Cultura. Intervista a Mauro Giancaspro sulla tutela dei beni culturali
NAPOLI – Nella splendida location del Teatro Augusteo abbiamo incontrato Mauro Giancaspro. La sua è una vita trascorsa tra i volumi della Biblioteca nazionale e a tutela del patrimonio culturale italiano. L’autore ha risposto alle nostre domande riguardo la scandalosa situazione nella quale vertono i fratelli Berardi, i coraggiosi fratelli che denunciarono il saccheggio dei volumi di importanza storica della Biblioteca dei Girolamini. Nonostante il loro gesto, che gli è valsa anche la Medaglia di Cavalieri della Repubblica Italiana, ai fratelli Berardi oggi non è garantita nemmeno una pensione dignitosa. Di questo e altro abbiamo parlato con Mauro Giancaspro, che ha risposto a domande anche sui beni culturali napoletani e sulle conseguenti vicende giudiziarie che hanno investito la Biblioteca dei Girolamini.
Qual è stata la sua reazione quando ha saputo che i fratelli Berardi andranno in pensione con soli 500 euro al mese?
«È quasi una pensione sociale. Questo è un problema particolarmente complesso: loro hanno lavorato per anni nella Biblioteca dei Girolamini, da quando erano ragazzi. Quella biblioteca, come quelle di Cava dei Tirreni, Cassino, Grotta Ferrata ad esempio, sono le biblioteche annesse ai monumenti nazionali, che sono diventate demaniali dopo la soppressione degli ordini monastici, nel 1866. La cosa valse anche per i Girolamini, pur non essendo un ordine monastico. Il Ministero dei Beni Culturali eroga naturalmente dei finanziamenti per la biblioteca, compreso la retribuzione degli impiegati. Dopo lo scandalo dei volumi rubati, la congregazione dei Girolamini si spostò da Napoli. Quindi, per un certo periodo, i Berardi hanno ottenuto il pagamento degli stipendi grazie a un’agenzia di somministrazione del lavoro. Sono poi però state riscontate una serie di mancanze di retribuzione, delle quali ancora non si conosce il responsabile, e ora rischiano una pensione irrisoria, il che è scandaloso dato che i Berardi hanno avuto un ruolo sostanziale e decisivo nello smascherare l’attività illecita di De Caro».
Potranno usufruire della legge Bacchelli, un fondo a favore di cittadini illustri che versino in stato di particolare necessità?
«Quello che è certo è che ci vuole una volontà politica per risolvere la situazione, per dare a queste due persone, che si sono così tanto esposte, ciò che meritano. Il problema è che si tratta solo di due persone: se ne fossero state 2mila, ad esempio, una legge la si troverebbe. In due invece, non hanno modo di far valere le proprie ragioni».
I volumi saccheggiati da De Caro, ex direttore della Biblioteca dei Girolamini, sono tornati al loro posto?
«Molti dei libri, sui quali è ancora in corso un’attività giudiziaria, sono stati recuperati. Sia la Magistratura che il Nucleo di tutela del patrimonio artistico dei Carabinieri di Napoli e Roma sono stati particolarmente efficienti e tempestivi. Alcuni libri sono stati recuperati presso alcune case d’aste prima che potessero essere venduti. I libri sono stati trovati in tutta Italia, questo perché i libri antichi sono considerati beni d’investimento, ma non è nulla di nuovo: volumi così importanti anche nell’antichità si spostavano velocemente proprio per il loro valore intrinseco».
Ci parla dell’Associazione Amici della Biblioteca Statale Oratoriana dei Girolamini di Napoli?
«L’associazione è nata per supportare l’attività della biblioteca e soprattutto per cercare di raccogliere i fondi necessari per poter intervenire sui volumi che necessitano di restauro e per riportare la biblioteca al centro della vita culturale, togliendola dal suo isolamento. È nata ormai più di un anno fa, ma è stata messa nelle condizioni di non poter operare, poiché è stata vista come un’organizzazione che dà fastidio, ma non è così: lo scopo è quello di aiutare la biblioteca. Biblioteca della quale io sono stato direttore ad interim per un paio d’anni, e poi custode giudiziario».
Gerardo Marotta ebbe l’autorizzazione a collocare nella biblioteca molti volumi e a svolgere attività legate alla filosofia, ma il progetto non andò in porto a causa del terremoto del 1980. Crede che la biblioteca, sotto la guida di Marotta, avrebbe evitato il saccheggio?
«A Marotta si deve la rivalutazione di quest’immagine della Napoli che studia: una Napoli della cultura, che studia filosofia, una Napoli della ricerca bibliografica, della ricerca scientifica, e a quest’immagine ha contribuito anche l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, creato proprio da Marotta. Se Marotta avesse realmente insediato i volumi della sua biblioteca personale in quella dei Girolamini, probabilmente lo scempio dei libri non ci sarebbe stato, poiché la maggior difesa di una biblioteca è quello di essere frequentata. Le biblioteche chiuse diventano vulnerabili».
I beni culturali di Napoli sono patrimonio mondiale. Perché in Italia non se ne occupano a dovere?
«In Italia la storia dei beni culturali è quasi paradossale: si ripete in continuazione che i beni culturali sono il nostro petrolio, la nostra ricchezza, ma non vengono stanziati i fondi necessari per la loro manutenzione e per il personale di cui avrebbero bisogno. I musei, le biblioteche hanno un compito sostanzialmente educativo, come disse Paolucci, ex direttore dei Musei Vaticani. La vera ricchezza è l’indotto economico che i musei creano grazie al turismo. Quello che deve cambiare è la mentalità, eliminando questa commercializzazione a tutti i costi dei beni culturali. I beni culturali hanno una funzione pedagogica, una funzione turistica, e sicuramente una funzione di volano dell’economia».
Nei suoi anni di direzione della Biblioteca Nazionale, come ha fatto fronte alla mancanza di fondi e alla mancanza di personale?
«La battaglia per i fondi è sempre stata durissima: pensi che al mio secondo giorno di direzione tagliarono il telefono e nel corso degli anni gli impiegati da 400 diminuirono a 200. Adesso pare che le cose diventino sempre più difficili, perché la volontà politica è quella di destinare una percentuale sempre più bassa ai beni culturali. E ritengo che questa sia una cosa scandalosa».
Oggi chi frequenta le biblioteche?
«A frequentare la biblioteca molto spesso sono universitari che vengono a studiare. Ora le biblioteche sono a rischio sopravvivenza, perché ormai la rete può fornire qualsiasi informazione o notizia desiderata. Ma le biblioteche vanno frequentate perché sono centro di animazione culturale, aggregazione e condivisione. È un luogo dello stare insieme».
L’opposto di internet insomma, ma ritiene si possano riavvicinare le persone alla cultura e alla lettura?
«Internet favorisce una fruizione differente della lettura. Quella di oggi è una lettura superficiale, fatta da link e collegamenti, è un modo diverso di leggere. La rete è senza dubbio utile perché fornisce tutte le informazioni, ma tende a farci isolare. Ma soprattutto la rete ha dei ritmi molto, troppo veloci, che impediscono la riflessione. La lettura tradizionale, quella cartacea, invece permette di fermarsi a riflettere, per non restare più sulla superficie, ma per penetrare e immergersi nei significati profondi di ciò che si legge. Questo tipo di lettura va incentivata, altrimenti l’uomo rischia di diventare una monade (Entità unitaria, semplice, indivisibile – ndr), non avendo più bisogno di legami perché tutte le informazioni che desidera le può facilmente ottenere dalla rete. Ma sia su carta che on line, si legge comunque molto, grazie anche ai nuovi mezzi che consentono di scaricare gli e-book».
By Ilaria D’Alessandro