Clown terapia. Intervista a Olshansky: “Italia unico Paese che non ha chiaro il nostro ruolo!”
AVERSA – In occasione della rappresentazione dello spettacolo Strange Games al Nostos Teatro di Aversa, in provincia di Caserta, abbiamo incontrato e intervistato Vladimir Olshansky, clown-attore russo di fama internazionale, guest star del Cirque du Soleil e fondatore della compagnia di clown-teatro Litsedei con il celebre Slava Polunin.
Vladimir Olshansky, cosa significa essere un “clown attore”?
«L’attore sente dentro sé di essere tale, è un talento naturale, così come lo è la capacità di far ridere, di portare buon umore. Il clown attore è un attore che ha queste doti naturali. Attraverso il laboratorio che sto tenendo anche qui ad Aversa (Presso il Nostos Teatro – ndr), aiuto gli attori che partecipano a tirare fuori le loro capacità, in un percorso di pantomima, teatro di parola e tecniche di clownerie. In questi laboratori, attraverso gli esercizi, si può capire se l’attore ha delle qualità peculiari, come il senso di umanità, che non è possibile apprendere né insegnare».
Tra le sue note biografiche leggiamo del suo avvicinamento alla clown-terapia avvenuto negli USA. Vuole parlarcene?
«Va detto che il termine “clown-terapia” è spesso al centro di un vortice confusionario. Molti credono che mettersi un naso rosso e intrattenere dei pazienti sia fare clown terapia. In quel caso parliamo di volontari, persone che fanno un servizio amatoriale. Bisognerebbe introdurre un nuovo termine per definire questi ‘amatoriali’. La clown terapia è esercitata da professionisti, persone con una competenza solida e delle capacità sviluppate con lo studio e l’esperienza. Il pubblico non è abituato a questa distinzione, così come molte volte è lo stesso staff ospedaliero a non saper distinguere il professionista dall’amatore. A New York sono entrato nel team di Michael Christensen, nell’Unità di Cura del Big Apple Circus. Il mio maestro diceva “Le persone che soffrono meritano il meglio che possiamo dargli”. E con questa filosofia, vent’anni fa ho fondato il Soccorso-Clown, che forma le figure professionali di clown-ospedalieri: professionisti che hanno in sé le competenze degli operatori del circo e del teatro e che lavorano nell’ambito ospedaliero».
Quanto è importante il coinvolgimento emotivo in questa professione?
«Siamo professionisti dello spettacolo, è giusto avere umanità ed empatia, ma siamo prima di tutto professionisti. In genere preferiamo insegnare a persone che hanno già un’esperienza come attore o come clown o come comico. La formazione della figura si basa su tre passaggi fondamentali: attore, attore comico, attore-clown. Un’evoluzione che culmina con il raggiungimento della figura di clown ospedaliero, che utilizza le competenze artistiche acquisite dall’arte teatrale e dall’arte circense».
Ci sono casi in cui si dimentica la professionalità e ci si lascia trasportare dalla storia di un paziente?
«In realtà noi facciamo anche incontri con gli psicologi per evitare di portarci dietro le ‘tristezze’ che vediamo sul lavoro. Cerchiamo di essere gentili con i pazienti, di rispettare la malattia, ma non ci possiamo far coinvolgere. La cura spetta al personale medico, noi a volte non conosciamo nemmeno le storie dei pazienti. Li vediamo durante uno spettacolo che può durare un minuto o un quarto d’ora. Non siamo tenuti a conoscere i dettagli della patologia, il nostro lavoro è fare una ‘differenza emotiva’».
Lei viene da un ambiente internazionale, come pensa sia trattata la tematica della terapia del sorriso in Italia?
«Questo è l’unico Paese in Europa che non ha ben chiaro il ruolo della clown terapia. Non vi è una grande considerazione della formazione della figura professionale. Si figuri che in molte strutture ospedaliere italiane è lo psicologo che forma i volontari e questo non è lecito. La psicologia è parte di questo lavoro, ma poi manca la parte dell’acting. Anche per le sovvenzioni, siamo molto indietro in Italia rispetto ad altri paesi europei».
Sta girando l’Italia con il suo spettacolo Strange Games, un’armonica melodia di comicità e poesia. Dove la rivedremo prossimamente?
«Sarò a Spoleto il 19 e 20 dicembre, a La Mama Umbria International Bazzano con la compagnia teatrale Olshansky Art de la Joie».
By Margherita Sarno