Libri. Antonio Mattone racconta le carceri in “E adesso la palla passa a me”
NAPOLI – Giovedì 10 maggio alle ore 17:00, presso la sede della “Fondazione Premio Napoli” al Palazzo Reale, si è tenuta la presentazione del libro “E adesso la palla passa a me” di Antonio Mattone, per Guida Editori, una raccolta di articoli e riflessioni dell’autore sullo stato del mondo penitenziario italiano negli ultimi dieci anni.
Antonio Mattone è nato e vive a Napoli, fin da giovane è impegnato nella comunità di Sant’Egidio. Nel luglio del 2006 inizia a frequentare il carcere di Poggioreale scoprendo un mondo sconosciuto, spesso di avvilimento, in cui “la vita odora di vita e allo stesso tempo puzza di morte” come racconta nel suo libro. Nel corso della sua decennale esperienza di volontario a Poggioreale ha raccolto le storie dei detenuti, diventando per loro un volto amico a cui rivelare le sofferenze dovute alla detenzione, ma anche le loro speranze. Nel tempo ha frequentato molte carceri italiane, pubblicato articoli su “Il Mattino”, conosciuto le zone d’ombra del sistema penitenziario italiano interrogandosi sull’efficacia del sistema vigente nel promuovere i diritti dei detenuti e il loro reinserimento sociale.
L’incontro, moderato dal presidente della fondazione Domenico Ciruzzi, è stato l’occasione per un vivace dibattito tra i relatori sulla situazione carceraria del Paese, descritta con passione nelle pagine di Mattone.
“Il libro è un pugno nello stomaco, viene descritta un po’ la politica del nostro tempo: una situazione di sovraffollamento che certi governi hanno risolto con l’amnistia e l’indulto, generando paura nella società e inaugurando una stagione di inasprimento delle pene”, ha affermato Alfredo Contieri, vicepresidente della fondazione.
Mattone nel suo libro ricorda l’effetto boomerang della concessione dell’indulto nel 2006, un provvedimento che alleggerì temporaneamente le carceri, seguito da interventi legislativi rigorosi che ebbero l’effetto contrario: la legge Ex-Cirielli, la Bossi-Fini, la Fini-Giovanardi.
Nel 2010 il sovraffollamento raggiunse la cifra record nella storia repubblicana italiana di 68.627 detenuti, 3.000 presenze solo a Poggioreale nel 2012, dati che pongono domande riguardo all’efficacia del sistema penitenziario nel promuovere la finalità rieducativa abbassando il tasso di recidiva. Una pagina dopo l’altra vengono analizzati i problemi del sovraffollamento, la forte presenza degli stranieri, le detenute madri, la precarietà delle condizioni igienico-sanitarie, i malati psichici, i suicidi di detenuti e di personale penitenziario, l’insufficienza di educatori e psicologi in alcuni istituti, l’offerta limitata di percorsi rieducativi: un intreccio di problematiche osservate in dieci anni dall’autore nel carcere di Poggioreale e in altri istituti penitenziari italiani, una descrizione cruda che non offusca il riconoscimento dell’autore sui miglioramenti compiuti dopo la condanna dell’8 gennaio 2013 della CEDU (Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma nel 1950 – ndr) contro l’Italia, per aver sottoposto i detenuti a trattamenti inumani e degradanti. Tuttavia, durante l’incontro l’autore ha espresso tutta la sua amarezza per l’impasse in Parlamento della riforma penitenziaria, avendo partecipato agli Stati Generali dell’esecuzione penale conclusisi nel 2016.
Alla conclusione dell’incontro abbiamo rivolto alcune domande all’autore:
“E adesso la palla passa a me”, perché questo titolo?
«E’ una frase di Alessandro, un detenuto che ho conosciuto a Poggioreale: durante una rapina in una tabaccheria il suo complice venne ucciso in uno scontro a fuoco con la polizia, mentre lui fu ferito a una gamba. Alessandro è un buon giocatore di pallone, dopo un anno riuscimmo a farlo operare e pronunciò questa frase, desideroso di riprendersi la sua vita in mano: l’unica strada per cambiare i detenuti e rendere la società più sicura è quella di responsabilizzarli e accompagnarli, è una strada difficile, ma è l’unica che conosco.»
Quali criticità sono emerse al tavolo degli Stati Generali dell’esecuzione penale?
«Sono emerse due scuole di pensiero: una sostiene la durezza del carcere, e un’altra crede in un carcere aperto che introduca energie positive. Agli Stati Generali è prevalsa la posizione positiva, peccato che la riforma sia in una situazione di stallo in Parlamento.»
Cambiamenti dalla pronuncia di condanna della CEDU?
«C’è stato un cambiamento di clima, per esempio del gergo carcerario: il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria ha cambiato regolamento eliminando alcuni termini infantilizzanti come lavoranti, scopini, spesini. Tra i tanti problemi urgenti c’è l’insufficienza di percorsi di formazione lavorativa finalizzati al reinserimento nella società.»
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