Libri. Giovani e cultura all’incontro tra Giancaspro e gli studenti del liceo “Mazzini”

NAPOLI – Mercoledì 16 novembre alle ore 17:30 lo scrittore Mauro Giancaspro ha incontrato gli alunni del liceo Mazzini presso la Sala “De Martino” al 1° piano della V Municipalità di Napoli, per discutere e confrontarsi sulla sua opera “Il vecchio che parlava alle piante”, edita da Alessandro Polidoro. L’incontro è stato introdotto dall’organizzatrice di eventi culturali Ersilia Di Palo ed è stato realizzato in collaborazione con E.I.P. Italia, Associazione Scuola Strumento di Pace e patrocinato dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e Ricerca; con  la partecipazione anche della scrittrice Clotilde Punzo, dell’editore Alessandro Polidoro e delle giornaliste Federica Flocco e Armida Parisi.

I ragazzi, coordinati dalle Prof.se Silvana Rinaldi e Adriana Russo, sono stati guidati nella lettura del testo, scritto con uno stile fluido e scorrevole, capace di immergere il lettore in un’atmosfera nostalgica in cui la natura prende vita e determina le azioni dei protagonisti. Giancaspro infatti nel suo libro la ‘umanizza’ e valorizza il carattere curativo delle piante officinali e conferisce a tutta la vicenda un carattere fiabesco e suggestivo in cui gli elementi naturali sono dotati di anima e spirito. A rompere però l’incantesimo di un clima quasi sognante, è un problema molto attuale che riguarda il tema della “museificazione” del patrimonio artistico italiano: il Ministero decide di trasformare l’abbazia di Massombrosa in un complesso turistico e così stravolgere la vita tranquilla dei monaci che la abitano. Padre Gregorio, il vecchio speziale dell’abbazia, personaggio principale della storia, dà così avvio a un lungo racconto in cui si ridà valore a ciò che appare consumato e dimenticato, e che è necessario riportare alla luce.

“Libro di multiforme ingegno, caleidoscopico, perché al di là della bella storia genera più versatili riflessioni. Giancaspro definisce la storia una favola, ma non troppo. […]. Sin dalla prima parola all’ultima si viene presi per mano […] in una prospettiva rappresentazione tridimensionale che non ci fa essere solo lettori, spettatori, osservatori, ma ci proietta sulla scena dentro la trama narrativa […]”. Così ha esordito la scrittrice Clotilde Punzo all’appuntamento letterario, la quale si è cimentata in un’analisi quasi recitativa del libro, portando alla luce gli aspetti più salienti e importanti.

Un’opera “deliziosa”, la definisce Federica Flocco, “perché ha un modo così dolce di proporsi a chi lo legge. Con tono pacatissimo e parole semplici Mauro conduce il lettore, piccolo o grande che sia, al succo della storia senza artifici letterari.”.

Durante l’incontro anche le domande poste dai ragazzi, i quali hanno recitato alcuni passi del testo, e confrontandosi con i relatori hanno avuto l’opportunità di maturare una certa consapevolezza nei confronti di argomenti importanti e attuali. Il rischio museificazione del patrimonio artistico può determinare infatti il pericolo di una sterilizzazione della cultura, la quale in questo modo perderebbe il suo carattere sociale, e perché no, anche curativo. Il termine “cultura” deriva infatti dal latino “colere e vuol dire coltivare, espressione che nell’opera di Giancaspro risulta essere appropriata: così come padre Gregorio si prende cura della natura, così è nostro compito coltivare la conoscenza e ampliare il nostro sistema di saperi, opinioni, credenze. Le piante hanno bisogno di cure, così come i musei e le biblioteche rappresentano un patrimonio culturale che, per continuare a vivere, deve essere consumato e vissuto. Questi luoghi vanno ‘coltivati’ al fine di svolgere la loro funzione educativa ed essere considerati spazi di integrazione e socializzazione tra persone.

In chiusura le parole toccanti di Armida Parisi, che ha definito Mauro Giancaspro “custode dei libri”, e nella cui opera l’immagine del bosco prende le distanze dalla selva oscura dantesca per assumere un significato diverso, più vicino al concetto di casa: “Il bosco di Gregorio è un tornare a casa. Egli sente che il suo tempo è finito e decide quindi di trasmettere a coloro che verranno dopo di lui l’importanza delle piccole cose importanti. Questo è un libro bello per la scuola”.

Antonella Izzo

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