Economia. Le relazioni Italia-Russia nell’intervista a Rosario Alessandrello
ROMA – La vittoria del partito di Vladimir Putin, Russia Unita, alle votazioni per il rinnovamento della Duma, ha confermato la stabilità del governo del presidente Putin e del relativo indirizzo di politica economica. Tuttavia, il prolungamento delle sanzioni, avallate dagli Stati Uniti e ratificate dalle principali nazioni occidentali, limita fortemente gli interscambi tra Russia ed Europa, con relative perdite per le rispettive imprese di decine di miliardi di euro.
Il paese più colpito dalle ripercussioni negative delle sanzioni è l’Italia, che secondo i dati riportati dall’ufficio studi della Cgia avrebbe perso ben 3,6 miliardi di euro dall’introduzione delle sanzioni nel 2014 ad oggi. Al riguardo, abbiamo contattato il Cav. Rosario Alessandrello, presidente della Fondazione “Centro per lo sviluppo dei rapporti Italia Russia”, per rivolgergli le nostre domande.
Qual è lo stato delle relazioni tra Italia e Russia?
«Le relazioni sostanzialmente sono buone. Ci sono molti colloqui diretti tra i vertici, e in molte occasioni Putin e Renzi si sono potuti incontrare per discutere. Basti pensare al foro di San Pietroburgo, tenutosi in giugno, dove l’Italia ha occupato uno spazio considerevole nei rapporti con la Russia.
Oggigiorno, dunque, il problema non riguarda le relazioni bilaterali tra Italia e Russia, poiché in tutti gli organismi diplomatici ufficiali l’Italia ha sempre assunto una posizione critica rispetto alle sanzioni. E i Russi di questo ne sono consapevoli.»
A due anni dall’imposizione delle sanzioni, quali sono le ripercussioni sull’economia russa e italiana?
«I principali settori italiani, che ancora riescono a resistere egregiamente alle conseguenze negative delle sanzioni, sono la meccanica, il settore dei semilavorati e i beni di lusso.
Nel campo alimentare, l’Italia è stata molto colpita in via indiretta perché le sanzioni in questione non riguardano soltanto i settori ufficialmente sanzionati, bensì anche quelli che non lo sono. L’embargo alimentare, che è in vigore dall’agosto del 2014, è uno dei più importanti insieme a quello meccanico e chimico. Tuttavia, da parte della Russia tale limitazione è stata compensata dalla sostituzione di prodotti provenienti da altri paesi.
Tale sostituzione in futuro potrebbe riservare spiacevoli ripercussioni ai settori italiani, perché a seguito dell’eventuale e tardiva cessazione delle sanzioni, non sarà più possibile il ritorno alla precedente situazione pre sanzionatoria, sia dal punto di vista economico che politico.
Una volta che i consumatori russi si saranno definitivamente abituati ai nuovi prodotti, sarà difficile ritornare alle vecchie abitudini di consumo. Ribadiamo che molti dei prodotti non sanzionati subiscono le conseguenze negative delle sanzioni, la cosa che più ci preme in questo momento è un ripensamento delle logiche dei mercati finanziari nazionali nei confronti dei mercati esteri.»
L’Italia possiede ancora le potenzialità per ricollocarsi tra i partner privilegiati della Russia?
«Un dato positivo è che l’Italia in questo momento si sta difendendo. Mentre in passato per difendere i mercati nazionali non faceva altro che limitare i propri investimenti adagiandosi sulle esportazioni, oggigiorno, e per via di alcuni motivi molto importanti, le sanzioni hanno costretto molti italiani e molte imprese italiane a produrre in Russia, specialmente in campo agroalimentare, settore nel quale l’Italia possiede tecnologie e qualità molto richieste dal mercato russo e dal consumatore russo.
Ciò tuttavia potrebbe portare a uno scompenso: una volta che saranno terminate le sanzioni, quelle società che producono in Russia, continueranno a farlo, con tutto quello che ne segue, arrecando così scompensi irreparabili al mercato italiano.»