Il racconto dell’Indonesia attraverso il libro di Elizabeth Pisani
NAPOLI – Siamo felici di offrire ai nostri lettori la recensione del libro “Indonesia ecc.”, della scrittrice Elizabeth Pisani, pubblicato dalla casa editrice torinese ADD. Nel suo libro, in 400 pagine Elizabeth Pisani racconta la storia d’amore con il suo ‘uomo sbagliato’, la sua Indonesia, che dura da oltre venti anni. Perché, come lei stessa afferma, “con gli uomini sbagliati sai benissimo che finirà tutto in lacrime, eppure non ne hai mai abbastanza”, e poco importa se questo “abbastanza” dura da ormai oltre vent’anni.
Il suo viaggio, il primo, l’autrice lo intraprende nel 1988 per conto dell’agenzia di stampa Reuters, passando circa un anno a girovagare per l’arcipelago indonesiano. Durante questo tempo è introdotta in un nuovo mondo, una nuova cultura e nuove consuetudini, che prevedono anche la tradizione di prendere il tè con un’anziana nonnina, purtroppo morta il giorno prima. Perché l’Indonesia è anche questo, oltre che un Paese alle prese con le sue mille e più contraddizioni e con gli “ecc.”, gli et cetera riportati nel lontano 1945 con la dichiarazione di indipendenza dai coloni olandesi, che avevano assediato e prosciugato l’isola per secoli.
Elizabeth Pisani, l’autrice di questo interessante e inusuale racconto, si districa durante il suo recente viaggio riportando le esperienze fatte con numerosi gruppi etnici e altrettante lingue, un tour che l’ha portata da Lombok a Jakarta, poi a Sumatra e attraverso il resto dell’arcipelago indonesiano, passando anche per i piccoli villaggi dove vige l’imperativo della collaborazione, dell’ospitalità e del rispetto reciproco. La stessa autrice racconta di essere stata accolta in casa delle cosiddette Ibu, madri, signore e matriarche, cardini dei clan familiari, come fosse stata una di loro: si è seduta alla stessa tavola, ha piantato semi che poi hanno germogliato, ha dormito nella stessa casa, ha partecipato alle cerimonie religiose, a quelle formali e a quelle informali, ha tenuto persino corsi di inglese nelle scuole. Quando la salutavano chiedendole “Dari mana?” (da dove vieni?), lei non rispondeva, al posto suo le signore del villaggio raccontavano la sua storia: il rapporto instaurato era diventato strettissimo, quasi familiare.
L’autrice si è anche misurata con la grandezza delle metropoli indonesiane, cresciute molto velocemente, che ospitano grattacieli di mastodontiche altezze, e poi le file chilometriche di traffico, gli uffici efficienti, e le amicizie strette nelle più improbabili delle situazioni, attorno a una cappa di caos frenetico, dettato dalle leggi di queste nuove realtà urbane sorte quasi dal nulla.
Ha viaggiato molto l’autrice del testo. Si era abituata alla ‘normalità’ offerta da un posto straordinario come l’Indonesia, dove anche l’attesa di un traghetto, in ritardo di ben 18 ore, è stata un’occasione per guardarsi intorno e cogliere altri mondi e altre vite di un Paese che non si potrà mai conoscere fino in fondo, perché proprio come ‘l’uomo sbagliato’ non lascia scoprire mai abbastanza di sé, nonostante i difetti e le contraddizioni.
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