Società. Report dall’incontro con Yves Sintomer: scenari futuri della Democrazia
MILANO – Nel pomeriggio di martedì 6 febbraio, alla fondazione Giangiacomo Feltrinelli di Milano, il sociologo e politologo, nonché professore di scienze politiche all’Università di Parigi VIII, Yves Sintomer, ha affrontato il tema della democrazia ai nostri giorni. Il suo intervento è inserito nel ciclo di incontri “We the Power We the Media We the People”, legato al tema dell’innovazione politica.
Sintomer ha sottolineato come negli stati occidentali vi sia una crescente sfiducia da parte dei cittadini verso la politica. Statisticamente solo il 20% dei cittadini dei paesi occidentali ha fiducia nelle istituzioni, a fronte di un 80% rilevato durante gli anni ’60, e la tendenza è assolutamente decrescente. Nel contesto del capitalismo globalizzato, dell’egemonia del controllo finanziario, i partiti, strumenti centrali dell’esercizio democratico, hanno ancora la forza di selezionare il personale politico, ma non più la forza di essere canali di comunicazione efficienti tra il popolo e il governo. Non a caso la Cina, che sta divenendo la maggiore potenza economica del mondo, non è un paese democratico bensì autoritario.
I cittadini dei paesi dell’area orientale, sia in quelli di stampo autoritario che quelli più liberali, sono accomunati da una tendenza generale di pensiero che definisce la Democrazia come una forma di governo fondata sull’uguaglianza sociale, il buon governo, e solo in secondo piano sulle procedure e libertà democratiche; questo accomuna il Giappone e la Cina, la Corea del Sud e il Vietnam. E’ un concetto di democrazia differente da quello occidentale. Tuttavia le evidenze di una politica autoritaria si notano in Polonia, in Ungheria, in Turchia, così come la crescita di consenso dei populismi legati all’area di estrema destra.
Gli storici evidenziano come la civiltà occidentale abbia sempre avuto due facce: quella luminosa, ricca, possibilistica rivolta agli “insiders”, ovvero coloro che ‘possono’; e quella oscura rivolta agli “outsiders”, gli emarginati che un tempo erano i neri o le donne, quindi oggi potrebbero essere gli immigrati. La bilancia non è mai stata perfettamente equilibrata, così la crisi dello stato sociale si evidenzia come strutturale. E’ una crisi ecologicamente e socialmente insostenibile.
A fronte di ciò l’occidente deve ricostruire la propria identità: il flusso migratorio la rende multietnica e multiculturale, la tecnologia riedita le relazioni sociali, il lavoro, la comunicazione. Il sistema politico invece è rimasto più o meno lo stesso a quello del post-guerra, e c’è un gap crescente tra l’evoluzione accelerata della società e un sistema politico che non si innova. La golden age di questo modello politico è passata, è necessaria una nuova politica che sappia affrontare le sfide del XXI secolo. Quale futuro? Sintomer suggerisce tre realistici scenari: la post democrazia, l’autoritarismo, o la democrazia 4.0: post democrazia vuol dire che apparentemente le istituzioni democratiche rimangono così come le conosciamo, ma le decisioni principali vengono prese altrove, ovvero nei mercati, nei centri di potere tecnocratici, perché vi è affinità elettiva tra il meccanismo finanziario globalizzato e la post democrazia. Rispetto allo scenario post democratico, in quello autoritaristico cambia anche la facciata, con l’estinzione della libertà d’espressione, ma con leader carismatici, ed è la via intrapresa da Russia, Polonia, Turchia. Mentre è di altro aspetto l’autoritarismo cinese, definito democrazia consultiva, dove vige la meritocrazia, non si mette in discussione la validità del partito unico, ma c’è apertura a opinioni esterne. Infine la democrazia 4.0 potrebbe implicare la rivisitazione della democrazia rappresentativa elettorale, per esempio il ritorno del sorteggio come è successo in Irlanda recentemente, o sistemi di deliberazione online per cui non abbiamo ancora la tecnologia adatta.
In questa prospettiva molto lavoro andrebbe svolto per garantire i diritti alle generazioni successive, la protezione dell’ecosistema e una maggiore attenzione ai diritti degli animali. La politica dovrebbe fare da contrappeso alla tecnocrazia, il capitalismo andrebbe regolato, uno sviluppo sostenibile dovrebbe essere imposto, con la possibilità di una modernizzazione partecipativa. Non è uno scenario facile, forse nemmeno il più probabile.