margherita Sarno