Siria. Reporter Abdullah Badinjki: “Aleppo ora è una città liberata e felice”
MILANO – La riconquista della città di Aleppo, in Siria, e la vittoria dell’esercito regolare Siriano sui terroristi di Al Nusra, di Daesh e sui ribelli ‘moderati’, ha segnato un profondo spartiacque nell’attuale contesto internazionale; contesto che vede la Siria impegnata in una guerra che dura ormai da quasi 6 anni, nella quale si contrappongono, per interessi geopolitici, numerosi attori internazionali, tra cui Turchia, Israele, Arabia Saudita, Stati Uniti e Russia.
Numerose sono state le propagande volte a demonizzare l’intervento della Russia e le presunte atrocità dei bombardamenti indiscriminati, nonché quelle volte a sminuire le cruente nefandezze dei gruppi terroristici definiti ipocritamente moderati dalla Comunità internazionale, ampiamente finanziati, anche su stessa ammissione dei responsabili statunitensi, in chiave anti governativa e anti araba, con massicci aiuti ed equipaggiamenti militari.
Da segnalare che ad accrescere il già persistente stato di tensione militare nell’area, nella giornata di giovedì 12 gennaio, ci ha pensato Israele, bombardando una postazione militare area a Damasco, la Capitale siriana. Il Governo ha prontamente minacciato un’adeguata reazione.
Abbiamo contattato al riguardo Abdullah Badinjki, reporter di origine siriana, che dopo una lunga traversata tra le province del suo paese natio, ha raggiunto Aleppo deciso a riprende il momento dell’avvenuta liberazione e le condizioni dei suoi stessi concittadini, nonché le realtà dei quartieri e dei sobborghi della città.
Qual è l’attuale situazione ad Aleppo?
«La situazione attuale è molto simile alla normalità. Dico molto simile perché ovviamente dopo 5 anni di guerra non posso dire che la gente viva come nel 2010. Manca la corrente elettrica, ma gli aleppini sono abituati a trovare soluzioni, quindi si è sviluppato il business dei generatori industriali: in poche parole in ogni quartiere ci sono 2-3-4 generatori che vendono ampere (Unità di misura dell’intensità di corrente elettrica – ndr). Ogni casa, a seconda del proprio bisogno, compra tot ampere. Non è come avere la corrente elettrica, ma basta e avanza. L’acqua c’è, in alcuni quartieri è tornata la situazione di normalità. Dove manca la si fa recapitare a casa. L’Unicef in questo senso ha fatto molto, in tutta la città ha scavato decine di pozzi dove ci si può rifornire della quantità voluta gratuitamente, per cui anche qui si è sviluppato un altro business, quello del trasporto dell’acqua. Con pochi soldi arriva un piccolo pick up con una cisterna e una pompa, ti ricarica d’acqua una piccola cisterna che ogni casa ha sul tetto, e il problema è risolto per circa 10 giorni, a seconda del consumo. Se vogliamo, l’unico problema che si sente è economico, l’inflazione enorme: oggi il dollaro vale 10 volte quello che era nel 2010, per cui a loro volta i prezzi sono da moltiplicare per 10 rispetto a prima, mentre gli stipendi pubblici no. Tutto il resto è in uno stato estremamente normale, gli stessi aleppini non credono ai loro occhi.»
Che fine hanno fatto i terroristi e i ribelli?
«I terroristi cacciati dalle zone orientali di Aleppo sono stati spediti tutti ad Idlib e provincia, molto vicina al confine turco, che diventa ormai patria degli oppositori non legati all’ISIS. Nei vari gruppi bisogna infatti distinguere: ISIS (In arabo Daesh – ndr); Jabhat al Nusra (Gruppo terroristico legato ad Al Qaeda – ndr); i cosiddetti ribelli moderati, armati fino ai denti. Ovviamente con Daesh non esiste dialogo, l’unico obiettivo è la loro distruzione. Ufficialmente tutto il mondo condivide questo pensiero, ma poi troviamo evidenti sostegni economici, bellici e politici da parte dei maggiori stati che occupano il palcoscenico mondiale. Questo gruppo terroristico ad Aleppo non c’era e non c’è nemmeno ora nelle zone direttamente limitrofe. Jabhat Al Nusra è il secondo gruppo terroristico con il quale lo stato siriano non si siede nemmeno al tavolo delle trattative, perché l’unica soluzione è la loro eliminazione. I combattenti di Al Nusra sono molto temuti, perché effettivamente calati al 100% nell’ideale estremo e folle di guerra santa: chiunque non li segua è infedele e va ucciso per conquistare il paradiso. Purtroppo oggi ad Aleppo sono una minaccia tuttora presente e costante, si trovano nella periferia occidentale della città, direttamente a ridosso del quartiere più lussuoso e chic di Aleppo, il quartiere al Zahraa, e si fanno sentire ogni tanto. Ovviamente quel lato di confine è sorvegliato h 24 con l’artiglieria pesante, pronta a intervenire in caso di cambiamento della situazione: giorni fa hanno lanciato una decina di missili verso i quartieri a ridosso e i caccia sono subito intervenuti per rimetterli in riga, fino a quando si troverà una soluzione definitiva. Il terzo gruppo, i ‘moderati’, sono quelli che l’esercito ha tirato fuori dai quartieri orientali con i famosi pullman verdi. Questi ultimi rispondono direttamente alla Turchia in tutto e per tutto. Di fatti quando c’è stato l’accordo per la liberazione della città Erdogan è stato l’attore principale. Per spiegarla come a un bambino, è successo così:
Turchia: “Sentite, qui la festa è finita per un motivo che a voi non spieghiamo nemmeno. Uscite”.
Ribelli: “No, non usciamo, noi vogliamo fare, disfare, rifare”.
Turchia: “Sì, sì, certo. Uscite. Chi esce bene, chi non esce sono cazzi suoi, noi non facciamo più nulla per chi non ci ascolta”.
Ribelli: “Vaffanculo”.
Ecco, alcuni sono usciti subito, poi dopo un paio di giorni la trattativa è saltata e hanno ripreso a fare casino. L’esercito ha ripreso le operazioni militari e i Ribelli: “No, no, scusate stavamo scherzando, usciamo”.
Ora l’unica minaccia per Aleppo è quella parte di periferia occidentale, dove c’è Al Nusra che continua a infastidire, l’obiettivo prossimo è di portarli a una distanza di almeno una ventina di km per impedire ai missili di raggiungere i quartieri di Aleppo.»
Erano davvero ribelli o erano terroristi?
«Si dice che c’erano 15.000 terroristi nei quartieri orientali. Piuttosto calcherei l’attenzione sul fatto che la città è stata liberata dal terrore, perché nessuno li voleva più, nemmeno chi ha sempre abitato nelle loro zone. Ho sentito gente, chiaramente e dichiaratamente contro il governo siriano, dire che i ribelli li hanno lasciati nella fame e nella miseria, soprattutto negli ultimi mesi prima della liberazione. Aiuti umanitari venduti dai capi gruppo, regole create ad hoc per favorire chi facesse parte dei loro combattenti. Un’organizzazione simile a quella mafiosa insomma. In ogni caso parliamo assolutamente di una città liberata in tutti i sensi, fisicamente e anche moralmente. La gente è felice di com’è Aleppo oggi, tutti dicono: “C’è di nuovo traffico! Non lo vediamo da 5 anni, dov’erano nascoste tutte queste macchine?!”.»
Cosa ti ha spinto a partire?
«Al cuore non si comanda. Quando ho sentito che Aleppo stava per essere liberata ho prenotato un biglietto per Beirut e ho organizzato il viaggio. L’ultima volta è stato ad Agosto 2010, per cui non ho nemmeno pensato a cosa stavo facendo, ho solo prenotato. Preciso una cosa: ho lasciato a casa mia moglie e i miei 2 figli piccoli. La sensazione è stata indescrivibile.»
In che senso?
«La prima sensazione forte l’ho provata al confine tra Libano e Siria. Nonostante sapessi e fossi convinto delle falsità che si raccontavano, ho comunque provato un po’ di paura. Ero molto stanco perché per poter raggiungere Aleppo in taxi, via terra è l’unico modo possibile, bisogna partire da Beirut alle 02:30 di notte, in modo da arrivare al confine all’alba e iniziare il viaggio in Siria con l’inizio della luce. L’insicurezza di ciò che avrei trovato mi ha disturbato un po’. Questo sentimento è subito sparito quando ho visto i soldati siriani: sono rimasto colpito dal fatto che era tutto assolutamente normale. E’ davvero così: il viaggio è stato normale, percorrendo le strade della Siria vedi tutto così com’è e stiamo parlando di un Paese che vive in guerra da 6 anni, per cui il normale è vedere delle case a posto e delle case semidistrutte, oppure trovare carcasse di auto, bus, camion bruciati, check point ogni tot km, senza un senso logico. Piccola parentisi: viaggiare su un taxi ti permette di bypassare i controlli rigorosi fatti ai bus e ai viaggiatori dei bus, perché ovviamente il taxista è conosciuto per il suo via vai e sa già come sistemare la questione senza infastidire troppo il cliente. Ogni tanto bisogna necessariamente fare il controllo documenti, ma nulla di che, ci mettono 3 secondi perché sulle carte d’identità siriane abbiamo un barrecode che viene scansionato e segnala il risultato in tempo reale. Arrivato ad Aleppo non stavo più nella pelle dalla gioia. Ovviamente si inizia a cercare i punti noti per riconoscere le zone, a volte con successo a volte in vano. Su mia richiesta siamo entrati dalla tangenziale dei quartieri orientali per poter vedere con i miei occhi la distruzione. Da quelle parti è notevole e abbastanza shockante. Poi però inizia il bello. I quartieri che sono sempre stati in mano al governo sono fenomenali: non sembra nemmeno di essere in un paese in guerra! Sono rimasto più shockato da questa cosa che dai palazzi distrutti dei quartieri orientali. Ad Aleppo sin dal primo momento ho notato una spinta alla vita che non ho mai visto da nessuna parte al mondo. Il tutto è chiaramente accentuato dalla grave situazione di guerra. Non ci si capacita però di come facciano gli aleppini a riempire i café, i ristoranti, i bar, i fast food, le vie dei negozi, dei mercati, è incredibile. Devi vederlo con i tuoi occhi per capirlo. Sono orgoglioso di essere di origine aleppina.»