Napoli. Cacciati di casa perché omosessuali, Arcigay si mobilità
NAPOLI – Lunedì 14 agosto, due ragazzi nel napoletano, Francesco e Giuseppe, di 18 e 20 anni, sono stati cacciati di casa dalle loro rispettive famiglie perché omosessuali. I due ragazzi, giovanissimi, provengono entrambi da contesti familiari complessi e delicati, dove la loro omosessualità era vissuta come un turbamento del concetto di famiglia ‘tradizionale’, al punto che una delle motivazioni che ha spinto una delle madri a cacciare il figlio era quella di dover ‘difendere’ la figlia più piccola dal pericolo ‘omosessualità’ .
I due ragazzi, cacciati di casa e nell’impossibilità di trovare un luogo dove vivere, sono stati costretti a dormire in strada per sei giorni, per poi essere ospitati provvisoriamente da Arcigay Napoli, che ha avviato una raccolta fondi e una gara di solidarietà per chiedere alla cittadinanza un contributo per i due ragazzi: donazioni, proposte di lavoro o possibilità di alloggio.
Non è la prima volta che episodi del genere accadono a Napoli, e non solo nella nostra città, per questo motivo Arcigay Napoli si è mobilitata per attivare un centro d’accoglienza per le persone LGBTQI vittime di discriminazione. Nel merito abbiamo rivolto le nostre domande ad Antonello Sannino, presidente di Arcigay Napoli.
Cosa sta facendo Arcigay per questi ragazzi?
«Stiamo chiedendo alle Istituzioni di costituire la casa daccoglienza LGBT, ma calata in un percorso più ampio per offrire a questi ragazzi non solo un posto dove dormire, ma dove possano fare anche un percorso formativo per l’inserimento lavorativo. Quindi chiediamo al Comune di Napoli di istituire questa casa d’accoglienza che promette da anni, ma che in realtà non c`è mai stata data.»
Non sono i primi ragazzi a essere cacciati di casa. Esiste una statistica al riguardo?
«I dati sui senza fissa dimora in Italia non li trovi, ma una statistica americana parla di circa il 40% dei senza fissa dimora con orientamento omosessuale o bisessuale. Quindi se si considera che la popolazione omosessuale dovrebbe essere circa il 5-10% della popolazione totale, ne consegue che nella popolazione senza fissa dimora i dati risultato essere dalle quattro alle otto volte di più. Quello che emerge è che ci sono sempre stati episodi del genere, solo che oggi riescono a vivere con più consapevolezza la loro situazione: prima succedeva che li cacciavano di casa ed erano costretti a vagabondare e a prostituirsi. Oltretutto qui al Sud di lavoro se ne trova poco e i ragazzi in queste condizioni potrebbero finire facilmente nel giro della prostituzione pur di sopravvivere.»