Libri. Presentato “La guerra è una mafia”
NAPOLI – Martedì 17 ottobre alle ore 18:00 presso la libreria “Ubik” in via Benedetto Croce 28, ha avuto luogo la presentazione del libro “La guerra è una mafia”, prima traduzione in italiano a opera della casa editrice “Ad est dell’equatore” di un testo pubblicato nel 1935 e scritto dal generale Smedley D. Butler.
“La guerra è una mafia” è un pamphlet che al suo interno contiene tre discorsi tenuti dal generale dei Marines e veterano della Grande Guerra, due volte Medaglia d’Onore, poco prima che scoppiasse la Seconda Guerra Mondiale; il successo che ne scaturì spinse l’autore a scriverne una versione estesa, presente e tradotta nel libro da Carlo Ziviello, socio di “Ad est dell’equatore”.
Attraverso la spiegazione di Carlo Ziviello e di Antonio del Monaco, psicologo militare e colonnello, e grazie alle letture di Francesco Dall’Aglio, il pubblico ha potuto addentrarsi in quello che è un vero e proprio atto d’accusa degli interessi economici e politici che muovono le fila delle guerre. “L’obiettivo del libro è mostrare che la guerra serve a fare profitti”, hanno sottolineato gli intervenuti, “nessuno si illude che sia possibile vivere senza armi, la critica non è questa ma riguarda chi ne trae benefici.”
I discorsi del generale, ha spiegato Ziviello, così come la situazione dipinta, totalmente sovrapponibile a quell’odierna, rende il libro e i temi trattati quanto mai attuali.
Butler, un vero e proprio eroe in patria, non si esime dal fare un’onesta autocritica rispetto alle proprie azioni e opera una denuncia nei confronti delle speculazioni finanziarie, i faccendieri, le multinazionali, alcune delle quali tutt’oggi esistenti, che vivono e guadagnano enormi somme di denaro dai conflitti, con l’unico obiettivo di massimizzare i profitti. Così come toccati, hanno spiegato i presenti, sono i temi che spingono di fatto un Paese a muovere guerra e quindi alimentare la produzione delle armi, come la propaganda patriottica, le pressioni delle lobby sulla politica, la ‘privatizzazione’ dei conflitti. Non ultimo merito del generale l’aver anticipato il concetto di arma chimica, arma di distruzione di massa e il cambiamento della portata della guerra che, dalla seconda guerra mondiale in poi, ha iniziato a riguardare e mietere vittime non solo fra i soldati al fronte ma anche tra i civili.
Discutendo della questione economica, gli intervenuti hanno spiegato al pubblico che nel libro sono elencati i nomi delle multinazionali e delle aziende che aumentavano a dismisura, in tempo di guerra, i loro profitti: dai 6 ai 40 milioni di dollari in un caso; da 4 milioni a 73 in un altro, solo per citarne alcuni, con un aumento di centinaia e migliaia di punti in percentuale.
Al riguardo, ecco un estratto di una delle letture del testo, di Francesco Dall’Aglio: “L’industria delle calzature fa soldi a palate soprattutto vendendo all’estero; certo ai nostri alleati, ma come del resto fanno i produttori di munizioni e armi, anche al nemico: perché un dollaro è un dollaro, sia che provenga dalla Francia o dalla Germania. Ma il settore propone affari anche con lo Zio Sam. A esempio ha fornito all’esercito 35 milioni di scarponi chiodati, l’esercito americano conta 4 milioni di soldati, a conti fatti sarebbero otto paio in più per unità. Curiosamente, il mio reggimento durante la guerra ne ebbe a disposizione solo un paio per soldato, quindi molte di queste scarpe, probabilmente, sono ancora da qualche parte. Si trattava senz’altro di ottimi prodotti, quando la guerra è finita lo Zio Sam si è ritrovato con un surplus di circa 25 milioni di scarpe da combattimento, comprati e pagati, profitti registrati e intascati. E che dire dell’eccedenze di cuoio? Le concerie hanno venduto al nostro Zio Sam centinaia di migliaia di selle McClellan per la cavalleria, peccato però che sul fronte europeo la cavalleria non sia mai stata schierata. Comunque qualcuno doveva liberarsi di tutto quel cuoio, e certo non gratis, così ci ritrovammo con un’enorme quantità di inutili selle McClellan, e probabilmente ne abbiamo ancora”.
Antonio del Monaco ha sottolineato, a proposito del libro, che la guerra, come da titolo, è una vera e propria mafia, un racket, che “conta i guadagni in dollari e le perdite in vite umane, chi paga realmente è l’uomo comune, i soldati, le famiglie che perdono gli affetti”. Al riguardo si è soffermato sulla propria esperienza personale raccontando al pubblico di quando, nei panni di psicologo militare, ebbe il compito di supportare e notificare a una famiglia di un militare napoletano la morte di quest’ultimo in Afghanistan.
E’ un libro che svela cosa c’è dietro le guerre, ne spiega le reali ragioni e motivazioni e al contempo fornisce una chiave di lettura anche rispetto al panorama mondiale attuale; la soluzione che il generale fornisce nel libro è chiara: limitare e intervenire sull’economia che si muove intorno ai conflitti. “Toccategli i soldi e vedrete che nessuno più parlerà di fare la guerra.”.
Abbiamo raggiunto e posto alcune domande a Carlo Ziviello, socio della casa editrice “Ad est dell’equatore” e traduttore del testo.
Come nasce questo progetto?
«Il progetto nasce perché conoscevo già il contesto storico in cui era inserito il libro e ho trovato una fortissima attualità. La storia del generale si incrocia anche con l’Italia; fu costretto alle dimissioni perché a metà degli anni ’30, quando già aveva iniziato il percorso spiegato nel libro, durante le conferenze che teneva in diversi località degli Stati Uniti raccontò una testimonianza riportata da un giornalista americano, Cornelius Vanderbilt junior: quest’ultimo era stato in Italia per intervistare Mussolini e durante una di queste passeggiate l’auto investì e uccise un bambino, e Mussolini si rifiutò di fermarsi per prestare soccorso. Non si sa se questa storia sia vera, ma è vero l’incidente diplomatico che ne scaturì e che ebbe anche effetti sulla guerra. All’epoca il Governo Americano aveva molto a cuore il rapporto con l’Italia; il generale fu mandato alla Corte Marziale e successivamente venne scagionato.»
Che lettura in chiave moderna possiamo trarre dal libro?
«Il tema centrale del libro riguarda le reali cause delle guerre. Il generale parla delle aziende che traggono benefici dalla prima e seconda guerra mondiale, e molte di queste esistono ancora oggi, come la JPMorgan. Lungi da me fare un discorso anti americano, non c’è proprio questa volontà, però di fatto nel libro viene spiegato che tra le prime aziende del mondo, dieci sono americane e private, e il privato ha interesse a fare profitti, è normale.»
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Grazie per aver sintetizzato così bene un tema non semplice!