Selva di Pianura. Palmers di Oceanus: “Recuperiamola, è stata rovinata da leggi ambientaliste!”
NAPOLI – Il primo novembre alle ore 10:30, le associazioni Oceanus e Officine Periferiche hanno organizzato un’escursione alla scoperta di un enorme e sconosciuto polmone verde di Napoli: la Selva di Pianura. Ci saranno altre escursioni gratuite nella Selva ogni prima domenica del mese.
La Selva è un’oasi verde di più di cinquanta ettari che si sviluppa alla base della collina dei Camaldoli. E’ un bene privato, ma sottoposto a molteplici vincoli paesaggistici e ambientali imposti dalla Soprintendenza. La Selva è attualmente in stato di abbandono e vi si entra da Via Vicinale Monti: dopo un percorso di pochi metri si è nel silenzio assoluto di quest’oceano verde e si dimentica completamente la rumorosa città a due passi. Il folto sottobosco, fitto di pungitopo, cresce disordinato e rallenta il passo. Ai piedi dei castagni giacciono le castagne pronte per essere raccolte. In questo ambiente regnano la pica, il picchio verde, l’insetto-stecco lungo e verde che si mimetizza trai rami. Ma regna anche il caos, e al riguardo ne abbiamo parlato con Ferdinando Palmers, membro dell’associazione Oceanus e guida dell’escursione.
Signor Palmers, questa Selva quarant’anni fa com’era?
«Era un punto d’incontro per tante famiglie pianuresi e luogo d’incontro per i ragazzi che venivano qui per giocare.»
Dopo tanti anni questa Selva è completamente dimenticata, e cresce in maniera disordinata e poco curata. Cos’è accaduto?
«Si è persa completamente traccia di questa Selva perché gli organi di stampa, i politici e le associazioni pseudo-ambientaliste hanno fatto credere che Pianura fosse soltanto una quartiere degradato, invivibile, un quartiere dormitorio. Noi dell’associazione Oceanus, con i ragazzi di Officine Periferiche, ci prefiggiamo di far riscoprire questo grande polmone verde di Pianura, che va riscoperto e va vissuto.»
Durante l’escursione lei ha accennato a leggi ambientali che, negli anni, si sono rivelate dannose. Ci spiega?
«Per esempio c’è una legge che vieta di pulire il sottobosco in alcuni parchi. Come abbiamo potuto verificare durante l’escursione, questo divieto rende la Selva di Pianura invivibile. Tantissimi anni fa c’era chi faceva questa pulizia, recuperando e radunando il legname in fascine e rivendendolo ai forni a legna dei panifici, per esempio, e ricavandone anche il giusto compenso di cui vivere.»
Quali sono le vostre finalità?
«Tantissime famiglie si organizzano per il fine settimana per pic-nic da consumare nelle montagne di Avellino, del salernitano, del beneventano. Noi vogliamo dimostrare, con queste escursioni, che anche Pianura, anche Napoli, offre dei percorsi da scoprire come “‘a Severa” di Pianura, dove una famiglia può consumare il suo pic-nic evitando lunghi spostamenti, spese di carburante e quindi inquinando meno con un vero e proprio pic-nic a chilometri zero!»
Ha parlato di montagne, di Benevento. Ha qualcosa da dire sul dramma del Sannio?
«Nei giorni scorsi sono andato a Solopaca e al centro di Benevento. Visitando Solopaca ho notato che il fiume (Il Calore, che ha esondato – ndr) ha la sua sede centinaia di metri al di sotto del paese, un’esondazione quindi, da sola, mai avrebbe potuto provocare i disastri che abbiamo visto in televisione. Il disastro vero è proprio è dovuto alla frana, al cedimento di un costone delle montagne circostanti Solopaca. Lì ho visitato delle ‘briglie’ (La briglia è una sorta di opera in muratura che, posta sui fianchi della montagna, ne trattiene le pareti lasciando scorrere le acque pluviali a valle grazie a delle aperture – ndr), forse briglie dei tempi dei Borbone, che non hanno mai ricevuto manutenzione da chi di dovere e che, evidentemente, a causa delle piogge, hanno ceduto, travolte dalla montagna che è franata.».
By Riccardo Bruno