Salute. Gengiviti e parodontiti, cosa sono e come curarle
NAPOLI – La malattia parodontale, rappresentata da gengiviti e parodontiti, costituisce un problema di salute globale che colpisce la popolazione adulta dopo i 35/40 anni di età. Generalmente ha inizio con una gengivite che, se non curata, degenera sino a trasformarsi in parodontite progressiva e distruttiva. Il primo Consensus dell’European Workshop on Periodontology ha stabilito che la parodontite è sempre preceduta dalla gengivite (Axelsson 2002), sebbene non tutte le gengiviti evolvano in parodontiti.
La prevenzione delle gengiviti consente un’efficace prevenzione della parodontite (Garmyn et al 1998). In Europa e nel nord America sono stati riportati tassi di prevalenza della gengivite oscillanti tra il 40-50% negli adulti (oliver 1998). I valori di prevalenza della malattia parodontale nella popolazione italiana sono molto alti, circa il 60%, con forme gravi o avanzate che arrivano a toccare il 10-15%, colpendo drasticamente le fasce di età comprese tra i 35 e i 44 anni.
La Società Italiana di Parodontologia (sidp), in un recente convegno ha parlato di una vera e propria epidemia. Diverse fonti, come le associazioni di categoria (Andi), calcolano che la popolazione di pazienti che si rivolge al dentista per la cura di tutte le problematiche odontostomatologiche sfiora il 30%, ed è destinata a calare a causa della crisi economica e dei costi delle prestazioni odontoiatriche.
La gengivite è una patologia infiammatoria dei tessuti molli di sostegno dei denti (gengiva marginale). Si presenta con sanguinamento spontaneo al sondaggio, ipertrofia gengivale ed edema, ma in assenza di tasche parodontali. Causata dai batteri della placca dentale, ha una eziologia multifattoriale, ma riconosce una suscettibilità genetica, fattori ambientali e comportamentali come lo stile di vita (Loe et al 1986). Se trattata è completamente reversibile.
Esistono poi gengiviti non placca correlate, associate a patologie virali, batteriche, mucocutanee, allergiche e altro ancora, la cui diagnosi porta a identificare patologie generali ben più gravi, ma la cui terapia va inquadrata in una terapia sistemica che vede impegnati stomatologi e altri specialisti. La parodontite invece si manifesta con perdita di attacco al sondaggio e perdita di osso di supporto dei denti diagnosticabile radiograficamente. Il segno distintivo è la tasca parodontale, essa si forma se a seguito dell’accumulo di placca e tartaro il processo infiammatorio interessa l’attacco connettivale dell’elemento dentario. La distruzione delle strutture di sostegno del dente (parodonto-profondo) cioè l’osso alveolare, cemento radicolare e attacco connettivale, è il risultato di un meccanismo di difesa immunitario messo in atto dall’ospite all’accumulo della placca, il cui scopo è impedire il passaggio di germi in altri apparati. Questo processo di distruzione agisce in maniera diversificata per estensione e gravità da individuo ad individuo (suscettibilità individuale) e da sito a sito nello stesso individuo (sito-specificità).
Di questa importante patologia ne abbiamo discusso con il Dott. Maurizio Mazzella, Odontoiatra, Specialista in parodontologia-implantologia e odontoiatria ricostruttiva, nonchè socio della Società Italiana di Parodontologia e implantologia (Sidp).
Come si giunge alla diagnosi di una malattia parodontale?
«La diagnosi delle malattie parodontali deve essere effettuata da tutti i dentisti, anche se non specialisti, su tutti i pazienti. La visita parodontale comprende anamnesi, esame obiettivo, esami radiografici, esami di laboratorio. All’anamnesi bisogna indagare gli stili di vita, abitudini al fumo, lo stress, malattie sistemiche come il diabete o malattie immunitarie. Valutare l’assunzione da parte del paziente di farmaci antiepilettici, antipertensivi o immunosoppressori. Indagare la familiarità, in quanto per alcune forme di parodontite classificate come aggressive esistono alcuni polimorfismi genetici che hanno una associazione familiare. Infine valutare le modificazioni ormonali che insorgono in pubertà e gravidanza.»
Come curarla?
«In circa il 90% dei pazienti con gengiviti e parodontiti la terapia è di tipo non chirurgico, comporta alcune sedute dal dentista o da uno specialista in parodontologia che effettuerà, con l’ausilio dell’igienista dentale, una o più sedute di detartrasi, dopo le quali in relazione alle profondità delle tasche parodontali presenti eseguirà delle sedute di levigatura radicolare, in anestesia, con l’obiettivo di rimuovere in maniera più efficace gli accumuli di tartaro sottogengivali. Tali terapie oggi possono essere effettuate con strumentazione ultrasonica, con strumentazione manuale (curettes) e l’ausilio del laser. Di grosso aiuto è l’uso di collutori antiplacca a base di clorexidina che possono essere usati a livello domiciliare periodicamente.»
In merito a questa patologia, ci può raccontare un’esperienza che lei ricorda con particolare interesse?
«Ricordo anche con un po’ di imbarazzo il caso di una paziente che, giunta al mio studio, mi riferì di essere stata trattata per molti anni con vitamine e punture sottogengivali di placenta. Era però arrivata al punto di capire da sola che qualcosa nella terapia che le veniva praticata non fosse giusta, in quanto iniziava a notare mobilità dentale e sventagliamento dei denti. Chieste le opportune spiegazioni al proprio dentista, le fu risposto che, trattandosi di una malattia cronica che inevitabilmente avrebbe portato alla perdita di tutti i denti, forse era giunto il momento di estrarli per sostituirli con impianti. A questo punto la paziente non convinta iniziò a fare ricerche su internet. Queste ricerche crearono solo più confusione. Giunse al mio studio, accompagnata da una parente, mia paziente, e timidamente mi chiese informazioni in merito alla piorrea. Fu così che dedicammo molto tempo a convincere la paziente che era possibile curare la parodontite e che probabilmente non era ancora necessario estrarre ogni dente. La paziente non conosceva neanche la corretta tecnica di spazzolamento, ma cosa più grave, non aveva mai ricevuto una detartrasi. Iniziammo così l’iter diagnostico, seguito dalla terapia, finita la quale la paziente, con nostro stupore, fu messa nel sistema di richiami periodici senza aver estratto alcun dente, e quindi senza aver sino a ora sostituito denti con impianti. In questo caso, applicando i protocolli della clinica parodontale, ottenemmo un risultato quasi sempre raggiungibile, e rappresentammo per la paziente, a suo dire ”i suoi salvatori”.»
Può dare qualche suggerimento ai pazienti che vogliono approfondire l’argomento?
«Suggerisco ai pazienti di informarsi attraverso gli organi specialistici ufficiali della SIDP, sul loro sito internet è possibile avere risposte alle domande più frequenti. Il sito nasce anche perchè, se si va su google, inserendo come parola chiave parodontite o piorrea, le possibili terapie proposte sono le più disparate e bizzarre: si va dalle cure termali, la dentosofia, la dieta vegetariana, integratori, omeopatia, erboristeria, e soltanto il 4% delle terapie proposte sono scaling e root planing o curettage, le uniche vere terapie studiate e testate, supportate da trial clinici e revisioni della letteratura.».
- Salute. Troppo tempo davanti al computer? Attenti alla postura - 16 Dicembre 2016
- Tecnologia e salute. Sonographer? No, arriva il robot - 8 Dicembre 2016
- Salute. Pelle secca? Non serve bere molto - 5 Dicembre 2016