Musica. Francesco Lettieri con “L’alieno al cinema”
NAPOLI – Presentato giovedì 18 ottobre con un concerto al Piccolo Bellini “L’alieno al cinema”, il nuovo disco di Francesco Lettieri, compositore e pianista partenopeo.
Hanno aperto la serata le parole di Giovanni Block, amico e collega di Lettieri, che ha definito il pianista “il rappresentante di questa nuova generazione di cantautori della vecchia canzone d’autore. (…) Ed è importante notare che un cantautore napoletano sia riuscito a presentare il proprio disco qui a Napoli, senza bisogno di andare nei teatri di altre città italiane.”.
Lettieri, accompagnato dalla voce della sorella Giulia, il basso di Domenico Peluso, la batteria di Eugenio Fabiani e il violoncello di Giovanni Sanarico, ha eseguito magistralmente i brani del disco, alternando momenti di sola musica con altri in cui le note e le parole camminavano insieme, fondendosi in una canzone dai ritmi di altri tempi. Fondamentale l’armonia delle voci dei due fratelli che, completandosi, hanno colorato di toni vibranti l’atmosfera sul palco.
Per l’occasione, l’artista Francesco Lettieri ha risposto alle nostre domande.
Le emozioni per questo suo primo disco?
«Sono abituato a stare sul palco, ma il disco è tutta un’altra cosa. Quando le canzoni sono nella mia testa sono un potenziale infinito, cioè possono andare in mille direzioni. Quando si prepara un disco invece bisogna scegliere una sola strada, se mettere la tromba lì, oppure il violoncello là; il disco sarà quello, non si cambia più. Poiché ho fatto io l’arrangiamento dei pezzi, è stato interessante sia veder suonare i miei pezzi da altri, proprio per come li ho scritti io, sia perché ascoltando i pezzi a fine registrazione riuscivo a essere esterno, quasi produttore di me stesso, anche se un produttore artistico c’è: Ninni Pascale. È stato emozionante: alcune canzoni le avevo nel cassetto dal 2015, altre sono più nuove; vederle finalmente registrate è un sogno.»
Perché il titolo “L’alieno al cinema”?
«Per diversi motivi. Io nasco come pianista e compositore, poi col passare del tempo mi sono ritrovato ad accompagnare alcuni dei miei brani con le parole. Tra le prime che caratterizzano il mio stile c’è proprio “L’alieno al cinema”. È un po’ la sintesi del progetto globale del disco, perché racconta la storia di una persona che vive tutto ciò che le succede con stupore e indignazione. Molto spesso mi capita di vedere notizie alla televisione o anche nella vita reale e mi domando “Com’è possibile che la gente non si indigni?”; sono talmente abituati a queste cose che non se ne accorgono più, quindi questo processo di straniamento al contrario mi ha fatto sentire come se fossi unico e quindi come un alieno in mezzo a della gente che non si rende conto delle cose importanti. Poi, ne “L’alieno al cinema” c’è un altro tema, ovvero il fatto che le persone spesso tendano a dire “Io ho un problema” e se lo ripetono così tante volte che se lo proiettano ogni giorno, senza rendersi conto che sono seduti in un cinema e potrebbero senza problema alzarsi e andarsene fuori.»
Quanto è importante la presenza delle parole, in questi brani?
«Penso sia necessaria. Quando scrivo per solo piano non voglio il testo, mi dà fastidio. Queste canzoni però sono nate proprio insieme alle parole: ci sono momenti in cui la musica è più importante, altri in cui prevale il testo, fino al finale in cui si fondono completamente. Per me è come se si evolvessero naturalmente, come quando parlo: mi piace che la musica sia libera di evolversi e non segua una struttura canonica.»
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