Medicina rigenerativa. Le cellule della cute utilizzate per trattamenti mirati
BRIGHTON – La Rigenerativa è sempre stata una delle branche più affascinanti della medicina, per i suoi innovativi obiettivi nell’ambito delle terapie per la ricostruzione dei tessuti e degli organi danneggiati da malattie, traumi o dall’invecchiamento. L’obiettivo resta la rigenerazione biologica del tessuto o dell’organo deteriorato, e di parti del corpo dello stesso paziente, anziché la sua sostituzione con una protesi o un trapianto. Nonostante ció l’industria italiana e gli investitori sono poco disponibili a investire in un settore considerato ad alto rischio. Di questo e altro ne abbiamo parlato con il Prof. Matteo Santin, Direttore del Brighton Centre for Regenerative Medicine presso l’University of Brighton, in Inghilterra.
Prof. Santin cosa si intende per rigenerazione dei tessuti?
«E’ un processo che facilita il ristabilirsi delle proprietà fisiche, biologiche e fisiologiche di un tessuto danneggiato. Il processo è differente da quello spontaneo di riparo tessutale, che porta alla formazione di strutture tessutali non ideali quali cicatrici, calli ossei o fibrocartilagine.»
Quali sono le frontiere più promettenti in questo campo?
«L’ingegneria dei tessuti, che prevede l’uso combinato di materiali e cellule staminali adulte, embrionali o più recentemente cellule staminali pluripotenti indotte, che sono derivate da cellule della cute.»
Tecnicamente come si rigenera un tessuto?
«Cellule staminali posso essere coltivate in spugne assorbili tridimensionali, a base di biomateriali che vengono impiantate nel tessuto danneggiato. Le cellule iniziano a depositare nuovo tessuto e il supporto in cui sono inizialmente ospitate si dissolve per lasciare il posto al tessuto naturale. In realtà ci sono altri fattori da tenere in considerazione, quali il processo infiammatorio che può limitare questo processo e vanificare il trattamento.»
Quali sono le controversie etiche?
«La controversia etica principale risiede nell’uso di cellule staminali di origine embrionale. Le recenti scoperte, che hanno evidenziato la possibilità di ottenere cellule staminali con caratteristiche simili a quelle embrionali a partire da cellule della cute, potrebbe presto eliminare questo problema. C’è però da considerare che questo trattamento porta a mutamenti genetici nelle cellule della cute e pertanto potrebbe far sorgere rischi per il paziente e altri tipi di controversie bioetiche. La medicina rigenerative contempla anche l’uso di terapia genica con gli stessi punti interrogative di cui sopra.»
Quali sono secondo lei le cose che in Italia vanno bene e male nella ricerca?
«La mancanza di investimento nel settore privato impedisce di trasferire sul mercato una serie di progetti di ricerca molto promettenti. L’industria italiana e gli investitori sono poco disponibili a investire in un settore considerato ad alto rischio, con profitti potenzialmente alti ma che maturano in un lasso di tempo relativamente lungo. Il regime di tassazione non incoraggia investimenti nella ricerca da parte di industrie biomedicali e farmaceutiche e rende difficile la nascita di start-up.»
Le prospettive future riguardo questo tipo di ricerca?
«La prospettiva futura è quella di rendere disponibili trattamenti personalizzati per i pazienti. La flessibilità delle terapie basate sulla medicina rigenerativa hanno il potenziale di intervenire in maniera mirata e in molti casi nelle fasi iniziali della malattia, aumentando così le possibilità di guarigione minimizzando i costi sanitari.»
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