Salute. Il tumore prostatico, paure e realtà
CATANIA – Il tumore della prostata è il cancro più frequente nel sesso maschile. Secondo la Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori (LILT), il carcinoma della prostata è per frequenza il secondo tumore maligno nel sesso maschile, dopo quello polmonare, e da un po’ di anni si sta rilevando l’insorgenza del male anche in pazienti con età inferiore ai 50 anni. Si tratta di un tumore poco presente in regioni e continenti poveri, ma molto frequente invece nei paesi industrializzati.
La prostata è una ghiandola a forma di castagna situata sotto la vescica dell’uomo, davanti al retto, che circonda la porzione iniziale dell’uretra. Il carcinoma prostatico consiste in una proliferazione cellulare che generalmente parte dalla periferica della ghiandola. In quanto massa occupante spazio, può occludere il canale uretrale e comportarsi come un’ipertrofia prostatica benigna. Nella fase iniziale è frequentemente asintomatico e può quindi restare non diagnosticato per anni.
Per approfondire meglio l’argomento abbiamo rivolto le nostre domande al Dott. Gaetano Mazzone, specialista in Urologia presso l’Humanitas Centro Catanese di Oncologia CCO di Catania.
Dott. Mazzone, in che modo viene diagnosticato il carcinoma prostatico?
«Viene diagnosticato fondamentalmente con il PSA (Antigene Prostatico Specifico), che può essere dosata con un semplice prelievo di sangue e l’esplorazione digito-rettale (DRE), seguiti dall’esame istologico di biopsia prostatica.»
In che modo si cura?
«Oggi il carcinoma prostatico può essere trattato con la chirurgia (la prostatectomia radicale), la radioterapia, l’ormonoterapia e la chemioterapia, quest’ultima nei casi più avanzati.»
E’ considerato un male pericoloso?
«Non è assolutamente considerato uno dei mali più pericolosi, perché oggi è trattabile con diverse metodiche: la chirurgia nei tumori, non extracapsulari, dei pazienti entro i 70 anni d’età senza comorbilità associate; la radioterapia, praticamente applicabile in tutti i pazienti; l’ormonoterapia, riservata invece ai pazienti più anziani e nei tumori più aggressivi; e la chemioterapia negli stati avanzati. Vale la considerazione che si possa morire con il tumore prostatico, ma non a causa del tumore prostatico.»
Cosa si augura per il futuro?
«Il nostro auspicio è quello che si possa trovare un farmaco da affiancare ai già efficacissimi farmaci in commercio, che non induca resistenza farmacologica anche dopo vent’anni di terapia, evitando la chirurgia (la laparoscopica e open) che determina un importante stress chirurgico e post-operatorio al paziente.».
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