Palmira libera dall’Isis, nessun danno al sito archeologico
DAMASCO – Sono rimaste illese, dopo due giorni di feroci scontri a fuoco, le rovine di Palmira, sito archeologico patrimonio dell’Unesco, preso di mira dall’esercito dello Stato Islamico. Ieri gli jihadisti erano riusciti a prendere il controllo del territorio a nord della città, situata a 240 km da Damasco, trascinandosi dietro le morti di 29 loro compagni e 47 soldati governativi, mentre nelle ultime ore il bilancio dei caduti, divulgato dall’Osservatorio siriano per i diritti umani, è arrivato addirittura a 300 complessivi.
Mamoun Abdulkarim, direttore delle antichità e dei musei, ha voluto confermare l’incolumità delle rovine: “Oggi abbiamo buone notizie, stiamo molto meglio. Non c’è stato alcun danno, ma questo non vuol dire che non bisogna essere preoccupati”. Palmira fu un’importante città siriana nell’antichità. Venne denominata la “Sposa del deserto” dai numerosi mercanti e viaggiatori di passaggio, che in lei trovavano un’oasi di pace nel mezzo di una lunga distesa arida, caratteristica di quel territorio.
Tadmor, questo il vero nome in aramaico, che significa appunto “palma”, dell’attuale cittadina sorta in prossimità delle rovine, che permette a circa 45.000 abitanti di vivere grazie alla fiorente agricoltura e al turismo. La minaccia dei miliziani dello Stato Islamico era molto sentita tra la gente, da mesi, soprattutto dopo il 2013, anno in cui lo stesso sito venne coinvolto nella guerra civile siriana, dunque privato di numerosi edifici monumentali, tra i quali il tempio di Baal, i colonnati del Decumano, il teatro e anche i Propilei.
Nei giorni precedenti all’attacco, l’Isis ha subito una grossa perdita: Abu Sayyaf, il leader jihadista responsabile degli affari collegati al petrolio, è stato ucciso durante un confronto a fuoco con le forze speciali americane. Il blitz è stato autorizzato direttamente dal Presidente Barack Obama ed è stato Ash Carter, capo del Pentagono, a confermare l’uccisione di Sayyaf e la cattura della moglie: “Questa è la dimostrazione che gli Stati Uniti non smetteranno mai di colpire i terroristi che minacciano i cittadini americani e i nostri alleati”.
By Pietro Colacicco