Libri. “Il tramonto birmano. La mia vita da principessa shan” di Inge Sargent
NAPOLI – “Il tramonto birmano. La mia vita da principessa shan” è una storia autobiografica di due personalità coraggiose e rivoluzionarie, intente a cambiare gli aspetti più rigidi e feudali della Birmania degli anni ‘60. Autrice e protagonista del racconto è Inge Sargent, una giovane donna austriaca cresciuta durante il periodo del nazismo, che in seguito al matrimonio col principe della Birmania, Sao Kya Seng, diviene principessa dello Stato Shan di Hsipaw.
“Al principio del gennaio 1954, il piroscafo Warwickshire risaliva il fiume alla volta di Rangoon, pronto a sbarcare il suo carico di merci e le due decine di passeggeri radunati sul ponte, che non vedevano l’ora di arrivare. Sul ponte si divertivano tutti, domandandosi chi fosse il viaggiatore cui si riservava un’accoglienza tanto insolita. Tutti, tranne Sao Kya Seng.
«Chissà cosa succede» disse Inge al marito, sorpresa dallo spettacolo. «Sulla nave deve esserci una persona famosa.»
Imbarazzato, Sao rispose: «Ho una cosa da dirti, cara, quella gente è arrivata qui per noi»”.
È dunque solo all’approdo a Rangoon, in Birmania, che Inge scopre che l’uomo che ha sposato è il principe regnate, l’ultimo “saophalong” di Hsipaw. Inge è impreparata a tutto, ma presenta una grande forza d’animo e uno spirito coraggioso, caratteristiche che le saranno d’aiuto per affrontare il dramma che scaturirà dal rapimento del marito da parte dell’esercito militare: arrestato alle porte di Taunggyi, capoluogo dello stato Shan, il 2 marzo del 1962, Sao è rinchiuso dentro il perimetro dell’accademia militare di Ba Htoo Myo negli stati shan meridionali, ponendo così fine al progetto sociale cui si era dedicato insieme alla moglie: attuare la rivoluzione necessaria per passare da uno stato ancora feudale a uno di stampo democratico.
Il racconto, uscito in Italia nel 2016, pubblicato dalla add editore, procede con un ritmo scorrevole in cui la storia si alterna tra lo smarrimento percepito da Sao durante la prigionia e l’angoscia di Thusandi, il nome shan attribuitole dopo il matrimonio, nel cercare di far luce sul mistero della scomparsa del marito. In un gioco di alternanze l’autrice-narratrice descrive in maniera anche poetica il folklore delle tradizioni e della cultura di questo stato dell’Asia sudorientale, accompagnando il lettore a percorrere un viaggio entusiasmante alla scoperta del mondo birmano, una terra ricca di colori e che Inge, col suo stile riflessivo e introspettivo, riesce bene a dipingere.
“Otto ore dopo raggiunsero la città di frontiera di Muse, centosettanta miglia più a nord, sul fiume Shweli, giusto in tempo per vedere un tramonto che avrebbero ricordato per sempre. I raggi del sole calante avevano trasformato il fiume in un morbido nastro di oro puro, che splendeva come se tutti i tesori del mondo si fossero riversati nelle sue pieghe. Centinaia di oche selvatiche giocavano sull’acqua e con i loro versi misteriosi richiamavano gli abitanti di entrambe le rive.”. Tutta la storia pare dipinta con gli stessi colori caratteristici di un paesaggio al tramonto e le cui tonalità rispecchiano determinati episodi e aspetti particolari dei due protagonisti.
Il colore azzurro, collocato tra il verde e l’indaco nello spettro luminoso, è il colore emblema della lealtà e dell’idealismo, peculiarità di cui sono dotati i due regnanti.
Il colore arancio simboleggia l’armonia interiore, la vitalità, l’equilibrio, l’ambizione. Caratteristiche che appartengono a Inge, che non si perde d’animo quando si ritrova sola ad affrontare l’intero stato birmano e la dittatura di Ne Win, che dal 1962 al 1988 diviene fondatore del Partito del Programma socialista della Birmania.
Il colore rosa sta a indicare la delicatezza con cui l’autrice narra le vicende, lo spirito materno con cui protegge le figlie dal dramma della scomparsa del padre e l’amorevolezza che la donna nutre nei confronti del popolo e della servitù.
Il colore rosso invece simboleggia e celebra la forza dell’amore e dell’impegno politico e conferisce alla storia una forte vitalità intrisa di passione e di coraggio.
Infatti nonostante il regime birmano non si sia assunto la responsabilità della sparizione di Sao Kya Seng, la donna tutti gli anni continua a scrivere alle autorità militari di Rangoon, capitale della Birmania fino al 2005, chiedendo informazioni sul marito.
“Il tramonto birmano. La mia vita da principessa shan”, traduzione di Margherita Emo e Piernicola D’Ortona, narra dunque la storia di una donna e un uomo che combattono contro la violenza oppressiva di un esercito che cerca in tutti i modi di celare la verità e mascherare la giustizia, illudendo così di distruggere ogni sorta di idealismo innovativo e rivoluzionario. Nonostante il sogno di cambiamento dei due protagonisti sia stato interrotto dal colpo di stato militare del 1962, il libro pare essere un incitamento al non arrendersi mai, a combattere con tutte le proprie forze per portare avanti un’idea e difenderla con determinazione, anche a costo della vita.
L’artista Elisa Talentino ha inoltre illustrato la copertina del volume e un inserto attraverso il quale propone una sua personale versione del racconto.
- Solidarietà. Cortometraggio “Il mio nome è Martina” - 15 Settembre 2018
- Napoli. Via alle celebrazioni del 75° anniversario delle 4 Giornate - 20 Agosto 2018
- Napoli. Report dall’incontro “Sud, periferie d’Europa: quale futuro?” - 3 Luglio 2018