Precariato. Report dal dibattito “Il lavoro del futuro”

NAPOLI – Discutere sul futuro del lavoro, sulle relative trasformazioni e le conseguenze che ne scaturiscono, è stato l’obiettivo del dibattito “Il lavoro del futuro”, intavolato presso la sede CGIL Napoli in Via Toledo, nel pomeriggio di martedì 24 luglio. L’incontro, moderato da Deborah Divertito, ha raccolto gli interventi di Walter Schiavella, segretario generale di CGIL Napoli; Sebastiano Deva, CEO di Apptripper.org; e di Luca De Biase, giornalista, saggista, e autore del libro “Il lavoro del futuro”.
Le società umane sono investite da una serie di cambiamenti epocali, legati soprattutto al veloce e potente avanzamento delle tecnologie. Realtà come l’automazione, i big data, il perfezionamento delle intelligenze artificiali e il conseguente assottigliarsi dell’intervento dell’uomo nei processi produttivi non sono più relegate alla fantascienza di consumo. Il lavoro per come lo si conosce sta progressivamente cambiando aspetto: molti mestieri stanno scomparendo, sostituiti dall’efficienza dei robot, lasciando al loro posto una serie di interrogativi su un futuro neanche troppo remoto. Al riguardo, i relatori del dibattito hanno tentato di elaborare una serie di risposte che possano fungere da spunti di riflessione. Luca De Biase ha rimarcato l’inesorabile perdita di concretezza dell’idea del lavoro nell’immaginario collettivo, in quanto oggi è presente una grossa difficoltà interpretativa del cambiamento. Il giornalista ha paragonato l’età contemporanea a quella dell’industrializzazione, facendo notare che oggi, al contrario di allora, manca una direzione precisa: “non c’è un’economia che si autoracconta”. Secondo un’analisi dell’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico – ndr) infatti, oltre il 30-40% dei mestieri va incontro a profondi cambiamenti ed è necessario dunque che la società si prepari al meglio a queste nuove prospettive.

Dello stesso avviso è Sebastiano Deva, che è intervenuto spiegando che in Italia occorre fare i conti con diverse chiusure e resistenze. Così infatti ha descritto la sua esperienza come CEO di Apptripper.org: “Ho attraversato un deserto. Oggi la situazione si sta sbloccando, ma sussistono ancora barriere politiche e amministrative che ostacolano esperienze come la nostra, soprattutto al Sud del Paese. Fare startup nel contesto italiano è un atto eroico e riuscirci al Sud, in assenza di un circuito economico virtuoso, è davvero un miracolo”.

Il dibattito ha toccato un altro punto cruciale in materia di futuro e lavoro, ovvero quello delle tutele di un lavoro flessibile, inserito nel nuovissimo tessuto della gig economy (Lavoro precario – ndr). La parola è passata quindi a Walter Schiavella, che ha parlato di una trasformazione mal governata, in cui occorre chiedersi non solo come sia possibile produrre ricchezza, ma anche come distribuirla. Gli ultimissimi cambiamenti sono talmente veloci da lasciare ben poco tempo per prepararsi e per metabolizzarli e non solo il Mezzogiorno, ma tutta l’Italia e forse persino l’Europa, per Schiavella, mancano di una strategia sul lungo periodo.

Ha proseguito poi De Biase, che ha affrontato il tema della formazione, che oggi appare inadeguata alle future esigenze. Per il giornalista si assiste a una situazione in cui la flessibilità non è sentita come un’opportunità per mettersi in gioco e arricchirsi dal punto di vista umano e professionale, ma come una degenerazione. “Lo studio”, ha concluso, “viaggia su due binari sinergici, uno tecnico e l’altro umanistico. Non esiste tecnica senza cultura e viceversa”. Per De Biase la risposta è semplice e complessa allo stesso tempo: occorrerebbe operare in un contesto in cui lo spirito critico umano sia di vitale importanza e le macchine dovrebbero aumentare la produttività umana, non sostituirla. A tal proposito, Deva ha aggiunto che la gig economy è un sistema perverso che si regge sul lavoro sottopagato e che, al contrario, il valore umano deve essere esaltato e tutelato.

L’incontro si è concluso con una riflessione di Schiavella: “Abbiamo davanti tanti rischi, ma anche tante opportunità che non riusciamo a cogliere”. Le società aperte, secondo la sua analisi, sono l’unico antidoto contro il timore del futuro, ma oggi si assiste al prevalere di chiusure, paure e incertezze, spesso strumentalizzate anche a livello politico.

Noemi Orabona

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