Sciopero sociale del 14 novembre, focolai di conflitto
NAPOLI – Lancio di uova e petardi, scontri, feriti, mazze sequestrate. Per i media è stato questo lo sciopero sociale di venerdì 14 novembre, una manifestazione che ha toccato più di 25 città italiane. Alla fine di ogni evento di protesta, i giornali, le televisioni e internet bombardano di notizie contenenti la quantità di scontri tra manifestanti e forze dell’ordine, il numero di quanti erano a viso coperto e altre cose di questo tipo. Da contorno ai ‘pezzi’ poi le frasi di indignazione di coloro che dovrebbero amministrarci e rappresentarci. Crudiezine ha deciso invece di approfondire un altro aspetto della manifestazione: perché? E lo ha fatto attraverso la testimonianza di chi ci è stato venerdì, di chi vive il disagio quotidianamente sulla propria pelle: «Sono un giornalista, ho 46 anni e sono un precario!» così comincia la lunga chiacchierata davanti a un caffè tra noi e Vincenzo Morvillo, giornalista culturale di militanza di Contropiano.
Vincenzo è simpatico, ma è un simpatico indignato, che comincia a parlare delle sue idee partendo dalla sua vita e da una premessa circa l’evento di venerdì scorso: «E’ stata una manifestazione di matrice comunista, ma soprattutto antifascista». Ex responsabile regionale della sezione cultura di Rifondazione Comunista, mi racconta di essere stato mangiato, come tutti, dalla crisi nera che lo Stivale sta affrontando: «Sciopero Sociale perché mette insieme una vasta gamma di vertenze sociali. Dagli studenti ai precari, ma anche alle partite Iva. Venerdì è stata solo una tappa di lotte che si stanno riproponendo dopo 25 anni di liberismo. Dei focolai di conflitto».
Vincenzo è un fiume in piena sui motivi della manifestazione. E’ incazzato. Insiste sulla cancellazione dei diritti dei lavoratori e sul potere d’acquisto distrutto come base motivazionale degli scioperi: «Non esiste più tutela per i lavoratori». Preoccupato anche per le giovani generazioni, Vincenzo menziona tra le cause anche la ‘spietata’ scuola del merito: «Se il sistema scolastico si basa solo su questo, e non offre al giovane studente la possibilità di acquistare i libri, per esempio, a molti di loro li hai già fatti fuori in partenza».
Quando chiediamo la sua opinione circa ‘la violenza’ durante le manifestazioni, risponde prima col sorriso di chi la sa lunga, poi afferma che deve essere un’ultima risorsa, ma deve esserci: «A chi ti sta massacrando non puoi sempre rispondere con un fascio di rose! Trovo strano, invece, la logica dello Stato repressivo: i lavoratori in divisa, al minimo accenno, Manganellano!».
Salutiamo Vincenzo Morvillo con la promessa di un aggiornamento, e rileggendo gli appunti raccolti durante la chiacchierata salta all’occhio una sua frase: «Noi ormai siamo merce». Ecco dunque il perché allo sciopero sociale: un disagio trasformato in rabbia, la rabbia trasformata in indignazione.
By Raffaele Cars