Caterina Miele: “I campi Rom, da strumento di accoglienza a segregazione e guadagno” (Parte 2 di 2)
NAPOLI – Pubblichiamo la seconda parte dell’intervista all’antropologa Caterina Miele, che nell’ambito della Giornata Internazionale dei Rom ha presentato alla Feltrinelli di Napoli due documentari in qualità di rappresentante dell’associazione Osservazione, che ha promosso il progetto e il film “Fuori Campo”. Nell’articolo precedente, la prima parte dell’intervista, abbiamo introdotto l’argomento dei campi nomadi in Italia.
Dr.ssa Miele, come nascono i campi rom in Italia?
«È successo, in Italia, in mancanza di una legge sull’asilo politico e di strumenti di accoglienza adeguati. Quello che doveva essere uno strumento di accoglienza si è trasformato in uno strumento di segregazione, di controllo e di guadagno. I Rom rinchiusi nei campi sono perseguitati dal razzismo istituzionale e dall’ostilità della gente.»
Qual è la situazione in Europa?
«La discriminazione non riguarda solo l’Italia. Siamo famosi come ‘il paese dei campi’, ma la tendenza alla discriminazione e alla ghettizzazione è una cosa che riguarda anche gli altri Paesi europei.»
Perché non vanno via?
«Non è vero che non vanno via, molti lo fanno definitivamente, altri vanno e vengono, come quelli provenienti dalla Romania che vengono qui a lavorare ma poi tornano in Romania, dove magari stanno costruendo una casa. Questo sarebbe un percorso migratorio normale, ma in Italia le condizioni sono più dure perché c’è maggiore discriminazione nei loro confronti. Una forma di nomadismo persiste nel fatto che i Rom, come e più di altri migranti, fanno molto affidamento alle reti.»
In che senso?
«Molti di loro hanno famiglie sparse in tutta Europa e fanno affidamento su queste reti per spostarsi a seconda della situazione economica del singolo Paese. Molte delle famiglie che abbiamo intervistato hanno detto che, pur avendo qui un lavoro, volevano trasferirsi in Germania per non fronteggiare più questa situazione critica.»
Esiste una soluzione favorevole a tutti?
«Spero che questi cortometraggi servano come riflessione sullo strumento dell’abitare, di quanto sia difficile per certe categorie accedere a certi diritti che riteniamo basilari. La questione dell’accesso alle case popolari non riguarda solo i Rom ma, per esempio, a Napoli anche le persone che abitano nei bassi. Magari la crisi può aiutarci, costringerci a ripensare il nostro modello sociale.».
La Dr.ssa Miele ha anche affermato che l’Amministrazione comunale vuole trasformare il campo nomadi di Cupa Perillo di Scampia in un ‘parco Rom’, utilizzando Fondi Strutturali UE. Si vogliono cioè costruire strutture murarie provvisorie nonostante la sussistenza di diversi problemi: non si possono utilizzare fondi europei per costruire strutture segreganti; queste strutture inoltre non consentirebbero agli abitanti di ottenere permessi di soggiorno, che sono rilasciati solo a chi dimostra di aver abitato per un certo tempo in abitazioni che rispettano alcuni standard minimi, come la quadratura per esempio, standard che queste strutture abitative non avrebbero. I tempi poi sono strettissimi: i fondi dovrebbero essere spesi entro il 2015 e il progetto è ancora in alto mare.
By Riccardo Bruno