Fotoreportage. Oceanus: “Disastro Sannio può ripetersi in qualsiasi momento!” (Parte 2 di 2)

SOLOPACA – Insieme a Ferdinando Palmers dell’associazione Oceanus, siamo andati nel Sannio alla ricerca delle vere cause del recente  disastro. A Solopaca abbiamo verificato con i nostri occhi che la causa principale non è stata l’esondazione del fiume Calore. Dunque alla ricerca dell’origine del mare di fango il nostro viaggio è continuato verso il Taburno, inerpicandoci lungo i tornanti della montagna, dove le case sono rade e i vigneti sembrano oasi colorate tra il verde che ricopre i fianchi rocciosi.

Raggiunta la località Vallone Saucolo, sempre nei pressi di Solopaca, dopo l’ennesimo tornante, da un lato della strada spunta improvvisamente un cumulo imponente di rocce e detriti, chiaramente artificiale.

E questo?

«È materiale di risulta» risponde Palmers

 La strada che abbiamo percorso costeggiava uno dei canaloni di cui abbiamo visto lo ‘sbocco’ a Solopaca. E’ pieno di detriti. C’è anche una casa costruita sulla riva di questo canalone, quasi sicuramente abusiva. Ai lati e dentro il canalone, quasi completamente invaso dai detriti rocciosi, stava lavorando una sola escavatrice, affannandosi per ammassare i detriti ai lati dello stesso, così formando due alti terrapieni di cui quello esterno invadeva la carreggiata. Il canalone si è rivelato essere il letto di un fiume, profondo diversi metri.

Abbiamo risalito il canalone con lo sguardo fin sopra la montagna, in prossimità della quale è scavalcato da un ponticello. Man mano che ci avvicinavamo al punto di origine l’ostruzione era sempre più massiccia.

Ci siamo avvicinati al manovratore dell’escavatrice, un vecchio operaio che indossava un giubbino stinto e liso: il viso e le sue mani erano usurate dalle intemperie. L’uomo ci conferma che il grosso, il mare di fango e i detriti, è venuto giù dalla montagna, non dall’esondazione del Calore.

Perché i media non l’hanno detto? Dove sono le escavatrici dell’Esercito e della Protezione Civile?

L’uomo non risponde, fa spallucce e riprende a lavorare.

Abbiamo parcheggiato l’auto sul ponticello. Siamo scesi per proseguire a piedi verso il canalone, dentro il canalone, verso il suo punto d’origine: una gola tra i monti.

«Questa è una delle ‘briglie’ che ti dicevo la volta scorsa. Forse sono di origine borbonica, si tratta di opere in muratura ad arco, e quindi più resistenti, che venivano costruite di traverso il corso del canale per far defluire le acque dalle montagne. L’invaso che ne risultava alle spalle funzionava da vasca di decantazione per le acque. I detriti restavano dietro il muro e le acque scorrevano filtrate dai fori, ora completamente ostruiti»

Palmers ci ha mostrato che in quel breve tratto, di poche centinaia di metri dalla escavatrice fino alla gola stretta, c’erano diverse ‘briglie’, tutti filtri: lungo il canalone, dalla massa di rocce e fango solido, abbiamo visto affiorare diversi monconi di muri in roccia spezzati, almeno 5 in 300 metri.

«Ognuna di queste briglie aveva la funzione di filtrare l’acqua che, attraverso quella gola, proveniva dalla montagna.» afferma Palmers

Cosa è successo?

«Anticamente, gli invasi alle spalle delle murature, d’estate venivano ripulite, svuotate dei sassi e dei detriti accumulatisi durante l’inverno, per mantenere il sistema in efficienza. Ma da anni non si fa più.»

Perché?

«Le solite leggi ‘ambientaliste’ di cui parlavamo la scorsa volta, che sottopongono montagne come queste a vincoli totali, impedendo ogni tipo di intervento. Leggi che impediscono anche di ripulire il letto dei fiumi, che poi straripano. In questi invasi, dietro le murature, i detriti si accumulano, e quando viene un’alluvione, un’ondata d’acqua più grossa com’è successo qui, a causa dell’occlusione completa dei fori di sfiatamento la ‘briglia’ salta, scoppia, e come in un domino saltano tutte, una dopo l’altra. E il mare di fango arriva direttamente in paese!»

Dunque l’esondazione del Calore non è stata la causa principale dei danni, ma il nostro giro non è finito. Siamo andati anche a Benevento, perché pure in città se la sono vista brutta: a ottobre ha piovuto per giorni e giorni, ma lì il fiume Calore non è esondato. Ci siamo recati al Ponte Vanvitelli, in centro città, che scavalca il Calore ormai dalle acque torbide: qui il fiume non poteva esondare perché le murate di argine sono alte decine di metri. Il letto del Calore è profondo, ma non come dovrebbe.

«Vedete quegli ammassi di detriti, quei banchi rocciosi che affiorano in mezzo al fiume? Non ci dovrebbero essere»

Perché sono lì?

«Si sono accumulati negli anni perché la Legge rende difficile pulire i letti dei fiumi»

Qua gli argini sono alti. Ma a Solopaca, dove stanno ancora scavando il fango, dove stanno ancora svuotando i canaloni di deflusso dai detriti?

«Siamo in inverno, se ci fosse un’altra pioggia come quella del mese scorso sarebbe un’altra catastrofe!».

By Riccardo Bruno

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