Napoli. “I dialoghi di Astrea” per l’inclusione sociale dei ragazzi (In)certi
NAPOLI – Sabato 7 aprile alle ore 11:00 si è svolto il secondo appuntamento de “I dialoghi di Astrea”, ciclo di incontri promosso dall’associazione culturale “Astrea sentimenti di giustizia” in collaborazione con la Biblioteca Nazionale “Vittorio Emanuele III” di Napoli, dove si è svolto l’evento. Al tavolo del confronto, allestito nella “Sala Rari”, hanno partecipato personalità con differenti competenze ed esperienze professionali, discutendo in merito all’opportunità di incidere per via giudiziaria sulle responsabilità genitoriali in casi emergenziali, e su come potenziare le strutture d’inclusione sociale per i figli cresciuti in contesti disfunzionali.
“(In)certi bambini. Stato di diritto e ragioni del sangue: sottrarre i minori ai crimini delle loro famiglie?”, questo il titolo dell’incontro, che trae spunto dal romanzo “Certi bambini” di Diego De Silva uscito nel 2001: è la storia di Rosario, ragazzino napoletano che vive tra normalità e criminalità, incapace di distinguere il bene dal male perché cresciuto con quella ‘formazione’. E’ una storia comune a ‘certi’ bambini di Napoli e di molte altre località meridionali, inquinate dalla criminalità, che avendo assimilato modelli di vita sbagliati diventano ‘incerti’, inconsapevoli del valore positivo dell’agire.
Dopo i saluti iniziali di Marinella Pomarici del direttivo di Astrea, il direttore della biblioteca nazionale Francesco Mercurio è intervenuto sull’emergenza educativa: “Non si tratta solo delle famiglie mafiose, ma anche di quelle al limite. Sono convinto che la trasmissione di valori culturali alternativi possa avvenire anche attraverso un coinvolgimento delle biblioteche. Ci siamo resi conto della possibilità di riprendere un discorso già sperimentato in passato, ovvero lo sviluppo della genitorialità attraverso l’approccio al libro in tenerissima età”. La Biblioteca nazionale infatti ha aderito al progetto “Nati per leggere”, il cui obiettivo è di promuovere lo sviluppo cognitivo e relazionale fin dai primi mesi di vita. Nella biblioteca è presente un ‘punto’ lettura pubblico e gratuito aperto ai bambini da 0 a 6 anni e ai loro genitori.
Proseguendo il dibattito è intervenuta Gabriella Ferrari Bravo, psicoterapeuta e mediatrice familiare: “C’è un rischio familiarità sia nelle famiglie criminali che in quelle disfunzionali. Come giudice onorario del Tribunale per i minorenni di Napoli ho riscontrato situazioni gravissime: ragazzi maltrattati, abusati. Al tribunale le situazioni arrivano ormai marcite e a volte l’unica soluzione è il provvedimento di allontanamento, di sospensione della potestà genitoriale, ma è necessario intervenire prima!”. Della stessa opinione anche gli altri ospiti, come la cronista di “Repubblica” Conchita Sannino, che ha ricordato episodi recenti: “Nelle ultime settimane mi sono occupata della vicenda dei tre ragazzi minori che hanno ucciso una guardia giurata a Scampia. Quei ragazzi non provengono da contesti familiari criminali, fossero stati seguiti, o in estremo temporaneamente allontanati dalle loro famiglie, non sarebbero diventati degli assassini”.
I fatti degli ultimi mesi, avvenuti nell’area metropolitana di Napoli, evidenziano come ragazzi giovanissimi siano preda di comportamenti disturbati, di violenza agguerrita, del rischio di reclutamento criminale. Tutti gli ospiti hanno concordato sul fatto che il controllo criminale dei territori consente a questa subcultura di contagiare anche i ragazzi degli ambienti familiari sani.
In conclusione l’intervento di Federico Cafiero De Raho, procuratore nazionale antimafia dal 16 novembre 2017. Il procuratore ha sottolineato l’importanza dei provvedimenti giudiziari sui minori, nonostante la loro forza invasiva nel nucleo familiare, per interrompere la continuità generazionale criminale e fornire ai ragazzi alternative di vita: “Da procuratore nazionale ho fatto un protocollo con altri organismi: le mamme che volessero portare via i figli dalle famiglie criminali, potrebbero avere un sostegno economico, una sistemazione logistica e un sostegno da psicologi, educatori; è importante trasmettere al territorio la consapevolezza che è possibile cambiare. All’inizio purtroppo è necessario intervenire con la ‘violenza’, ma è la nostra Costituzione che ci ricorda la missione educativa dello Stato in caso di incapacità genitoriale. Una delle nostre strutture deboli sono i servizi sociali, si potrebbe pensare all’idea di sostenerli con le forze dell’ordine per penetrare negli ambienti mafiosi e porgere l’invito al cambiamento. L’altra nostra disfunzionalità è la scuola! Se ci sono tanti ragazzi che non frequentano, se il dovere genitoriale all’istruzione non viene adempiuto, è la scuola che deve intervenire segnalando: con un’alleanza tra tutte le parti coinvolte qualcosa in più la potremmo ottenere”.
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