Musica. Cantautorato alternativo: da Bagnoli il progetto de L’Io
NAPOLI – Sforna singoli a tambur battente il cantautore napoletano L’Io, al secolo Flavio Ciotola, classe ‘84, che dopo l’uscita del suo primo album da solista, Bon Ton, gira l’Italia con la sua musica e il suo pensiero alternativo. Bon Ton, pubblicato nel 2015 dalla Seahorse Recordings, è il frutto di un lavoro di composizione estemporanea e fortemente voluta dal cantautore, che a Crudiezine ha raccontato la sua storia.
Qual è stato il suo percorso musicale?
«Ho sempre suonato. Ricordo che da bambino mio padre mi regalò una batteria, la distrussi. Da adolescente chiesi ai miei di scegliere di regalarmi la Play Station o la chitarra elettrica. Per fortuna mio padre mi comprò la chitarra e da lì ho cominciato a suonare e a scrivere. Mio padre fino a 33 anni era autore di canzoni e io, vivendo a Bagnoli, la terra di Bennato, sono vissuto in un ambiente fondamentalmente fatto di musica. A 18 anni avevo la mia prima band, con la quale facevamo tante serate. Ci siamo sciolti 5 anni fa quando mi sono trasferito a Roma, ma la mia esigenza di suonare era troppo forte, tanto che per due anni ho suonato la batteria in gruppo. Poi però ho pensato che avrei dovuto fare quello che mi piaceva, ovvero scrivere. Il mio obiettivo era quello di scrivere senza seguire le regole del mercato: cercare di imitare non rende, perché quello a cui si ambisce esiste già e non c’è bisogno di copie. Da qui l’idea di essere L’Io. Inteso non come individualismo ma come individuo. In cui chiunque si rispecchia».
Album Bon Ton. Com’è nato e perché questo titolo?
«A un certo punto ho pensato “faccio quello che dico io, quello che ho nella testa, senza regole né influenze”. Tant’è che per qualche mese non ho ascoltato musica. È nato questo progetto, “Bon Ton”, un album che volevo rendere ancora più stupido, ma non ci sono riuscito. Ho scritto le prime quattro canzoni che ho mandato a poche case discografiche, quelle che ritenevo fossero più adatte a me. La Seahorse Recordings mi ha subito contattato e a ottobre 2014 ho registrato l’album che è uscito quindi nel 2015. È andato tutto molto veloce. La maggior parte delle canzoni le ho scritte di getto. Il titolo è saltato fuori quando stavo incidendo, per il considerevole numero di espressioni colorite presente nei brani, che sono poi l’opposto del galateo, e appunto del bon ton».
Bon Ton dove si posiziona nel panorama musicale italiano?
«L’opposto del bon ton non sta solo nella parolaccia, che comunque le radio non mandano e censurano. Sta anche nello stravolgimento della struttura classica della canzone che non è sempre data da due strofe e ritornello, ma molto spesso presenta un ordine sparso o non ha nessun ordine. Io mi definisco un cantautore alternativo»
Ha fatto tutto da solo?
«Certo, non mi sono fatto aiutare da nessuno. Anche per la registrazione del disco: è tutto suonato da me, tranne le batterie, per le quali mi sono fatto aiutare dal musicista della casa discografica, e qualche altro piccolo accorgimento fatto dai produttori. Ci sono dei pezzi in cui ho collaborato a distanza per quanto riguarda la stesura dei testi. “Ridere per vivere” e “Resta poco tempo” sono il frutto della fusione di testi miei e di una mia amica che erano molto simili tra di loro».
E’ un lavoro solitario, ma dietro L’Io ci sono affetti, persone e legami?
«È stato un mio amico, dopo aver ascoltato i primi quattro brani, a dirmi di provarci perché avevo fatto qualcosa di particolare. Ecco: questo disco è l’incontro di tutte le persone che mi hanno aiutato nella vita. Non siamo nessuno senza gli altri. A loro, a tutte le persone che mi hanno dato qualcosa nella vita, ho dedicato i ringraziamenti del disco».
Se dovesse scegliere un brano dall’album che la identifica, quale sarebbe?
«Io sono in tutti i pezzi, ma sceglierei “Al momento sbagliato” o “Difetti perfetti”. In sostanza le canzoni con meno parolacce. E questo non perché la parolaccia non mi rappresenti. I brani dell’album li ho scritti di getto, sono venuti così naturali che sono stati tutti un’esigenza di esprimere quel me stesso del momento».
By Margherita Sarno