Lavoro. Ancora troppi incidenti mortali
ROMA – Secondo i dati INAIL, gli incidenti sul lavoro in Italia, nel 2017, sarebbero aumentati del + 1,3 %, per quanto riguarda gli infortuni; e del + 5,2% per i decessi sul lavoro, rispetto al 2016. Ma sfuggono alle statistiche nazionali circa il 35 – 40 % delle morti su lavoro, le cosidette morti invisibili, a causa del lavoro nero.
L’aumento degli infortuni sul lavoro può essere ricondotto a tante cause, tra le più rilevanti c’è la mancata attuazione del Testo Unico (d.lgs 81/200) che disciplina il sistema di qualificazione delle imprese, la formazione in materia di sicurezza e la sorveglianza sanitaria dei lavoratori. Spesso il motivo è economico e burocratico: le piccole aziende, soprattutto quelle in crisi, schiacciate dall’eccessiva pressione fiscale e dalla burocrazia, sono costrette a investire sempre meno in sicurezza e prevenzione. Inoltre l’aumento delle ore lavorative, spesso oltre le 8 ore previste dallo Statuto dei lavoratori; e l’aumento dell’età pensionabile da 60 a 67 anni, inciderebbe sulla qualità del lavoro e sulla produttività del lavoratore. Infine, la crescita occupazionale, dovuta a una piccola ripresa del mercato del lavoro, implica statisticamente una maggiore probabilità di infortuni e malattie professionali, anche se quest’ultime, in controtendenza nel 2018, scendono a – 3,6% rispetto l’anno precedente, mentre aumentano le malattie del tessuto connettivo, quello nervoso e osteo-muscolare. Infine a incidere spesso è anche la questione culturale italiana, poco interessata alle politiche di prevenzione, almeno fino al dramma che distrugge intere famiglie o alla multa salatissima per il mancato rispetto delle norme di sicurezza sul lavoro. Al riguardo abbiamo raccolto la testimonianza di Angela Maria Petricca, sorella dell’operaio Giuliano Petricca, deceduto a soli 33 anni in data 30 giugno 1989, lavorando alla costruzione della galleria in Via Valle Aurelia, a Roma, struttura che restò in funzione solo la settimana del campionato mondiale di calcio Italia ’90, poi riaperta nel 2016: Petricca Giuliano era operaio scavatorista, si trovava all’interno della sua vettura da scavo quando si è ribaltata. Il procedimento penale, nei confronti della società appaltatrice, si chiuse definitivamente nel 1990, con un risarcimento economico a favore della vedova Petricca di soli 50 milioni di lire.
Cosa accadde quel giorno?
«Stava lavorando con la ditta “An.Fer” di Roma, che aveva ricevuto l’appalto per costruire la galleria in vista dei Mondiali del 90′. Erano circa le 09:00 del mattino, si trovava all’interno della ruspa in Via Damiano Chiesa: improvvisamente la sua vettura ha urtato contro qualcosa, non è mai stato chiarito cosa, è si capovolta; lui è fuoriuscito dall’abitacolo ed è rimasto schiacciato dal mezzo. Durante il processo è emerso che la porta dell’abitacolo della vettura era già aperta, questo avrebbe ‘permesso’ al corpo di mio fratello di schizzare fuori dal veicolo ed essere travolto.».
Perché era aperta quella porta?
«Processualmente il caso è stato archiviato come errore umano, ma qual è la verità? Perché i colleghi di Giuliano non hanno saputo chiarire la dinamica dell’incidente? Giuliano una settimana prima aveva lasciato quel lavoro, mi disse che temeva per la sua vita, mi diceva: “troppa poca sicurezza per una manciata di spicci”. Ma aveva una moglie e un figlio, e dopo che la ditta aveva aumentato il suo stipendio a un milione di lire, aveva accettato di ritornare».
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