Napoli. Incontro per la legalità. Contro la mafia si parte dai giovani, ma la strada è ancora lunga
NAPOLI – Nella chiesa dei Giuseppini del Murialdo si è svolto un incontro tra Massimo Rocco, il presidente della cooperativa sociale “Le terre di Don Peppe Diana”; e le associazioni “Anima Vola” e “ACG, l’Associazione Cattolica Giovani”, per parlare di legalità.
Venerdì 15 aprile alle ore 19:00, nella chiesa dei Giuseppini del Murialdo del rione Luzzatti, si è tenuto l’incontro per sensibilizzare i giovani alla legalità e per confrontarsi sul problema dei fenomeni mafiosi. Al riguardo Massimo Rocco, della cooperativa sociale “Le terre di Don Peppe Diana”, ha iniziato il suo discorso dopo aver mostrato un video ripreso dalla trasmissione televisiva “4º grado”: l’uccisione di Silvia Ruotolo, morta mentre tornava a casa, nel quartiere Arenella, in un conflitto a fuoco tra due clan rivali. Durante l’intervento c’è stata la descrizione del lavoro di “Libera“, organizzazione nata il 25 marzo 1995 con l’intento di coordinare e sollecitare l’impegno della società civile contro tutte le forme della mafia: “Libera sostiene 2 tematiche: la memoria e l’impegno, in quanto la memoria è possibile solo con l’impegno e il connubio tra questi due termini è fondamentale. L’impegno si applica con l’informazione e con operazioni concrete sul territorio. Nel corso del tempo è riuscita a ricostruire tantissime storie sconosciute di persone che hanno perso una madre, un padre, un fratello, involontariamente uccisi da un regolamento di conti tra clan, come la storia di Silvia Ruotolo. E come questa anche altre storie sono censite dall’associazione, per oltre 900 vittime innocenti delle mafie che Libera celebra ogni 21 marzo nella giornata della Memoria e dell’Impegno.”.
Libera è partita dall’informazione, ha preso una falla nel sistema legislativo/giudiziario e l’ha rovesciata per risanare il territorio. La legge in questione è la Legge Torre (Da Pio La torre, il Deputato di sinistra molto attivo nella lotta alla mafia – ndr) del settembre del 1982, con la quale lo Stato per la prima volta dopo secoli ha condannato un uomo per mafia, confiscandogli le terre in suo possesso.
Il problema che Libera si è posta in tutti questi anni è l’abbandono di queste terre, le quali, nonostante fossero di proprietà di persone disoneste, davano lavoro a tante persone, e che l’intervento di confisca dello Stato le lasciava abbandonate, diventando preda di ladri e vandali. Questo creava tra la gente il pensiero sbagliatissimo che la mafia generasse lavoro e che lo Stato lo distruggesse. Per evitare il proliferare di questo pensiero, e dunque riutilizzare queste terre per il sociale, Libera insieme a tante altre associazioni è scesa in piazza con una petizione popolare e ha raccolto circa 1 milione di firme, portate in Parlamento, che nel marzo 1996 ha approvato la Legge 109 per il riutilizzo dei beni confiscati alla mafia.
Un esempio del riutilizzo per il sociale di queste terre è Il caseificio in cui lavora lo stesso Massimo Rocco, tra Castel Volturno e Cancello Arnone, in provincia ii Caserta: una terra, ex masseria di allevamento per cavalli di razza di Michele Zaza, il boss mafioso che in questo posto deteneva anche la sua base operativa per il contrabbando di sigarette, con la quale ha creato le sue ricchezze, e che purtroppo ancora oggi, nonostante il caseificio sia in attività da più di 4 anni, le persone del posto non riconoscono come il “Caseificio della cooperativa dei terreni Don Peppe Diana Libera terra”, ma come la masseria ex Zaza. Dimostrazione pratica di quanto ancora si debba costruire nella società civile per favorire la legalità.
Da segnalare che l’associazione di cui Massimo Rocco è presidente si chiama “Terre libere di Don Peppe Diana” proprio perché l’assassinio di quel prete è considerato il momento in cui il popolo si è risvegliato dal sonno di omertà in cui si trovava e ha avuto la forza di ribellarsi alla mafia.
By Edoardo Vacca