Libri. Da Fumagalli “Economia politica del comune”, una soluzione per il buen vivir
MILANO – Mercoledì 7 marzo, al Piano Terra di Milano, il prof. Andrea Fumagalli ha presentato il suo ultimo lavoro intitolato “Economia politica del comune. Sfruttamento e sussunzione nel capitalismo bio-cognitivo”. L’intento del libro, edito da “Derive Approdi”, è di analizzare i processi di creazione di ricchezza della contemporaneità.
Il professore ha spiegato durante l’incontro che la condizione di precarietà, di cui tutti oggi siamo vittime, supera il legame con le condizioni lavorative allargandosi a tutta la sfera dell’esistenza. La precarietà oggi assume tre caratteristiche: esistenziale; strutturale, poiché le prospettive di acquisizione di un posto di lavoro che dia stabilità sono vane; e generalizzata perché anche coloro che apparentemente si presentano con un rapporto di lavoro subordinato stabile, vivono psicologicamente una condizione di precarietà, dato che sanno che la loro condizione può cessare da un momento all’altro.
A detta del professore, gli ultimi 30 anni hanno visto una mutazione “antropogenetica” della condizione del lavoro, fino a rendere la precarietà un elemento istituzionalizzato tramite il Jobs Act: se a fine anni ‘90 ci furono le lotte per tentare di scacciare il rischio della precarietà, che pur si stava avvicinando alla vita dei giovani lavoratori, nel decennio successivo è divenuta già totale caratteristica della condizione lavorativa. Per cui anche l’approccio dei giovani di nuova generazione al lavoro è mutato.
Una ricerca a livello europeo condotta dallo stesso Fumagalli ha rivelato che i giovani non credono più nel lavoro come mezzo per realizzare le proprie aspirazioni. Si manifesta infatti oggi il rifiuto del lavoro quale sinonimo di alienazione, dipendenza, gerarchia, non riconoscimento o svalorizzazione delle capacità. Ma mentre negli anni ‘70 il rifiuto del lavoro assumeva una valenza politica, oggi assume declinazioni diverse.
Esiste tutto un ambito di produzione di ricchezza che fuoriesce da qualsiasi declinazione dell’attività produttiva. Siamo ancora legati all’idea che la ricchezza venga data dalla produzione di merci e servizi, ma gli ultimi 30 anni hanno cambiato la disposizione delle carte in tavola. Siamo comunque in un sistema capitalistico, quindi per definizione di sfruttamento, ma con caratteristiche nuove: dieci anni fa non si parlava di capitalismo delle piattaforme, di algoritmi e machine learning capaci di andare a sostituire la forza umana, di industrie dei big data, ma oggi le società che operano i social media, come Facebook o Google, si posizionano come prime società al mondo per capitalizzazione di Borsa. Il capitalismo cioè si è trasformato seguendo l’evoluzione delle tecnologie, le quali hanno permesso la raccolta, l’analisi e la manipolazione dei dati, nonché le biotecnologie, gli interventi sul wellfare che diviene fattore di produzione: sanità, formazione, educazione. Oggi così abbiamo tutta una serie di frontiere tecnologiche che consentono di manovrare, standardizzare, bloccare e indirizzare le pulsioni vitali degli individui, mentre un tempo vi era una certa libertà che permetteva di scatenare lotte per la difesa dell’istruzione, della sanità, dei salari, e oggi tutto ciò quasi non esiste più: “C’è stata una macchinizzazione delle nostre capacità cognitive, intellettive e cerebrali che ci ha ‘messo a posto’”.
Oggi ogni ambito della nostra vita produce ricchezza: consumando, guardando la tv, utilizzando i social network. Siamo in un contesto in cui qualunque atto della nostra vita è inserito in una catena del valore, tramite un processo di sussunzione al capitale. Ricchezza che viene sfruttata in toto e che non ci viene restituita. E’ solo comprendendo i meccanismi che portano alle modalità di messa a valore delle nostre vite, che potremo riuscire a immaginare le alternative: vie d’uscita per il raggiungimento dell’autodeterminazione. Le vie individuate da Fumagalli sono il mettere in atto processi di sottrazione alla mercificazione della vita, tramite la liberazione di risorse e potenzialità, per creare sperimentazioni in grado di erodere il terreno a quella che è la forma tradizionale di sfruttamento. Fumagalli individua inoltre nel Welfare incondizionato la via per uscire dall’impasse, a favore di un buen vivir che ci consenta libertà di scelta e capacità di autodeterminazione, per liberarci dal ricatto del lavoro a qualsiasi condizione, dandoci la forza di dire no, di rifiutare: Libertà di rifiuto che oggi non è praticabile, non per diretta imposizione, ma per condizione.