Terrorismo. Arabia Saudita valuta lo stato di emergenza
RIYAD – In Arabia Saudita è in discussione l’ipotesi di istituire uno stato di emergenza. Nel Paese gli insuccessi della speciale legge antiterrorismo, approvata nel febbraio 2014, preoccupano molto i vertici militari e politici del Regno Arabo, intimoriti dall’avanzata e dalla propaganda dello Stato Islamico.
Le forze di sicurezza Saudite negli ultimi due mesi hanno tratto in arresto e interrogato almeno 413 persone, tutte sospettate di aver interagito con le numerose cellule terroristiche presenti clandestinamente in territorio Saudita. Stando alle informazioni riportate dai media locali, i soggetti detenuti proverrebbero da ben 19 Paesi diversi e avrebbero tentato di reclutare nelle fila dell’esercito islamico alcuni ragazzi sauditi, con l’ausilio dei più comuni social network.
Nel luglio 2015 il Paese ha subito numerosi attentati, tutti rivendicati dallo Stato Islamico, ma è dall’inizio dell’anno che le azioni terroristiche dilaniano il regno Saudita: a maggio in particolare la distruzione di una moschea nella regione dell’est dell’Arabia ha causato la morte di oltre 20 civili; mentre un attentato suicida nel centro della cittadina di Abha, un piccolo centro abitato a sud del Regno, ha provocato la morte di 15 civili e 11 poliziotti.
Dal mese di febbraio 2014 le autorità Saudite hanno inasprito le misure di sicurezza approvando una speciale legge antiterrorismo. Da allora gli arresti dei presunti estremisti, assieme all’esecuzione delle speciali misure cautelari, sono moltiplicate esponenzialmente e non accennano a diminuire. Il governo ha giustificato tale condotta con la necessità di prevenire l’esasperazione delle tensioni religiose, voluta dallo Stato Islamico e finalizzata alla destabilizzazione del regno Saudita.
Innumerevoli sono stati i provvedimenti adottati, tuttavia le azioni terroristiche sono in continuo aumento. Una viva preoccupazione tormenta i leader Sauditi, i quali potrebbero adottare ulteriori e più soffocanti restrizioni preventive, nonché un ipotetico intervento militare congiunto, in territorio nazionale, con le forze di difesa alleate.