Napoli. Flash-mob contro la repressione in Turchia
NAPOLI – Il 27 luglio alle ore 18:00 si è svolto a Napoli, in Piazza del Plebiscito, un flash-mob a cui hanno aderito il Coordinamento precari scuola Napoli, i Cobas Napoli, i docenti in lotta per i referendum sociali, tanti attivisti e cittadini comuni. Insieme hanno manifestato contro la violenta repressione che sta avvenendo in Turchia, opera del capo di Stato Erdogan, in seguito al fallito golpe.
“Insegnare la resistenza, abbattere la violenza”, questo il motto a cui si rifà la prima manifestazione europea che si oppone a quanto sta accadendo in Turchia. Da alcuni giorni infatti, in seguito al fallito golpe, il capo di Stato turco sta effettuando una vera e propria persecuzione contro gli apparati democratici, ritenuti organizzatori a vario titolo del golpe. Impressionanti le cifre: 9.322 arresti tra magistrati e militari, 288.832 dipendenti ministeriali licenziati, 35.000 studenti di scuola sospesi, 1.567 sospensioni tra rettori e presidi di università, 370 dipendenti della TV pubblica sotto inchiesta, 35 giornalisti privati della tessera professionale, 24 emittenti radio televisive sospese. Cifre che si alimentano di giorno in giorno, passando per l’indifferenza di Italia, UE, ONU e NATO, di cui la Turchia è membro effettivo.
Per saperne di più, abbiamo rivolto alcune domande a un attivista del collettivo Insurgencia, presente alla manifestazione.
Perché la repressione riguarda soprattutto insegnanti e docenti?
«Tutto è partito quando Erdogan ha riscontrato opposizione nel popolo Kurdo, l’unico che sta combattendo realmente l’ISIS. In seguito a una lettera riguardante la formazione, a cui i Kurdi si sono opposti, 12 docenti universitari sono stati arrestati. Da allora Erdogan sta effettuando una serie di manovre al fine di imporre la propria egemonia.»
Perché l’indifferenza di Italia, Unione Europea e Turchia?
«Innanzitutto c’è la questione migranti aperta. L’Europa non difende i diritti dei cittadini. Fino a quando gli interessi economici saranno maggiori di quelli sociali, il sistema non potrà cambiare.»
Quanto è significativo che la prima manifestazione contro tale repressione sia avvenuta a Napoli?
«E’ emblematico. A Napoli ci sono state le Quattro Giornate. E’ stata la prima città a essersi liberata dall’occupazione nazista e dal fascismo.
Napoli ha in sé un sentimento di libertà e tuttora si può definire politicamente un laboratorio fatto di varie realtà e sperimentazioni, a cui si dovrebbe guardare come riferimento.»
Come si è svolta la manifestazione?
«Ci siamo ammucchiati a terra, legati e imbavagliati, come i ‘golpisti’ che Erdogan sta perseguitando. E’ un gesto simbolico. Se non ci si allinea sembra di essere fuori dal sistema e così ci siamo allineati in segno di protesta. Poi ci siamo alzati e abbiamo cantato “Bella ciao”.»
Come si può definire l’attuale situazione italiana?
«“Bella ciao” è una canzone simbolo, dei partigiani, della Resistenza. Attualmente in Italia, con il Jobs Act, la Buona Scuola, si sta distruggendo la Costituzione e la Riforma costituzionale potrebbe essere la pietra tombale. Bisogna lottare per non eliminare la memoria, non eliminare quanto è stato fatto prima di noi.»
Tornando al tema insegnamento, in Turchia è repressione culturale. Quanto è importante affermare, in prospettiva futura, il diritto allo studio?
«Sì, è repressione culturale. Colpire il mondo della formazione è come annientare la generazione futura. C’è bisogno che le realtà che partono dal basso si connettano, per un attacco sui vari fronti. “Dividi et impera” era il motto di Cesare. Divisi siamo deboli.»
By Claudia De Marino