Europa: piccolo passo verso un’economia etica
BRUXELLES – E’ possibile un’economia etica, che ritenga prioritaria la vita delle persone e non gli interessi delle multinazionali? Forse in questa direzione è stato fatto un piccolo passo: il Parlamento europeo infatti, il 20 maggio ha approvato in seduta plenaria, con 400 voti favorevoli, 285 contrari e 7 astenuti, l’obbligo della tracciabilità non solo delle raffinerie, ma di tutta la filiera di quei minerali conosciuti come “minerali insanguinati” quali il tantalio, il coltan, il tungsteno, l’oro, lo stagno, dalla loro forma grezza fino al prodotto finale, minerali che vengono estratti in paesi come il Congo e la Regione dei grandi laghi, ed estratti in zone di conflitto militare sotto il controllo di bande armate.
Questi minerali sono usati nell’industria della telefonia, nella componentistica dei computer e in quella degli aerei. Con i proventi della loro estrazione e dunque la vendita, vengono finanziate le guerre lì dove i principali interlocutori delle multinazioneli sono i famigerati “signori dlla guerra”. In quei Paesi, oltre allo sfruttamento abusivo di risorse minerarie, sono violati i diritti umani delle popolazioni residenti: interi villaggi vengono distrutti per dare spazio alle miniere, e ciò che potrebbe essere un’opportunità di sviluppo si trasforma invece in un inferno.
In queste miniere spesso si scava a mani nude, come manodopera anche bambini di 7 anni, che a causa delle radiazioni sviluppano durante la crescita malattie al sistema linfatico, che ne causa la morte. Ora con questo regolamento le aziende europee, circa 800mila, saranno obbligate a certificare la provenienza dei materiali immessi in commercio con il marchio “conflict free”. Al riguardo i 28 Stati membri si impegnaranno a controllare sugli acquisti responsabili da parte delle aziende, per porre fine allo sfruttamento abusivo delle risorse minerarie con conseguente sfruttamento del lavoro minorile e violazione dei diritti umani.
Nel 2014, anche colossi come la Apple hanno avviato un’operazione di trasparenza per controllare periodicamente la provenienza dei materiali, registrando le catene dei fornitori con la certificazione “conflict free”. Alcune associazioni, in tutto 119, tra le quali Amnesty International e ActionAid, hanno inviato una petizione affinchè la Commissione europea elimini l’opzione su base volontaria che certifichi l’approviggionamento dei minerali, obbligando la Commissione per il commercio del Parlamento Europeo a imporre invece i requisiti in maniera obbligatoria. Ora si aspetta la risposta degli stati membri, che saranno chiamati a esprimersi sugli emendamenti.